SPECIALE PITTI BIMBO

In marcia solo web e monomarca

di Silvia Pieraccini

3' di lettura

La rivoluzione è stata rapida e dirompente, e non è ancora finita. Sono bastati davvero pochi anni a cambiare in modo profondo la distribuzione della moda junior in Italia. La diffusione delle catene mono e multimarca - da Zara a H&M, da Benetton a Ovs, da Primark a Kiabi fino a Original Marines, e poi Decathlon, Cisalfa, Iperbimbo, Coin, Rinascente - ha messo in forte crisi i negozi indipendenti che vendevano marchi diversi e che per decenni hanno caratterizzato - e reso unica - la rete distributiva italiana. Le conseguenze sono state chiusure dei multibrand tradizionali, riconversioni e trasformazioni che hanno letteralmente modificato l’offerta di moda junior. L’avvento dell’e-commerce ha fatto il resto, con l’effetto di far nascere nuovi player e di imporre ai “vecchi” l’adeguamento di piattaforme e logistica.

Basta il confronto tra il 2012 e il 2016, elaborato dall’istituto Sita Ricerca, per rendersi conto dello tsunami che si è consumato nel giro degli ultimi quattro anni, spinto dal fattore-prezzo; e per capire - dalle previsioni al 2020 - come l’assetto attuale sia destinato a cambiare ancora.

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Dal 2012 a oggi il peso dei negozi multimarca sulla spesa di moda junior (0-14 anni) delle famiglie italiane si è quasi dimezzato: dal 19,2% si è passati al 10,1% attuale, con la prospettiva di scendere ancora di due punti, all’8,1%, nel 2020. Ormai gli italiani fanno dunque shopping solo saltuariamente nei negozi multimarca, quando hanno un’occasione speciale. Per l’abbigliameno quotidiano dei figli preferiscono le catene multibrand, che spesso hanno il vantaggio di combinare design accattivante e prezzi competitivi, assortimento nutrito, servizio efficiente e facilità d’accesso ai punti vendita, oppure quelle monobrand, sviluppate aprendo negozi diretti o in franchising, che garantiscono affidabilità e qualità.

Ed è infatti proprio la voce “monomarca” quella che ormai da tempo domina la spesa di moda junior delle famiglie italiane: il peso era del 54,4% nel 2012, è salito addirittura di 10 punti (al 64,6%) nel 2016, e arriverà al 66,5% nel 2020. Tra pochi anni, dunque, i due terzi della spesa italiana di moda junior passerà da un negozio che vende solo articoli a marchio proprio. E i grandi magazzini, ipermercati e multimarca organizzati? Dal 2012 al 2016 sono passati da un peso del 9,2% al 9,5%, con la prospettiva di salire all’11,5% nel 2020. Sommati ai monomarca, significa che il 76% della moda junior tra poco più di tre anni sarà appannaggio della distribuzione organizzata.

Con un rischio che si intravede all’orizzonte: «La sfida a medio termine che i leader di mercato, in particolare le catene di fascia medio-economica, dovranno affrontare è quella della troppa omologazione dell’offerta, tra una catena e l’altra e tra una stagione e l’altra - spiega AnnaMaria Armano, partner di Sita Ricerca -. Per ora questa è la grande insofferenza che sembra opprimere l’abbigliamento dell’adulto; ma anche un mercato particolarmente connotato di affettività, come è da sempre l’atto di acquisto dedicato all’infanzia, corre il rischio di indebolirsi se viene a mancare l’impulso della fantasia, la distinzione e la novità».

Riguardo agli altri canali, perde importanza quello ambulante (dimezzato negli ultimi quattro anni, dal 6,5% al 3,1%, scenderà ancora al 2,5% nel 2020) e vivacchia quello degli outlet (dal peso del 2,3% nel 2012 al 2,6% attuale, dovrebbe scendere al 2,2% tra quattro anni). Novità invece sul fronte Internet, considerato che il canale sta crescendo sia per i player “puri”, cioè i retailer specializzati nel commercio elettronico (dallo 0,7% al 4,2% della spesa moda junior 2016, salirà al 5,7% nel 2020), sia per chi ha un marchio proprio e intermedia parte delle vendite online o abbina off e online (magari con l’ordine online e il ritiro del capo nel negozio fisico). In ogni caso, le vendite online, sia degli operatori “puri” che dei brand, nel 2016 hanno toccato il 7% (erano l’1,2% nel 2012), e sono destinate a raggiungere il 9,5% nel 2020.

Nessuna illusione che, per quella data, i consumi domestici di moda junior (0-14 anni) si risollevino: la spesa delle famiglie italiane prevista da Sita Ricerca nel 2020 è pressoché identica all’attuale (3.264 milioni nel 2016, 3.274 milioni fra tre anni e mezzo), e il risultato è da considerare apprezzabile visto che la popolazione 0-14 anni per quella data scenderà da 8,282 milioni a 7,935 milioni. Se si fanno pochi figli, difficile far salire la spesa per moda junior.

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