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Incontro governo-Mittal per anticipare lo Stato in maggioranza nell’Ilva

Vertice riservato tra il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e la famiglia Mittal, proprietaria di ArcelorMittal, sul riassetto azionario

di Carmine Fotina

Acciaio. la produzione della ex-Ilva

2' di lettura

Sull’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, torna tutto in discussione. Un incontro riservato che si è svolto nelle scorse settimane tra il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e la famiglia Mittal, proprietaria di ArcelorMittal, socio privato con il 62%, ha riaperto lo scenario dello Stato che passa in anticipo in maggioranza nel capitale della società.

Il vertice

Secondo quanto ricostruito dal Sole-24 Ore, il ministro delle Imprese e del made in Italy (Mimit) ha battuto ancora una volta sulla necessità di smuovere l’azienda, in cui il socio pubblico Invitalia detiene il 38%, da una situazione che viene considerata sempre più, pericolosamente, di stallo. Per accelerare il piano di investimenti aziendali, ma anche per non rischiare contraccolpi indiretti su 1 miliardo di risorse per la decarbonizzazione prevista dal Pnrr, c’è l’intenzione di andare dal 38% al 60% prima della scadenza prevista dall’attuale contratto, cioè fine maggio 2024, rivedendo però contestualmente la governance. Lo strumento è la conversione in aumento di capitale dei 680 milioni di finanziamento stanziati con l’ennesimo decreto salva-Ilva approvato a inizio anno. Sul riassetto non c’è una chiusura di Lakshmi Mittal, fondatore e presidente della multinazionale, e le prossime settimane potrebbero essere decisive.

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Il tema degli impianti

Ci sono però diverse variabili da tenere in considerazione, a partire dal dissequestro degli impianti finora negato dalla Procura di Taranto ma che potrebbe essere sbloccato come conseguenza dell’articolo 6 del decreto salva-Ilva. Una data spartiacque viene indicata da alcune fonti nel 23 agosto, termine ultimo per l’attuazione delle attuali prescrizioni ambientali, da aggiornare con una nuova Autorizzazione integrata.

Il piano del ministero delle Imprese si articolerebbe in due fasi e lo schema è piuttosto complicato. Facendo leva sulla riscrittura dei patti parasociali, concordata in parallelo al Dl salva-Ilva, il governo potrebbe prima salire al 60% poi, in un momento successivo, cedere il 20% a imprenditori privati del settore (circolano da tempo i nomi di Arvedi e l’opzione di un consorzio di altri acciaieri italiani). Su questo 20%, tuttavia, ArcelorMittal potrebbe esercitare un’opzione che di fatto la riporterebbe in maggioranza nel caso in cui il nuovo socio non fosse di gradimento.

L’ultimatum sugli investimenti

Ricapitolando, il pressing dell’esecutivo risale almeno a un paio di mesi fa (si veda Il Sole-24 Ore del 30 marzo) con l’obiettivo di chiarire le intenzioni del partner privato dopo lo sblocco dei 680 milioni. C’è grande attenzione sul piano industriale anche per i futuri forni elettrici che dovranno essere alimentati dal preridotto da realizzare nell’impianto di Dri d’Italia spa, la controllata di Invitalia che ha in pancia 1 miliardo del Pnrr.

Il riassetto anticipato comporta tuttavia anche il pieno assenso del Tesoro. Quello della sostenibilità economica per lo Stato è un aspetto non trascurabile, che chiama in causa il ministero dell’Economia perché l’intera operazione, considerando anche l’acquisto degli impianti oggi di proprietà dell’Ilva in amministrazione straordinaria, complessi che attualmente Acciaierie d’Italia gestisce in fitto, comporterebbe a carico del socio pubblico un esborso nell’ordine di 2-3 miliardi.

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