Inerbimento, invasi e genetica: i vitigni resistono alla siccità
Dal Barbera al Nebbiolo per i vitigni senza riserve d’acqua nei bacini sarà un’annata in salita
I coltivatori chiedono misure strutturali, fondi ad hoc e la costituzione di mini invasi per i punti strategici
di Claudio Andrea Klun
3' di lettura
Se nel 2022 la siccità e il caldo sono state l’emergenza con la quale anche la viticoltura piemontese ha dovuto fare i conti, ora il settore si sta attrezzando per quello che sta diventando un problema strutturale. E in attesa che le misure decise dalla Regione Piemonte possano contribuire a mitigare gli effetti della siccità e dei cambiamenti climatici, i produttori di vino stanno mettendo a punto nuove strategie di adattamento colturale che consentano di superare il problema.
«Per noi la siccità non è più un’emergenza, bensì un problema con il quale dobbiamo fare i conti tutti gli anni ma non abbiamo una soluzione “magica” – spiega Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato, il più grande del Piemonte che produce 70 milioni di bottiglie all’anno e 13 Doc –. Quello che stiamo facendo nell’immediato, è migliorare le tecniche colturali, andando, per esempio, a variare la gestione della chioma, per evitare i danni da troppa esposizione al sole e da disidratazione, e a effettuare una gestione oculata del suolo attraverso l’inerbimento. Nel lungo periodo, occorrono azioni su più piani, con la concertazione degli enti regionali e degli istituti di ricerca. Dobbiamo trovare delle soluzioni tecniche e tecnologiche efficienti che consentano di salvaguardare la viticoltura nelle nostre colline, che sono patrimonio dell’Unesco, evitando anche lo spostamento degli impianti verso versanti meno nobili. È ora che si metta mano al patrimonio genetico dei nostri vigneti, selezionando dei cloni che consentano di sviluppare piante più resistenti alla siccità.
Un’altra azione da sviluppare, è l’irrigazione attraverso gli invasi per poter intercettare le poche piogge: l’apporto idrico è fondamentale non soltanto per l’aspetto quantitativo della produzione (nel 2022 la siccità l’ha ridotta del 10-15% nel nostro territorio) ma anche quello qualitativo: la tendenza dei mercati è di richiedere vini non alcolici e una conseguenza della siccità è il tenore alcolico più elevato; inoltre, quando le vigne sono in salute, si riescono a ottenere dei vini più profumati».
Anche Andrea Fontana, presidente del Consorzio tutela Nebbioli Alto Piemonte che produce 2 milioni di bottiglie all’anno con 10 Doc sulle quattro province del Quadrante (Novara, Vercelli, Bille, Verbania), conferma le preoccupazioni: «Senza riserve d’acqua nei bacini, sarà un’annata ancora più in salita rispetto al 2022, in cui abbiamo registrato un calo della produzione tra il 20 e 25%. A livello agronomico siamo abituati ad affrontare annate calde e in questo ormai ci siamo affinati, ma la siccità aggiunge una nuova difficoltà. Quello che si può fare è attuare un piano di studio geologico regionale delle falde per progettare micro invasi adatti alla conformazione geologica delle nostre colline, da posizionare nei punti strategici, alimentati sia dalle piogge sia dalle falde acquifere e ci devono essere dei finanziamenti adeguati da parte della Regione per realizzare i micro invasi».
Stefano Vercelloni, vice presidente nazionale dell’associazione Città del vino e coordinare regionale per il Piemonte, da parte sua sottolinea come nel breve termine vi siano numerose misure di adattamento colturale che si possono adottare per mitigare gli effetti della siccità, quali «migliorare la gestione del suolo del vigneto con lavorazioni superficiali o meglio ancora con inserimento dell’interfila; per il sottofila, si possono impiegare l’inserimento o la pacciamatura, tradizionale, oppure organica». Secondo Vercelloni, queste tecniche garantirebbero «una migliore conservazione della riserva idrica, una migliore penetrazione dell’acqua, una disponibilità idrica maggiore e una riduzione del ruscellamento e contenimento dell’erosione”. Ma per il futuro bisogna fare altre valutazioni, che riguardano anche il posizionamento e l’esposizione del vigneto, la forma di allevamento da adottare è considerare anche l’utilizzo di vitigni PIWI (resistenti alle malattie fungine, ndr) con caratteristiche di resistenza agli stress idrici».
Anche l'assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte, Marco Protopapa, mette in luce che «nel breve periodo si possono adottare una serie di interventi colturali che consentono un risparmio idrico indiretto, quali l’inerbimento, il monitoraggio dello stato di salute vegetativo per intervenire con sistemi di taglio delle foglie ritardato e l’ombreggiamento». A medio termine, «è prevista la realizzazione di mini invasi, che fanno parte del Piano di sviluppo rurale del Piemonte per gli anni 2023-2027, e per i quali auspichiamo che in un paio d’anni le prime opere possano vedere la luce. A lungo termine, invece, bisogna pensare a sviluppare vitigni più resistenti».
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