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Che l’industria orologiera svizzera sia un polo di primaria importanza del settore, a livello globale, visto che rappresenta oltre la metà del fatturato mondiale, è cosa abbastanza conosciuta. Meno conosciuti sono forse i dati sugli addetti che nella Confederazione elvetica lavorano in questo polo. È interessante dunque vedere le cifre fornite dalla pubblicazione annuale della Convention patronale de l’industrie horlogère suisse (Cpih) sugli organici del settore in Svizzera, considerando prodotti finiti e componenti. L’edizione più recente è del dicembre scorso e fotografa la situazione a fine settembre 2021.
Gli addetti del settore in territorio elvetico nel 2021 erano 57.491, lo 0,1% in meno rispetto ai 57.550 dell’anno prima. Si è dunque registrata nel 2021 una sostanziale stabilità e ciò viene valutato da molti operatori del settore come un fatto tutto sommato positivo, soprattutto tenendo presenti le pesanti nuvole nere che si erano addensate durante la caduta delle attività nel 2020, a causa della pandemia.
Nel 2020, appunto, gli organici erano scesi del 2,6% rispetto al 2019 e il timore di molti era che l’onda negativa si facesse nettamente sentire anche nel 2021. Il ricorso all’orario ridotto come difesa durante la caduta pandemica e in seguito la robusta ripresa dell’export di orologi rossocrociati (il polo elvetico esporta oltre il 90% della sua produzione) hanno invece permesso di ridurre ai minimi il calo del numero degli addetti e di tornare a ranghi quasi completi. Nel caso la ripresa proseguisse con un ritmo accettabile anche nel resto del 2022, si potrebbe concretamente sperare in un nuovo aumento degli organici, fanno notare molti esperti del settore.
Il picco dell’ultimo decennio è stato quello del 2014, a 59.112 addetti. Nel 2019 questo livello è stato sfiorato, con 59.103 addetti. Secondo molti analisti, una buona configurazione per l’industria svizzera degli orologi di oggi può essere in effetti quella che ruota attorno ai 60mila addetti. Le cifre ufficiali sugli organici del polo elvetico dei segnatempo ci dicono che quota 60mila è già stata lambita in anni recenti e che potrebbe dunque essere un obiettivo anche per i prossimi anni, nel caso si realizzasse lo scenario migliore.
Nel lontano 1950 il settore aveva in Svizzera appunto 60.239 addetti. Il picco assoluto arrivò nel 1970, con 89.448 unità. Di lì e sino alla metà degli anni 80 fu crisi, perché gli orologi al quarzo asiatici misero in seria difficoltà l’industria elvetica dei segnatempo. Il minimo per gli organici si registrò nel 1987, a 29.809. Poi l’ampia risalita sino a questi ultimi anni, sull’onda da una parte del rilancio degli orologi della gamma alta rossocrociata e dall’altra dello sviluppo degli orologi di plastica con microelettronica elvetica. Tornare ai quasi 90mila addetti del 1970 è difficile se non impossibile, considerando anche le tecnologie e l’organizzazione del lavoro attuali, ma il raddoppio da circa 30mila a circa60 mila come visto si è già verificato in anni non così lontani.
I dati della Cpih consentono anche di vedere quale sia la ripartizione degli addetti nei vari cantoni elvetici, sempre nel 2021. Il trio dei cantoni di testa è formato da Neuchâtel (26,2%), Berna (21,4%) e Ginevra (18,3%). Questi tre cantoni rappresentano quindi circa i due terzi degli occupati del settore in Svizzera. Seguono nell’ordine Giura (11,4%), Vaud (9,9%), Soletta (5,3%). L’italofono Ticino ha il 3,3% e precede Sciaffusa che ha l’1,4% e Basilea Campagna che ha l’1,1%. Altri cantoni hanno attività e quindi occupati del settore, ma le loro singole quote sono tutte inferiori all’1%.
Quanto alle mansioni, il 70,7% del personale del settore in Svizzera è nella produzione, il 26,3% nell’amministrazione, il 2,9% nella direzione. Per quel che riguarda i livelli professionali, il 24,3% del personale ha una formazione superiore, il 46% ha un diploma di mestiere, il 27,1% non ha una qualificazione specifica e il 2,6% è costituito da apprendisti. Nel complesso oltre il 70% degli addetti è quindi in sostanza qualificato.
Il polo elvetico ha bisogno anche dei lavoratori dei Paesi vicini e in effetti attira da sempre addetti stranieri, dalla Francia soprattutto, ma anche dall’Italia e dalla Germania. Gli esperti sono concordi nell’indicare che gli addetti frontalieri, chiamati così appunto perché varcano ogni giorno la frontiera in entrata e in uscita, forniscono un contributo sostanzioso all’industria orologiera svizzera.
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