In Kosovo tensione mai così alta. Il serbo Vucic allerta l’esercito
I serbi del Kosovo continuano a erigere barricate e a organizzare posti di blocco, a Mitrovica e negli altri centri del nord. Ignorati gli appelli alla pace di Kfor ed Eulex. Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha ordinato lo stato di massima allerta per l’esercito, spostando le truppe vicino al confine
di Luca Veronese
3' di lettura
I serbi del Kosovo hanno continuato a tirare su barricate e a organizzare posti di blocco, anche negli ultimi due giorni, a Mitrovica e negli altri centri del nord, come già avevano fatto bloccando i collegamenti al confine nelle settimane scorse. Quasi per preparare una nuova battaglia, forse una guerra. Ignorando totalmente gli appelli a evitare l’escalation ripetuti dalla Kfor, la forza militare della Nato, e dalla Eulex, la missione civile della Ue presente in Kosovo.
Hanno continuato, di notte, a piazzare camion pesanti e barriere di ogni genere per controllare le strade dell’ex provincia serba, governata dalla maggioranza albanese, che si è dichiarata indipendente ma che Belgrado considera parte del proprio territorio, da difendere. Ora l’amministrazione kosovara ha chiuso il suo principale valico con la Serbia, in risposta ai blocchi eretti dai serbi.
Sempre più vicini allo scontro
Tra Belgrado e Pristina la tensione è altissima, una scintilla potrebbe innescare nuove violenze. Il presidente serbo Aleksandar Vucic, dopo avere minacciato più volte di mandare l’esercito a proteggere la minoranza serba in Kosovo ha ordinato, nella notte di lunedì, lo stato di massima allerta per le forze armate, spostando le truppe vicino al confine. «Dobbiamo proteggere il nostro popolo in Kosovo e preservare la Serbia», ha affermato Vucic, dicendo che Pristina si sta preparando ad «attaccare» la minoranza serba per estrometterla dal Kosovo.
Le questioni mai risolte dopo la guerra del 1999, l’ultima dei Balcani, scatenata dal leader serbo Slobodan Milosevic, hanno continuato ad alimentare un conflitto permanente, anche dopo l’indipendenza decisa unilateralmente da Pristina nel 2008. Una mossa sostenuta dagli Stati Uniti e dalla maggioranza dei membri dell’Onu, ma non da tutti i Paesi nella Ue, non dalla Russia e dalla Cina. E gli scontri si sono ripetuti negli anni: nei mesi scorsi con il pretesto delle targhe automobilistiche dei serbi in Kosovo, oggi con le proteste che chiedono il rilascio di alcuni poliziotti serbi arrestati dalle autorità kosovare.
Un conflitto mai risolto
Di fondo c’è sempre lo scontro etnico e religioso che ha devastato i Balcani e fatto implodere la Jugoslavia: la minoranza serba, circa 50mila persone, appoggiata da Belgrado, non accetta la presenza delle forze di polizia kosovare e non riconosce e istituzioni di Pristina; il governo kosovaro-albanese vuole svincolarsi definitivamente dalla Serbia.
Si allontana la normalizzazione delle relazioni, passo necessario per le aspirazioni di Serbia e Kosovo che hanno chiesto di entrare nella Ue. Vucic, con l’usuale retorica aggressiva, ha criticato l’Occidente e le autorità albanesi del Kosovo per aver complottato insieme per «innescare disordini e uccidere i serbi» sulle barricate. «Il loro obiettivo è espellere la Serbia dal Kosovo», ha aggiunto, spiegando tuttavia che si sta impegnando nei negoziati con i mediatori della Ue e degli Usa «per preservare la pace e trovare una soluzione di compromesso» all’attuale crisi.
Eserciti pronti a intervenire
Il premier kosovaro, Albin Kurti, ha accusato Belgrado di fomentare i disordini, di cercare l’incidente per scatenare un intervento armato in Kosovo (magari con il sostegno, più o meno esplicito della Russia di Putin, proprio come ai tempi di Milosevic). Lo stesso Kurti ha chiesto alla Kfor di rimuovere le barriere e i posti di blocco, dicendosi pronto a ordinare azioni militari se sarà necessario. «Il Kosovo non può avviare un dialogo con le bande criminali e la libertà di movimento dovrebbe essere ripristinata. Non dovrebbero esserci barricate su nessuna strada», ha fatto sapere il governo kosovaro.
«Noi siamo per la pace e il dialogo, ma se si arrivasse ad attacchi fisici e all’uccisione di serbi, e se la Kfor non dovesse intervenire, la Serbia sarà costretta a farlo», ha detto il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic. Un intervento armato della Serbia in Kosovo equivarrebbe a una dichiarazione di guerra e chiamerebbe in causa direttamente la Nato. «Serbia e Kosovo stanno avanzando verso uno scenario molto pericoloso», ha detto l’ambasciatore russo a Belgrado, Alexander Botsan-Jarchenko.
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