Indigena rinnovazione urbana per Torino
Vissuti frammentati e trasformazioni sulle rive del fiume Dora al centro di una mostra visitabile fino al 16 ottobre
di Matteo Bianchi
3' di lettura
Portare la bellezza nelle periferie italiane si conferma una retorica inaccettabile. E sovente divisiva tra chi vive i quartieri marginali delle grandi città – da Milano a Roma a Napoli – e l'apparato istituzionale che ingaggia decani della cultura e del design per installare mirabilia dispendiosi e fuori contesto.
Troppe sculture fatiscenti sono state piazzate qua e là nelle province italiane solo per ammansire l'opinione pubblica e per poi ridursi ad abbandoni artistici, o peggio, a brutture ingombranti. Ma già dalle fasi di ideazione si è distinto per intenti e prospettive “Indigeno – Archivio di pluralità”, il progetto di attivazione di comunità e rigenerazione urbana, risultato primo beneficiario del bando ToNite, lanciato dal Comune di Torino e finanziato dal programma europeo Urban Innovative Actions, volto a migliorare la vivibilità e la sicurezza del Lungo Dora.
Alle spalle degli ex-gasometri
Vissuti frammentati, trasformazioni e volti stanziatisi sulle rive del fiume, nell'area situata alle spalle degli ex-gasometri, sono al centro della mostra inaugurata a fine maggio e visitabile sino a domenica 16 ottobre. Si tratta di un'esposizione fotografica a cielo aperto, in via Pallavicino, a firma di Arianna Arcara del collettivo “Cesura” e curata da Giangavino Pazzola di Camera - Centro Italiano per la Fotografia per raccontare lo sguardo sulla quotidianità di un quartiere eterogeneo e complesso, mediante il coinvolgimento di abitanti, associazioni e attività produttive, all'interno di un'evoluzione creativa della comunità. Gran parte delle istituzioni nostrane, specialmente a livello locale, tende a finanziare iniziative occasionali affinché sostengano le strutture di provenienza e non viceversa, ossia le strutture stesse affinché producano iniziative lungimiranti, integrate con coscienza. “Indigeno”, invece, intende costruire un tessuto partecipato e solidale attraverso un percorso di arte urbana lungo un anno, mirando alla comprensione e alla consapevolezza di tutte le diversità socioculturali che compongono il quartiere su cui insistono l'hub culturale “Off Topic”, il complesso di case popolari di via Farini e il campus universitario “Einaudi”, suscitando modi virtuosi di abitarlo.
L'arte, quindi, quale veicolo esclusivo e non esclusivista; d'altronde il titolo è volutamente provocatorio, poiché di indigeni in senso stretto ne sono rimasti pochissimi, o meglio, quasi nessuno. Dall'Ucraina all'Egitto, dal Bangladesh al Ciad sino alla Colombia, nel quartiere Gasometri risiedono circa un centinaio di famiglie di trenta etnie differenti.
Un piccolo paradigma dell'umanità.
Durante il periodo trascorso qui, Arcara ha ritratto gli abitanti coinvolgendoli in prima persona in uno storytelling collettivo con l'obiettivo di documentare, ricostruire e immaginare la storia del luogo. Passato, presente e futuro compongono la timeline affissa ai muri: seguendo il senso di marcia e la metamorfosi della strada che si fa galleria, prima s'incontrano immagini datate raccolte negli archivi di famiglia e di enti con sede in loco – come Italgas – a seguire scatti autoriali di Arcara e, infine, le fotografie realizzate dai bimbi e dai ragazzi che hanno partecipato ai workshop. È la scintilla di una relazione intima e profonda che caratterizza la ricerca dell'artista, finalizzata a riequilibrare memoria, percezione e aspettative dei residenti, in un cammino che si muove da ambiti ordinari per concepire una nuova visione.
Se lo scopo della mostra è quello di mettere in luce l'intreccio di molteplici mutamenti che continuano a contraddistinguere la genesi dell'organismo abitativo, senza tralasciare l'esperienza transitoria dei nuclei familiari accolti temporaneamente nei palazzi dell'Atc, il valore dell'operazione di Arcara sta non solo nell'impatto estetico delle sue opere in uno spazio pubblico, ma anche nella capacità di usare il mezzo fotografico per instaurare rapporti e innescare processi d'inclusione tra immagine e quotidiano, rivelando l'aspetto necessariamente politico del suo punto di vista.
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