Rischio finanziario: Trieste la più affidabile, Crotone, Barletta, Agrigento le peggiori
La settima tappa di avvicinamento alla Qualità della vita 2019 scatta una fotografia dell’affidabilità finanziaria degli italiani misurando il rapporto tra reddito e rate. Con Aosta, Parma, La Spezia e Genova nella top 5, mentre la capacità di rimborso è bassa a Crotone, Barletta e Agrigento
di Marta Casadei e Michela Finizio
3' di lettura
Vivono a Trieste le persone indebitate più solvibili, quelle cioè che rischiano meno di cadere nel default finanziario. Stabili anche le famiglie con crediti attivi di Aosta e Parma, seguiti dai “parsimoniosi” liguri di La Spezia e Genova. Più a rischio, invece, la capacità di rimborsare le rate di mutui e prestiti degli abitanti di Crotone, Barletta Andria Trani e Agrigento. Sono queste le province italiane che si posizionano agli estremi della classifica elaborata dal Sole 24 Ore che cerca di misurare il rischio di sofferenza finanziaria nei territori.
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Come tutti gli indici elaborati finora, che verranno utilizzati a fine anno nella storica indagine sulla Qualità della vita 2019 , i valori medi raccontano trend generali, ma sono incapaci di restituire con precisione la varietà delle singole situazioni economiche. La graduatoria finale ha l’obiettivo di accendere un campanello di allarme sulla capacità reddituale e la stabilità finanziaria della popolazione residente in un determinato territorio. A permettere questa analisi sono i dati puntuali sui crediti attivati dagli italiani messi a disposizione da Crif, società globale di Bologna che monitora la quasi totalità dei debiti in carico agli italiani.
Il rapporto reddito-rata sul territorio
Incrociando la mappa provinciale delle rate da rimborsare con il reddito annuo medio dichiarato registrato nelle statistiche delle Finanze e rapportato alla popolazione degli indebitati, si ottiene così l’indicatore reddito-rata, un parametro fondamentale per la concessione di prestiti o mutui. Gli istituti di credito, infatti, utilizzano questo criterio per conoscere la capacità di rimborso del richiedente e, quindi, definire l’importo massimo erogabile. Solitamente il rapporto non deve essere superiore al 30%, cioè il reddito deve essere pari ad almeno tre volte il valore della rata. In alcuni casi le banche applicano metriche anche più restrittive o più permissive, prendendo sempre in considerazione i valori netti mensili: il rischio è quello di non riuscire a pagare le rate per la restituzione della somma chiesta a prestito, con la possibilità di cadere nell’indebitamento.
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Da Nord a Sud il rapporto reddito-rata varia molto: se a Trieste e Aosta il reddito dichiarato arriva ad essere cinque volte superiore al debito da rimborsare, in ben 12 province del Sud - tutte sul fondo della classifica - è sempre inferiore a tre volte la rata. Essendo dati medi, per altro calcolati sui redditi complessivi dichiarati (inclusi, quindi, anche quelli da locazione, i redditi diversi e così via) al netto dei proventi sommersi, si riscontra comunque la solvibilità media della popolazione con crediti attivi, con un rapporto reddito-rata che non scende mai sotto a 2,6 volte. Anche se va ricordato che le banche, nel valutare la rischiosità del cliente, tendono a preferire il confronto tra le buste paga dei richiedenti (e non il reddito complessivo) e la rata, analizzando quindi i flussi di cassa (entrate e uscite) mensili nel budget delle famiglie.
Dai depositi alla spesa: i parametri della stabilià
Il benessere economico della popolazione residente, infine, viene misurato anche attraverso altri parametri che vengono considerati nelle classifiche elaborate dal Sole 24 Ore, come la spesa media delle famiglie in beni durevoli, i protesti e i depositi bancari pro capite. In particolare, gli ultimi due tengono conto degli importi protestati e di quelli depositati nei conti correnti sull’intero territorio provinciale, da società e persone fisiche. Ad esempio Milano, Treviso e Bolzano svettano per il valore pro capite dei depositi bancari, mentre Crotone, Trapani e Siracusa restano sul fondo con valori anche sei volte inferiori rispetto alle prime classificate.
Come indicatore di performance dei pagamenti, invece, i protesti pro capite restituiscono i “mancati incassi” di cambiali e assegni, sistemi tradizionali progressivamente sostituiti oggi da procedure elettroniche di pagamento ma che - essendo atti pubblici - rilevano comunque criticità nei pagamenti. A Isernia, Milano e Salerno nell’arco di 12 mesi (da agosto 2018 a luglio 2019) sono stati levati importi superiori a 25 euro pro capite; a Bolzano, Fermo e Varese, invece, sono stati protestati pochi centesimi.
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