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Incertezze sull’inflazione e misure per crescere

Le previsioni per i prossimi mesi indicano un rallentamento della crescita economica globale ma anche una graduale riduzione dell’inflazione

di Gregorio De Felice

(Quality Stock Arts - stock.adobe.com)

4' di lettura

Le previsioni per i prossimi mesi indicano un rallentamento della crescita economica globale ma anche una graduale riduzione dell’inflazione. Le incertezze restano elevate e non consentono di escludere un rischio di recessione in alcune aree del mondo come gli Stati Uniti.

L’accelerazione dell’inflazione ha avuto origini multiple. La prima: un eccesso di stimoli fiscali negli Stati Uniti dove Il debito pubblico è cresciuto in soli due anni dal 108,8% al 132,6% del Pil e l’economia mostra segni di surriscaldamento con un evidente squilibrio tra domanda e offerta. La seconda: la vertiginosa ripresa del 2021 ha messo in luce le fragilità del sistema economico globale, sensibile ad una alta concentrazione nei mercati di approvvigionamento di alcune materie prime e alla struttura oligopolistica dei trasporti marittimi. In particolare, l’Europa si è bruscamente riscoperta dipendente da Paesi terzi (Cina su tutti) per l’80% per 30 materie prime critiche per batterie, celle fotovoltaiche, semiconduttori, leghe leggere. La terza: gli ambiziosi piani di rilancio infrastrutturale e la transizione ecologica, con il crescente impiego di tecnologie a basse emissioni di carbonio, hanno generato un rialzo della domanda di alcuni metalli, come grafite, cobalto, vanadio, nickel, litio, rame, terre rare, platino.

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Il protrarsi della guerra russo-ucraina incide per 0,3 punti sulla stima globale di crescita e per circa 1 punto su quella di inflazione. Il conflitto continua a mantenere i prezzi delle materie prime energetiche su livelli fortemente superiori alla media degli ultimi anni. E non possiamo escludere nuovi incrementi nei prossimi mesi, come effetto della tensione crescente fra Russia e Unione Europea.

Le pressioni inflazionistiche si sono estese dal settore energetico prima agli alimentari, poi ai beni manufatti e infine ai servizi ad alta intensità di contatto. A queste pressioni, potrebbe aggiungersi l’adeguamento dei salari e l’aumento del costo del lavoro per unità di prodotto, soprattutto negli Stati Uniti.

La crescita dei salari resterà negativa in termini reali: si verificherà una riduzione del reddito disponibile reale delle famiglie con effetti sui consumi, mitigati, per le classi di reddito medio-elevate, dagli eccessi di risparmio accumulati durante la pandemia. Nel 2023, però, la dinamica dei consumi tornerà ad allinearsi a quella del reddito, e si manifesterà una contrazione di domanda provocata dall’inflazione.

Il rallentamento di crescita economica sarà in parte autonomo e in parte legato all’orientamento più restrittivo delle politiche economiche.

Gradualmente verranno riassorbiti gli stimoli fiscali introdotti durante la pandemia, e soltanto in parte sostituiti da misure contro gli effetti dello shock energetico (area euro) o da investimenti pubblici (Cina). Il FMI prevede una riduzione dell’1,4% del saldo primario corretto per il ciclo nei Paesi avanzati, mentre nei Paesi emergenti si verificherebbe un incremento dell’1%, dovuto principalmente alla Cina.

Un altro fattore di freno sarà costituito dalla restrizione delle politiche monetarie. La diffusione delle pressioni inflattive ha indotto quasi tutte le banche centrali a sospendere i programmi di acquisto di titoli e ad avviare una fase di aumento dei tassi ufficiali. Il nostro scenario ipotizza una normalizzazione della politica monetaria nell’area euro con un rialzo dei tassi Bce (DFR) all’1,5% e un ciclo restrittivo della Fed con tassi a metà 2023 oltre il 4%. Si tratterebbe in entrambi i casi di livelli di picco dei tassi, inferiori a quelli dei cicli restrittivi pre-2010.

L’inversione dei tassi di interesse a termine dal 2024 segnala che i mercati incorporano una probabilità di recessione sia negli Stati Uniti, sia nell’area dell’euro. Dagli anni 60, l’unica fase di aumento dei tassi reali a breve termine americani che non è sfociata in una recessione è stata quella del 1993-95. Nell’area dell’euro, uno scenario recessivo si potrebbe concretizzare nel breve termine soltanto in caso di repentina sospensione del flusso di gas dalla Russia. Una recessione globale – che non rientra nel nostro scenario base – potrebbe realizzarsi fra il 2023 e il 2024 in un contesto di restrizione monetaria più intensa del previsto, accompagnata da un calo persistente dei valori azionari e da una restrizione delle condizioni del credito, oltre che da un rallentamento dell’economia cinese maggiore delle previsioni.

In Italia, il settore manifatturiero continuerà a essere penalizzato dai rincari delle materie prime, ma le costruzioni restano in una fase ultra-espansiva, e i servizi hanno ampi spazi di recupero. Principalmente per effetto dell’eredità statistica dall’anno scorso, la crescita quest’anno dovrebbe assestarsi al 3%, per rallentare all’1,6% nel 2023.

L’impatto del conflitto in Ucraina si è sinora dispiegato principalmente attraverso il canale dei rincari delle materie prime. La guerra ha avuto un impatto negativo sugli indici di fiducia, che però è risultato di entità significativa quasi esclusivamente per i consumatori. Dal lato delle imprese la fiducia è in rallentamento ma resta in territorio espansivo e superiore alla media storica; l’industria è entrata nel nuovo scenario “bellico” partendo da livelli di attività ampiamente espansivi con il fatturato che in marzo ha toccato un massimo dal 2000. Nei servizi è in atto un trend di graduale ripresa grazie al recupero della mobilità personale; le costruzioni rimangono in una fase di ampia crescita. Per il turismo ci si attende un anno record con prezzi in rialzo.

Nonostante la ripresa degli ultimi trimestri, il rapporto investimenti/Pil non è oggi superiore alla media di lungo periodo. Gli incentivi fiscali, nonché i programmi di spesa finanziati dal Pnrr continueranno a sostenere la spesa in conto capitale anche nel biennio in corso.

L’incertezza gravante sullo scenario geopolitico internazionale, e la contrazione in corso dei margini di profitto delle imprese potrebbero agire da freno, ma gli elevati profitti accumulati negli ultimi anni, nonché l’ampia liquidità ancora a disposizione delle imprese potranno consentire l’assorbimento di uno shock temporaneo sui margini.

L’Europa (e l’Italia in particolare) ha la possibilità di contrastare le tendenze al rallentamento della crescita investendo sulla transizione ecologica, sulla necessaria indipendenza energetica dalla Russia, sulla digitalizzazione e sull’innovazione. Inoltre, si modificheranno le catene del valore e la globalizzazione prenderà nuove forme legate ai rischi geo-politici. Tutto ciò implicherà maggiori investimenti per il sistema privato, auspicabilmente in sintonia con il progressivo chiarimento degli orientamenti europei e dei Governi nazionali.

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