IL SONDAGGIO DEL DIGITAL INNOVATION HUB LOMBARDIA

Industria 4.0: aziende lombarde promosse con riserva

di Luca Orlando

3' di lettura

Qualche voto appena discreto. Altrove una sufficienza o poco più. Il primo esame dello stato di avanzamento dei processi 4.0 nelle aziende lombarde offre il quadro di un sistema in movimento, più brillante nell’adozione di tecnologie innovative all’interno dei processi produttivi, ancora indietro nell’utilizzo delle potenzialità digitali in logistica, manutenzione e gestione della supply chain.

I risultati emergono dal primo sondaggio effettuato dal Digital Innovation Hub (DIH)della Lombardia tra le aziende del territorio, un test di autovalutazione creato insieme ad Assoconsult e al Politecnico di Milano per consentire alle aziende di posizionarsi all’interno del percorso 4.0.

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Il campione iniziale è di 100 aziende ma si tratta di un work in progress, perché lo strumento è in realtà a disposizione di ogni impresa, anche quelle non associate al sistema di Confindustria.

«Non si tratta semplicemente di mettere delle “crocette” - spiega il direttore del DIH lombardo Giuseppe Linati - ma di ragionare in modo strutturato spendendo quattro ore del proprio tempo: si tratta di un test importante, perché solo misurando il proprio posizionamento si può decidere come agire per migliorare».

In una scala da uno (scarsa maturità digitale e preparazione al cambiamento) a cinque (livello ottimo, gestione integrata a 360 gradi), i risultati migliori in termini di processi si vedono per ingegneria e produzione (poco oltre il tre) e positivo è anche il livello di “intelligenza” inserito nei prodotti (2,95), dove è spesso possibile un controllo remoto.

Meno brillanti i dati per manutenzione, logistica e gestione della catena di fornitura, dove i dati sono più vicini al livello due (limitata maturità digitale), anche per la difficoltà nel dialogo digitale a monte e a valle della propria azienda, con i magazzini dei fornitori e con i clienti.

«Sulle tecnologie di produzione non siamo affatto indietro - spiega il presidente del DIH e del cluster Fabbrica Intelligente Gianluigi Viscardi - mentre nella gestione possiamo migliorare molto: le aziende hanno ancora tantissima routine affrontata con i metodi tradizionali, che invece potrebbe essere drasticamente semplificata con la digitalizzazione».

Il test di autovalutazione fornisce risultati un poco migliori se dai processi si passa a categorie più ampie: per tecnologie, monitoraggio, organizzazione ed esecuzione le medie si avvicinano a quota tre, avvicinandosi ad un voto discreto.

I casi virtuosi in effetti non mancano. Come Industria Termoplastica Pavese, che dopo aver investito sette milioni per macchinari “connessi” inizia a raccogliere i primi risultati. «Grazie al controllo assoluto di cui disponiamo - spiega il responsabile Ict Roberto Lanzalotti - ora riduciamo i fermi-macchina e le inefficienze, con l’effetto di migliorare la produttività anche del 15-20%. Questi progetti ci stanno aiutando tantissimo e tra poco saremo in grado di mandare direttamente gli ordini agli impianti attraverso il sistema gestionale».

Oppure Gualini Lamiere International, che ha connesso la fabbrica (carpenteria pesante) per garantire ad esempio che al cambio turno ogni saldatore utilizzi gli stessi parametri del collega che termina l’attività «In questo modo - spiega l’ad Miriam Gualini - otteniamo un deciso miglioramento della qualità abbattendo gli errori e fermando per tempo, prima che proseguano lungo il processo produttivo, i pezzi che non rientrano nei parametri voluti».

L’obiettivo del Digital Innovation Hub lombardo è quello di estendere questo test al maggior numero possibile di imprese, in modo da avere una mappatura ampia e rappresentativa su cui costruire le azioni future.

«Il piano Industria 4.0 - aggiunge Viscardi - non ha solo messo in campo i bonus fiscali, certo importanti. Ma in prospettiva l’aspetto più significativo è quello di aver creato un ecosistema di innovazione che prima non esisteva: abbiamo i cluster, i digital innovation hub e i competence center. Strutture che devono collaborare senza sovrapporsi, e che possono dare una spinta decisiva all’innovazione in Italia. L’Hub è una sorta di medico di base, non deve costare nulla e deve indicarti la strada da seguire. Che può proseguire poi in un competence center, dove deve avvenire il trasferimento tecnologico».

L’auspicio di Viscardi (ed è questa l’intenzione del Governo, come spiegato ancora ieri dal vicepremier Luigi Di Maio) è la conferma del piano di incentivazione per le nuove tecnologie, con un focus particolare però proprio sulla messa a terra delle competenze. «Un esempio? Le fabbriche “faro” del cluster Fabbrica Intelligente, progetti operativi e concreti che in alcuni casi sono già stati finanziati. Si tratta di impianti veri, funzionanti, in grado di trasmettere e diffondere in modo concreto le potenzialità delle nuove tecnologie».

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