Industria ceramica: 34 europarlamentari chiedono la compensazione dei costi ETS
Lettera a Margarethe Vestager per chiedere di inserire anche questo settore nella lista dei produttori che hanno diritto alla compensazione. A rischio 200mila lavoratori in Europa
di Giovanna Mancini
I punti chiave
3' di lettura
Un’azione trasversale a livello politico e geografico, che vede tutti i Paesi europei a vocazione ceramica e tutti gli schieramenti politici di questi Paesi impegnati nella stessa direzione a Bruxelles: chiedere che la ceramica sia inclusa nella lista dei settori che beneficiano della compensazione dei costi indiretti ETS.
L’iniziativa è partita da un’europarlamentare italiana, l’onorevole Elisabetta Gualmini, che nel suo ruolo di presidente dello European Parliament Ceramics Forum (Epcf), ha inviato nei giorni scorsi una lettera a Margarethe Vestager, vice-presidente esecutiva della Commissione europea e commissario alla Concorrenza, per chiedere l’inserimento dell’industria ceramica nella lista. La lettera è stata firmata da 34 europarlamentari di sette Stati membri (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca) e appartenenti, come detto, a diversi gruppi politici.
Il nodo degli oneri ETS
Molti grandi produttori di energia elettrica utilizzano gas metano per i loro processi produttivi ed emettono perciò anidride carbonica in grande quantità. Per compensare tali emissioni, devono per leggere acquistare quote ETS (Emission Trading System), il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione europea, pagando perciò dei “costi ambientali” che poi ribaltano sul prezzo di vendita ai propri clienti. Per ridurre l’impatto di tali oneri sulle industrie manifatturiere più energivore, l’Unione europea ha previsto per alcuni settori (14 in totale) una compensazione, ma tra questi non figura la ceramica, comparto estremamente energivoro e particolarmente colpito dalla crisi energetica dell’ultimo anno.
Un danno notevole per la competitività di un settore fortemente vocato all’estero e che quindi si trova penalizzato rispetto ai concorrenti extra-Ue.
Un freno per gli investimenti e la competitività
I costi indiretti legati al sistema degli ETS contribuiscono infatti a erodere la capacità di investimento delle imprese, minare la loro competitività internazionale, mettere a rischio l’occupazione diretta e indiretta e minacciare l’autonomia europea nella fornitura di materiali da costruzione.
Il settore ceramico, stante l’attuale versione delle linee guida della Commissione europea, non può accedere ai recuperi economici che permetterebbero alle imprese di procedere con la parziale elettrificazione dei propri processi produttivi e quindi alla transizione green auspicata dalla stessa Commissione europea.
Gli europarlamentari firmatari della lettera hanno espresso preoccupazione per il futuro del settore ceramico, composto da pmi innovative che garantiscono più di 200mila posti di lavoro diretti in tutta Europa. L’industria ceramica sta infatti soffrendo il forte aumento dei prezzi dell’elettricità. La crisi energetica non solo sta minando la competitività dell’industria ceramica rispetto ai produttori extra-Ue, ma rischia inoltre di fermare il progresso del settore nel più ampio percorso di decarbonizzazione, intrapreso da anni.
La richiesta degli europarlamentari
Gli europarlamentari firmatari chiedono quindi che, alla luce dei radicali mutamenti intervenuti sui mercati energetici, vengano modificate al più presto le Linee Guida (basate su dati non più rappresentativi) in modo che anche le imprese ceramiche possano ricevere le parziali compensazioni dei costi indiretti dell’ETS sostenuti e non siano spinte alla rifocalizzazione delle produzioni.
«La Commissione – ha dichiarato Elisabetta Gualmini - non deve penalizzare chi investe in tecnologie per la decarbonizzazione, l'efficientamento energetico e l'utilizzo di energie rinnovabili, considerate cruciali per affrontare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas serra. Bisogna garantire che la transizione ecologica avvenga in modo equilibrato ed equo per tutti i settori: le istituzioni devono lavorare insieme alle piccole e medie imprese, in particolare alle più innovative, senza creare competizione sleale o distorcere il mercato. Solo così sarà possibile arrivare a un'economia a zero emissioni entro il 2050».
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