Industria orafa italiana: un’impresa su tre pronta a reagire al conflitto
Secondo il primo studio condotto da Intesa Sanpaolo e Club degli Orafi il 30% delle aziende sta pensando a modifiche organizzative: revisione dei canali di approvvigionamento, dei listini e dei canali di vendita
di Marta Casadei
I punti chiave
- Il 78% degli intervistati evidenzia l’impatto negativo della guerra
- Il 30% delle imprese pronto a cambi di rotta per reagire al conflitto
- La resilienza mostrata durante la pandemia è legata alla crescita dell’export ma anche alla propensione agli investimenti
2' di lettura
L’industria orafa italiana fa i conti con la situazione internazionale difficile: se prima del 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, il 73% delle imprese si aspettava un’ulteriore crescita di fatturato nel 2022 (nonostante le incognite già all’orizzonte, come l’incremento dei prezzi delle materie prime), ora il 78% degli intervistati evidenzia un impatto negativo della guerra.
Questi dati emergono dalla prima inchiesta realizzata da Intesa Sanpaolo e Club degli Orafi presso i soci di quest’ultimo. I risultati saranno presentati il 19 marzo a VicenzaOro - che ha aperto lo scorso 17 marzo - ma ecco alcune anticipazioni.
Un’impresa su tre è pronta a reagire
La prima è che una quota importante delle aziende del campione si dice già pronta a reagire: il 30% delle imprese dichiara di stare pensando a modifiche organizzative in seguito allo scoppio del conflitto, in particolare attraverso una revisione dei canali di approvvigionamento ma anche dei listini e dei canali di vendita.
Del resto l’industria orafa italiana ha reagito bene anche alla pandemia: nel 2021, secondo Istat, il fatturato ha registrato un +17% su quello 2019, rispetto al +9 della media manifatturiera. E il 60% delle imprese afferma che nel 2020 non ha avuto cali di fatturato o, in caso li abbia avuti, li ha già recuperati nel corso del 2021.
Investimenti in formazione e capitale umano
La capacità di reazione è legata all’elevata propensione all’investimento mostrata dalle aziende orafe italiane: il 60% dei rispondenti dichiara di aver aumentato i propri investimenti nell’ultimo biennio, nonostante la pandemia, con una particolare attenzione nei confronti della formazione e del capitale umano. Un elemento che il 95% delle aziende giudica rilevante. Seguono la digitalizzazione della fase produttiva, la Ricerca e Sviluppo e la valorizzazione del marchio.
Come già individuato da altre stime, il driver dell’oreficeria made in Italy sono le esportazioni: nel 2021 hanno toccato il record storico di 8,5 miliardi di euro per l’oreficeria e bigiotteria e di 7,5miliardi per i soli gioielli in oro. I risultati migliori sono quelli registrati negli Usa.
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