Formazione

In Italia mancano giovani, donne e laureati per la crescita economica

Nelle aziende italiane nel management solo il 15% ha meno di 40 anni e solo il 27% è laureato

di Luisa Rosti

2' di lettura

La pandemia è stata globale, la ripresa sarà globale: quale forza lavoro sosterrà la competitività del nostro Paese? La partecipazione delle giovani è più che mai necessaria, e se sono laureate è meglio. La struttura demografica della popolazione e dell'occupazione non è tale da agevolare il cambiamento: i nostri giovani sono pochi, quei pochi non sono neppure laureati, quelli che lo sono non sono abbinati alle posizioni apicali del sistema economico. Chi sosterrà il processo di innovazione nelle aziende?

La quota dei giovani (15-34) sul totale degli occupati (15-64) è in Italia la più bassa dei 39 Paesi OECD: 22% contro il 34% della media, con Paesi che superano il 40% come Turchia, Messico e Colombia. La scarsità delle nuove leve vale per entrambi i generi, ma pesa di più per la componente femminile perché in Italia lavora solo la metà delle donne in età 25-34 anni (52%), contro il 66% della media OECD, e con Paesi come la Germania, il Regno Unito e l'Olanda, in cui la quota supera l'80%.

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I giovani (25-34) con una laurea sono troppo pochi: non raggiungono neppure il 30%, contro il 46% della media OECD; solo il Messico ne ha meno di noi, tutti gli altri Paesi ci battono, compresa la Colombia, il Cile, la Turchia e la Grecia. E ci sono ben 12 Paesi in cui più della metà dei giovani possiede una laurea. Guida la classifica la Corea col 70% di giovani laureati. Poco importa che le nostre laureate siano un po' di più dei laureati, sono comunque troppo poche, e in ogni caso neanche a queste poche i buoni voti garantiscono un solido percorso di carriera.

In Italia la presenza giovanile nei ruoli dirigenziali è un evento raro per entrambi i generi: solo il 14% dei manager ha meno di quarant'anni. Questa percentuale dovrebbe raddoppiare per avvicinare il nostro Paese alla media europea (31%), ma ci sono Paesi come il Belgio e l'Irlanda che ne hanno il triplo, o come la Romania, dove un dirigente su due ha meno di quarant'anni. Così come i giovani, anche le donne sono troppo poche nelle posizioni dirigenziali: sono solo il 27% contro il 34% della media OECD, e anche se non siamo proprio ultimi in questa graduatoria, sono davvero tanti i Paesi che ci superano. La presenza femminile in Svezia, Stati Uniti e Polonia supera il 40%, e in Francia, Spagna, Canada, Finlandia e Ungheria supera il 35%.

Resta da fare un'ultima considerazione: ci sono Paesi in cui la laurea serve per ottenere una posizione manageriale: ad esempio sono laureati l'84% dei dirigenti in Finlandia, il 77% in Francia, il 69% in Belgio, il 68% in Spagna, e così via; in media sono laureati più della metà dei dirigenti europei (62%). In Italia questo criterio non vale, e siamo ultimi anche in questa graduatoria (27%).

Saprà questo management, così povero di giovani, di donne e di laureati, far fronte alle sfide della competizione globale e cogliere le opportunità di crescita per il nostro Paese?

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