Deglobalizzazione

Industria, il Covid e la guerra spingono le filiere verso nuove autarchie

Incertezze geopolitiche e difficoltà logistiche favoriscono l'avvicinamento delle catene di fornitura ai luoghi della produzione

di Luca Orlando

Guerra e energia frenano Pil, industria ancora debole

4' di lettura

«Fino a due anni fa pensavamo che un paese non potesse fermarsi e che i trasporti fossero una commodity. Abbiamo scoperto, in entrambi i casi, che non è più così». Lodovico Bussolati, ad di Sdf, big mondiale della meccanizzazione agricola, tra le tante complessità che negli ultimi tempi ha dovuto gestire, affronta ora anche quello della supply chain. «Noi - spiega - abbiamo ad esempio siti produttivi in India e Turchia, impianti che in passato venivano riforniti di componenti in arrivo da altri paesi, Italia inclusa. Ora cerchiamo di rendere ogni stabilimento un poco più autonomo, e lo stesso sta accadendo qui in Europa: forse la globalizzazione non è morta ma certamente gli schemi di gioco vanno rivisti».

Il “riprezzamento” delle catene lunghe

Covid prima, invasione russa in Ucraina ora, hanno in effetti “riprezzato” il valore delle catene lunghe, costruito su un modello globale in cui a contare erano volumi, economie di scala, specializzazione, schema ora messo pesantemente in discussione. Anche se sarebbe eccessivo pensare ad uno switch immediato dalla globalizzazione all’autarchia, un trend avviato pare essere quello della progressiva localizzazione degli acquisti, evitando, ove possibile, di dipendere da parti spedite da altri continenti. «Il Covid ha accelerato un processo già in atto - spiega il managing director di Fluid-O-Tech Diego Andreis - e nel nostro caso stiamo cercando di diventare sempre più indipendenti da altri continenti. Per quanto possibile cerchiamo fornitori in Italia e in Europa: nei motori elettrici, ad esempio, che in passato acquistavamo in massa dalla Cina, ora la quota nazionale o europea sta crescendo di molto».

Loading...

Supply chain più flessibili e resilienti

Si tratta di scelte non isolate. Nell’ultimo report sul tema di McKinsey, analisi realizzata tra un centinaio di multinazionali, più del 90% dichiarava di voler modificare la supply chain per renderla più flessibile e resiliente. Puntando tra l’altro sul dual sourcing dei materiali o sull’avvicinamento delle proprie catene di fornitura. Per Ornella Barra, ceo del big della farmaceutica Walgreens Boots Alliance, si tratta di «un vero e proprio processo di deglobalizzazione, in cui alla ricerca di una scala globale si sostituisce la dimensione regionale o persino locale». L’effetto netto di questo movimenti è tuttavia quanto mai incerto, tenendo conto che se l’Europa prova a diventare più autonoma, scelte analoghe sono adottate da chi, pur basato in Italia, produce anche all’estero. Come capita a Mta, multinazionale lodigiana della componentistica elettronica per auto, prima azienda italiana a fermarsi a Codogno per colpa del lockdown. «La strategia che stiamo seguendo - spiega Lorella Galbignani, supply chain manager del gruppo - è quella di avvicinare i fornitori alle nostre fabbriche estere in Brasile, Messico, Marocco e Slovenia, anche se cambiare interlocutori non è mai semplice. Occorre trovare alternative valide, ottenere il benestare del cliente. Ad ogni modo, se in passato centralizzare e fare volumi era prioritario, oggi i trasporti sono un bagno di sangue».

C’è chi cerca alternative locali in Italia

È uno dei motivi che ha spinto il gruppo meccanico Streparava a cercare un’alternativa locale rispetto ad un’azienda indiana. «La doppia fornitura ci ha aiutato ad affrontare la crisi - spiega l’ad Paolo Streparava - anche se non può essere una soluzione universale, perché spesso i costi qui sono molto più alti. Il reshoring è un trend realistico ma per non fermarlo sul nascere occorre fermare questa corsa dell’energia. Diversamente chi può pensare in queste condizioni di tornare in Italia a produrre?». «La sensazione - aggiunge il responsabile Industry dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo Fabrizio Guelpa - è che le aziende cerchino in Italia altre soluzioni dopo aver abbandonato forniture estere, magari asiatiche. E questo costringe gli imprenditori a guardare oltre il distretto di riferimento. Nelle intenzioni, gli imprenditori che rispondono ai nostri sondaggi indicano questo come un tema prioritario, anche se poi la concretizzazione è più complicata. Molte produzioni, ad esempio, sono emigrate in Asia perché inquinanti. E in Europa nessuno le vuole più».

Il fenomeno dei magazzini “distribuiti”

La rottura delle catene lunghe offre ad ogni modo qualche chance in più allo sviluppo di magazzini “distribuiti”, una logistica diffusa può ora contare per parti specifiche sulla stampa 3D, in cui a “viaggiare” è solo un file. «È un business in forte crescita - spiega il fondatore di Roboze (stampanti 3D) Alessio Lorusso - e in questo momento nel mondo abbiamo già 20 partner in tre continenti che producono parti su commessa: in 18 mesi già 40mila pezzi sono stati realizzati in questo modo e a fine anno, vista la domanda, credo avremo raddoppiato la rete di clienti».

La variabile dello shock delle materie prime

Tra casi, per ora isolati, di reshoring (Bianchi a Treviglio), avvicinamento dei fornitori in Italia (ad esempio per i telai di Itema) e analogo movimento all’estero, alla luce delle tante variabili in movimento è difficile capire quale potrà essere il saldo netto per la nostra manifattura: quel che è certo, è che una diversificazione delle forniture è più complessa da realizzare ora, nel pieno di un conflitto che aggiunge altri shock sulle materie prime. «Un big tedesco delle presse che cerca nuove alternative mi ha visitato proprio oggi - spiega l’imprenditore piemontese della carpenteria Luca Comba - e l’ordine potenziale per noi vale almeno tre milioni. Una beffa, perché dopo aver inseguito questo cliente per anni ora avrò serie difficoltà nel costruire un’offerta: ho acciaio ancora per pochi mesi e se la produzione a monte non riparte è un guaio».

Riproduzione riservata ©

loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti