Indomita, moderna e sofisticata: lo splendore di Varsavia, nuovo cuore d’Europa
La capitale polacca ha raddoppiato la sua ricchezza in soli 15 anni: non dorme mai, corre, trasmette energia e passione. Ecco tutte le novità
di Enrico Marro
4' di lettura
«La Polonia non è Est o Ovest: rappresenta il centro della civiltà europea, alla quale ha così tanto contribuito». A rileggerle oggi, a oltre trent’anni di distanza, le parole pronunciate da Ronald Reagan sembrano più profetiche che mai.
Basta fare due passi tra le strade di una Varsavia ultramoderna e in fibrillazione per rendersi conto che quella che negli anni Trenta del Novecento era considerata la più bella capitale d’Europa - poi rasa al suolo dai nazisti dopo la Rivolta dell'estate 1944 - sta preparando a riprendersi lo scettro.
Destinata, in prospettiva, a rivaleggiare con Berlino come centro geografico e cuore pulsante di un’Unione allargata all’Ucraina e sempre più trainata dall’Est.
Chi pensa che Varsavia sia ancora quella degli idraulici polacchi e delle badanti anni Novanta si sbaglia di grosso. È una capitale che ha raddoppiato la sua ricchezza in appena quindici anni.
Non dorme mai, corre, è in fibrillazione, trasmette energia e passione tra colossali progetti immobiliari e intelligenti recuperi di aree industriali. Nel nome del design più raffinato.
Castelli, torri e grattacieli
La stessa skyline di Varsavia ne racconta la grandezza e il dolore, la tenacia e il coraggio, la laboriosità e l’ingegno. Il grattacielo più alto della Ue, la nuovissima Varso Tower da 310 metri, si incrocia al complesso di torri in vetrocemento Warsaw Hub (acquisito in blocco da Google) dell’ultramoderno Wola District, già teatro nel 1944 dei massacri tedeschi durante la Rivolta.
Senza dimenticare il Palazzo della Cultura e della Scienza, gemello di quelli di Mosca, che a Varsavia chiamano «il mostro»: un monolito alto 234 metri voluto da Stalin. Alla fine della Guerra Fredda si pensò seriamente di abbatterlo, salvo poi ripensarci perché le ferite della storia non vanno mai dimenticate.
E fa un certo effetto scoprire all’ombra dei grattacieli, in pieno centro, antichi e appartati palazzi - miracolosamente sopravissuti alla guerra - che custodiscono silenziosi cortili dove puoi trovare, ancora intatto, il muro del Ghetto.
Il tutto a due passi da Palazzo Czapski, dove ha vissuto Chopin, e dalla seicentesca Chiesa della Visitazione, capolavoro barocco risparmiato dalla guerra, dove il giovane Fryderyk suonava l’organo durante le messe.
Varsavia è piena di idee, spunti, storie, musei, itinerari, esperienze. La carta stampata delle guide turistiche stenta a tenere il passo con l’effervescenza della «Parigi del Nord», come venne battezzata un secolo fa.
Norblin, la fabbrica ritrovata
Tra le novità assolute vale una visita la Norblin Factory, grande progetto di recupero di un’antica fabbrica all'interno del quartiere Wola.
Parliamo di un complesso multifunzionale da 65mila metri quadrati, di cui 41mila di uffici e ben 24mila metri per attività retail: quindi decine di ristoranti, shop, caffè, il primo ecobazar della Polonia solo con prodotti certificati, un boutique cinema con poltrone da re e il Museo Apple (perché il co-fondatore, Steve Wozniak, era di origine polacca).
Il recupero di Norblin ha rappresentato un investimento da 240 milioni di euro in un’enorme area industriale ottocentesca, la più grande fabbrica polacca di argenteria e oggetti di metallo. All’interno del complesso c’è il “museo a cielo aperto” dei manufatti Norblin, con servizi originali che spaziano dal rococò al Luigi XVI, dall Art Decò alla Secessione.
Il ristorante di Lewandowski
Sempre nel quartiere Wola, proprio sotto i grattacieli di Google, troviamo “Nine”, il nuovo ristorante multipiano aperto nell’ottobre 2021 dalla stella del Barcellona e della nazionale polacca Robert Lewandowski. Pieno di memorabilia del campione ma anche, all’ultimo piano, dotato di un enorme salone dove godersi le partite in diretta davanti a uno schermo davvero maxi.
Design a tutta birra
E accanto a “Nine” le mitiche Warsaw Breweries, altro progetto di recupero di un’area industriale dove nell'Ottocento venivano fabbricate otto milioni di bottiglie di birra l’anno, e dove nel 1972 iniziò la produzione di Coca-Cola “made in Poland” su licenza.
Un’area diventata l’ennesima flagship della capitale dell’Est Europa, pluripremiata per architetture e design, dove ancora oggi ti puoi bere una bella bottiglia di birra artigianale polacca prodotta in loco.
Da centrale elettrica a shopping mall
Di perle nascoste, a Varsavia, ce ne sono a decine. Elektrownia Powiśle, per esempio, è un’ex centrale elettrica sulle rive della Vistola oggi diventata un multicentro con ristoranti, caffè e boutique, a due passi dai Boulevard sul fiume e dai giardini pensili costruiti sul tetto della biblioteca dell’Università, dove la vista sulla città è impagabile.
Il Quartiere Praga
Tutta da scoprire, poi, è la riva destra del fiume che taglia la città. Quella forse più genuina e autentica. Dove troviamo il quartiere Praga, diventato nell’Ottocento un hub multiculturale dove convivevano polacchi cattolici, russi ortodossi ed ebrei.
Un piccolo ecosistema economico in cui tutti facevano affari: gli ebrei concedevano credito ai polacchi, che vendevano frumento ai russi per fabbricare fiumi di vodka, di cui l’esercito zarista era grande consumatore.
Relativamente risparmiato dalle distruzioni dei tedeschi e poi dimenticato negli anni Cinquanta e Sessanta, oggi il quartiere Praga è l’hotspot della creatività, del design e della cultura alternativa.
Ti accoglie con la Cattedrale di San Floriano, vicino alla grande stazione ferroviaria (ora centro commerciale) che in epoca zarista collegava direttamente Varsavia e San Pietroburgo.
Il Museo della Vodka
E nel cuore del “Praga” troneggia il Museo della Vodka, costruito assieme all'Hotel Moxy nel sito dove sorgeva la grande fabbrica di liquori, in mezzo a botteghe artigianali, caffè, bazar e localini “vintage” dove si può pranzare come in epoca sovietica. Poco lontano da Mala Street, la via dei film e delle serie tv, scelta da Roman Polanski per girare “Il Pianista”.
La fiaba polacca dei neon
Ciliegina sulla torta: il Neon Muzeum, aperto nel 2005 da un'idea di David Hill e Ilona Karwińska, lui designer londinese lei fotografa polacca.
Unico nel suo genere, racconta la storia poco conosciuta della “neonizzazione” dell’Europa dell'Est attraverso una raccolta di oltre trecento insegne luminose d'epoca.
Rivelandoci che il “neon advertisement”, al di là dell'intento commerciale, aveva una funzione profondamente creativa e decorativa, integrata in modo armonioso alla struttura urbanistica.
Dietro alle luci colorate c’erano infatti le penne di artisti, architetti e graphic designer, sprofondati nelle tenebre sovietiche ma uniti dal sogno di ricreare la “Ville Lumière” polacca degli anni Trenta, inondata di luce, di energia e di futuro. Quella Varsavia ambiziosa e vulcanica che oggi non finisci mai di scoprire. Nemmeno se ci sei nato.
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