ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa crisi dell’ortofrutta

In Italia 100 milioni di alberi da frutta in meno in 15 anni

Coldiretti in occasione della Giornata nazionale degli alberi: la superficie italiana coltivata a frutta si è ridotta a 560mila ettari con la perdita di oltre centomila ettari

di E.Sg.

2' di lettura

Negli ultimi 15 anni in Italia sono scomparsi ben 100 milioni di alberi da frutta: dalle mele alle pere, dalle pesche alle albicocche, dall’uva da tavola alle ciliegie, dalle arance alle clementine. In controtendenza tengono solo il cedro e il bergamotto. È un dato che non passa inosservato quello elaborato da Coldiretti in occasione della Giornata nazionale degli alberi che si festeggia il 21 novembre per valorizzare il patrimonio arboreo italiano.

«Una vera e propria strage che – sottolinea la Coldiretti – che sta provocando la desertificazione dei territori nelle regioni italiane con drammatici effetti sui consumi nazionali e sul clima, l’ambiente, il paesaggio e la salute degli italiani».

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Secondo l’associazione agricola, la superficie italiana coltivata a frutta si è ridotta a 560mila ettari con la perdita di oltre centomila ettari rispetto a 15 anni fa con conseguenze sul primato produttivo nazionale in Europa che si estende dalle mele alle pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle castagne fino al cedro e al bergamotto.

«La situazione peggiore si registra sulle arance, con 16,4 milioni di alberi abbattuti, sulle pesche, dove sono scomparsi quasi 20 milioni di piante, e sull’uva, dove mancano all’appello 30,4 milioni di viti», secondo la stima Coldiretti.

Pesante anche la situazione «per nettarine e pere dove ne sono spariti rispettivamente 14,9 milioni e 13,8 milioni».

Un trend pericoloso anche dal punto di vista ambientale con degrado e all’abbandono che favorisce le alluvioni e le frane. A preoccupare – ricorda Coldiretti – è anche l’impatto climatico: «le coltivazioni, come le foreste, possono generare benefici ecosistemici che non sono solo la rimozione di CO2 ma, ad esempio, il miglioramento della biodiversità e della qualità dell’aria, secondo un’analisi di Rete Clima».

A pesare è l’impennata dei costi di produzione che ha colpito tutte le fasi dell’attività aziendale ma anche i cambiamenti climatici con il moltiplicarsi di eventi estremi che hanno decimato i raccolti. A causa del surriscaldamento sono arrivati parassiti “alieni”, mai visti prima, che si sono accaniti sulle produzioni nazionali».

«Ma a colpire il settore è anche la concorrenza sleale delle produzioni straniere ed è necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità», ha concluso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza dell’innovazione con la sviluppo dell’agricoltura 4.0 e di nuove varietà resistenti grazie alle Nbt.


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