Alluvione: in tilt la fabbrica dei succhi di frutta, sommerse le vigne di trebbiano
I racconti e i video di Conserve Italia e Agrintesa: stabilimenti ancora senza luce e piante alla mercè di funghi e parassiti
di Micaela Cappellini
I punti chiave
2' di lettura
Allo stabilimento di Albinia di Conserve Italia, l’alluvione della Maremma del novembre 2012 costò 25 milioni di euro. Dieci anni dopo, l’incubo è tornato e sott’acqua ora è finito l’impianto di Barbiano, tra Imola e Ravenna. Ma per la conta dei danni è presto: «Siamo ancora senza luce, è impossibile valutare gli impianti», racconta Maurizio Gardini, presidente del più grande gruppo italiano delle conserve, tra i suoi marchi ci sono blockbuster come Valfrutta, Cirio e Yoga.
La fabbrica dei succhi di frutta
Nello stabilimento di Barbiano si sono accumulati 80 centimetri di acqua, ma nei magazzini la merce è stata danneggiata fino a due metri d’altezza, «e questo è tutto prodotto da buttare - racconta Gardini - prima di poter arrivare ai macchinari, ci saranno da spalare 15 centimetri di fango. Quindi dovremo smontare ogni singolo pezzo meccanico per valutarlo. Nello stabilimento produciamo succhi di frutta e in questi giorni stavamo lavorando a pieno regime, in vista dell’aumento della domanda estiva». Gli operai di Conserve Italia lavorano due volte, spalano le proprie abitazioni e poi si mettono a disposizione della loro azienda: «hanno le case allagate ma vengono a dare una mano allo stabilimento» dice Gardini, la voce piena di riconoscenza .
Come presidente di Confcooperative, Gardini siederà anche al tavolo che il governo ha convocato per martedì 23 maggio: «Oltre alla sospensione della fiscalità, dei contributi e delle rate dei mutui - dice - questa volta c’è bisogno anche di un sostegno economico a fondo perduto. I nostri soci agricoltori vengono da anni di raccolti decimati dai parassiti, dalle gelate e dalla siccità: il morale è a terra e l’alluvione rischia di dare il colpo di grazia».
I vigneti sommersi
I vigneti di uva trebbiano di Agrintesa vanno da Bologna fino al mare, ma il cuore della produzione è in Romagna e i soci colpiti dall’alluvione sono più di mille. «Contarli tutti è impossibile perché alcune di queste aree non sono nemmeno raggiungibili via telefono», racconta il direttore, Cristian Moretti. Le cantine sono allagate e gli ettari finiti sott’acqua sono più di 5mila. In alcuni terreni, l’altezza della piena ha addirittura superato quella delle piante: «Rispetto ai peschi o peri, che sott’acqua vanno in asfissia nel giro di due giorni e poi muoiono, la vite è più resistente - spiega Moretti - ma non per questo è immune dalle insidie. Se gli agricoltori non riusciranno ad accedere presto alle campagne per fare i trattamenti, rischiamo attacchi fungini e di parassiti che comprometteranno irrimediabilmente tutta l’annata».
Là dove non è l’acqua a uccidere, insomma, rischiano di farlo la peronospera e oidio. «Il terreno non assorbe più acqua - dice Moretti - e allo stesso tempo non abbiamo nemmeno un deflusso regolare delle acque perchè i fiumi non hanno semplicemente tracimato, hanno proprio rotto gli argini. Se non ripristiniamo questi ultimi con urgenza, l’acqua non smetterà di allagare i campi».
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