India, prospettive di crescita del paese primo al mondo per popolazione e quinto per Pil
a partire dal 2014 anno dopo anno l’India ha superato in termini di PIL Russia, Brasile, Canada, Italia, Francia e UK e ha già nel mirino Giappone e Germania
di Marcello Minenna
5' di lettura
Maggio 2014: Narendra Damodardas Modi diviene Primo Ministro dell'India e lancia il BRAP (Business Reform Action Plan), un documento strategico-programmatico ad aggiornamento annuale. In pillole: riforme, semplificazione degli adempimenti e accordi bilaterali per stimolare gli investimenti diretti esteri nonché difese protezionistiche per ridimensionare le importazioni e dar spazio alle produzioni locali. Il fine ultimo è trasformare l'India nel primo hub manifatturiero mondiale.
Ma vediamo come siamo messi da allora: la crescita attesa del PIL è stabilmente sopra il 7%, così come le esportazioni sono a quota 650 miliardi di dollari, la disoccupazione è ben sotto il 10%, il reddito pro-capite, raddoppiato in dieci anni, supera di poco i i 2.000 dollari annui, il debito pubblico-PIL è intorno al 90%, il tasso di inflazione al 6,5% coincidente con il tasso di interesse nominale, il che significa tassi reali a zero e la più grande popolazione di emigranti del mondo in grado di generare più di 100 miliardi di dollari di rimesse come evidenzia la World Bank.
Politica economica e modernizzazione
La politica economica indiana ha accompagnato la modernizzazione del proprio sistema produttivo anche con benefici fiscali e schemi incentivanti. Il PLI (Production Linked Incentive Scheme) – che quest'anno cuberà quasi 25 miliardi di dollari su 14 settori produttivi – ha consentito, ad esempio, di far sì che i cellulari usati dagli indiani siano quasi completamente prodotti in India.
Oltre 50.000 brevetti nell'ultimo quinquennio, più di 100 start-up ”unicorni” – cioè imprese che raggiungono una valutazione di un miliardo di dollari senza essere quotate in una borsa valori – di cui più di metà nell'e-commerce e nel fintech che vedono la prevalenza di proprietà statunitense e anche giapponese e nel giro di un anno si raggiungerà quota 500 riferita alla società straniere che operano stabilmente nel Paese.
Non a caso, l'indice PMI (Purchasing Managers Index) è ben sopra 50, il che significa che l'imprenditoria manifatturiera che conta si aspetta che l'India cresca stabilmente; i centri studi delle grandi banche d'affari hanno riportato nei loro report che “l’India sta guadagnando potere nell’ordine mondiale” e “una delle sole tre economie al mondo in grado di generare una crescita economica annuale superiore ai 4-500 miliardi di dollari”.
Sembra veramente lontano quell'8 settembre 2016 in cui il governo indiano decideva di mettere fuori gioco le banconote da 500 e 1.000 rupie (cioè 5 e 10 euro circa), che rappresentavano più dell'85% del denaro in circolazione, nel tentativo di ridurre la corruzione e il riciclaggio; decisione all'epoca coraggiosa ma di cui si vedono i risultati.
Un approfondimento sull'economia indiana può essere compiuto attraverso l'esame della sua bilancia dei pagamenti, quel registro che contabilizza l'operatività dell'economia reale e finanziaria tra residenti in India e non.
Dall'esame del conto corrente (Figura 1) si nota subito come nonostante il BRAP, le importazioni sovrastano ancora le esportazioni e portano il saldo in campo negativo. Oltre 100 miliardi di dollari del saldo commerciale negativo indiano è a favore dell'economia del dragone: prodotti elettronici, chimici organici e inorganici, medicinali e fertilizzanti sono i maggiori contributori.
La politica protezionistica e di supporto alla produzione nazionale avviata dal governo indiano negli ultimi anni intende interferire con questa dinamica, anche approfittando di un favor occidentale che vede il Paese più popoloso al mondo come alleato in funzione anti cinese. L'andamento sinusoidale riflette invece l'evoluzione dei prezzi dell'energia e gli effetti della pandemia.
A compensare l'80% di questo squilibrio di 250 miliardi di dollari ci pensano, con contributi omogenei, i servizi (Figura 2) e i redditi secondari (Figura 3). L'ottimo andamento dei servizi è evidentemente dominato da quelli informatici e di telecomunicazione, cioè servizi di natura informatica, attività di ricerca e sviluppo e data analysis, call center e supporto alle attività di back office e data entry dove certamente la consuetudine degli indiani con la lingua inglese ha rappresentato un fattore critico di successo.
Ancorché il dato sui redditi primari (Figura 4) contribuisca negativamente al saldo di conto corrente, la sua decomposizione consente di comprendere alcune interessanti dinamiche. Non stupisce il contributo negativo (peraltro condizionante la suddetta dinamica) dei redditi di capitale coerente con il dato degli investimenti del conto finanziario (Figura 5); questi trend rappresentano plasticamente quella “quota 500” di imprese straniere ed unicorni operanti stabilmente in India e che evidentemente producono redditività che in buona parte ritorna ai Paesi di origine.
L’inasprimento della politica monetaria da parte della FED e della BCE e il rafforzamento del dollaro USA e dell'Euro è in grado di cambiare il segno degli investimenti di portafoglio portando a deflussi di investimenti in attività finanziarie estere.
Interessante il dato dei redditi da lavoro che esprime invece l'afflusso di denaro riveniente da prestazione lavorative e professionali rese da residenti a favore di datori di lavoro non residenti. Afflusso che si aggiunge alle meno qualificate, ma assai più cospicue, rimesse dei migranti (Figura 3). Questo andamento riflette in qualche modo quanto prevedeva il premio Nobel Amartya Sen nel saggio La doppia anima dell'India: “l'apertura al mondo della scienza e della tecnologia è fra i doni più benefici della cultura pluralista dell'India”.
Il dato sulle riserve ufficiali è invece strettamente collegato con lo sbilancio del saldo commerciale e le compravendite di oro a servizio sia del raddoppio dello stock di riserve auree di banca centrale, arrivato negli ultimi vent'anni a quasi 800 tonnellate, che del settore della gioielleria dove l'India è seconda solo alla Cina. Non è comunque un dato che può impensierire il governo indiano tenuto conto che il livello delle riserve (circa 550 miliardi di dollari) è in grado di finanziarie quasi un anno di deficit commerciale.
Per quanto attiene l'evoluzione demografica, la Cina è stata oramai superata dai 1,4 miliardi di indiani; un popolo giovane: età media intorno ai 25 anni dove il tasso di partecipazione al lavoro delle donne è sotto il 20% e più del 15% vive ancora in povertà, laddove la povertà vuole dire la fame.
Certo è che a partire dal 2014 anno dopo anno l'India ha superato in termini di PIL Russia, Brasile, Canada, Italia, Francia e UK e ha già nel mirino Giappone e Germania.
“Navigare nella tempesta”: questo il titolo di un report della World Bank che descrive il dinamismo e la resilienza dell'economia indiana nonostante verrebbe da dire i “venti contrari” del rallentamento dell'economia globale con una crescita intorno al 3% stimata dal Fondo Monetario Internazionale. È in questo quadro evolutivo che l'India sta affrontando la Presidenza del G20. Staremo a vedere.
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