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Inflazione, il latte costa tre volte di più: l’impatto sulle famiglie

Prezzi alle stelle ma nelle tasche degli allevatori i guadagni sono diminuiti: in un anno il prezzo alla stalla è cresciuto solo di un centesimo

di Micaela Cappellini

'Dedicata a te', la card contro il caro prezzi

3' di lettura

Chi fa la spesa lo sa bene, un litro di latte fresco può superare anche i due euro a seconda della regione di acquisto, della qualità e del marchio. Ma a meno di 1,60 euro, ormai, è introvabile. A maggio, secondo i dati di Assoutenti, il latte fresco costava il 18,8% in più di un anno prima e ad agosto, per quanto minore, l’aumento annuo risultava compreso tra il 9,8 e il 15% a seconda del tipo di latte. Fino a tre volte tanto l’inflazione certificata, insomma.

Chi si mette in tasca questo extra-margine? «Non certo gli allevatori, che oggi guadagnano meno di un anno fa», assicura Giovanni Guarneri, coordinatore del settore latte di Alleanza Cooperative, nonché presidente gruppo latte del Copa-Cogeca, l’associazione che riunisce gli agricoltori a livello europeo.

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Giovedì 28 settembre, a Palazzo Chigi la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni , e il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, mettono ufficialmente la firma sotto al Patto per il trimestre anti-inflazione, insieme a diverse associazioni della Gdo e dell’industria a cui si aggiungono i rappresentanti dell’agricoltura, Alleanza compresa.

Il patto prevede di offrire dal primo ottobre al 31 dicembre un paniere di prodotti del carrello della spesa a prezzi calmierati. Ma ancora molto resta da ricostruire circa la distribuzione del valore lungo la catena dei prodotti alimentari, dal campo alla tavola, in questi mesi di inflazione galoppante.

Per quanto concerne il primo anello della filiera del latte, Guarneri cerca di fare chiarezza mettendo insieme i dati provenienti da diverse cooperative che fanno capo all’Alleanza. In media, il prezzo di un litro di latte venduto sugli scaffali è composto per il 39,5% dai costi alla stalla, per il 35,8% dai costi dell’industria che lo lavora e lo confeziona e per il 24,7% dal ricarico del distributore.

Gli allevatori, dunque, rispondono solo della prima tranche, che secondo i dati del primo semestre 2023 ammonta in media a 56,5 centesimi al litro. Come si compone, il prezzo del latte che esce dalla stalla? «La voce più pesante dei costi - spiega Guarneri - è quella per i mangimi, che vale 23 centesimi per ogni litro di latte. Poi ci sono 3,7 centesimi di costi energetici, 2,9 centesimi di fertilizzanti e 4,7 centesimi di spese veterinarie. Gli ultimi 22 centesimi riuniscono varie voci, tra costi di manodopera, di affitto, di ammortamento dei macchinari e di oneri finanziari, compresa anche la remunerazione del capitale, cioè il guadagno dell’allevatore».

Nell’ultimo anno, ciascuna di queste voci ha avuto un andamento differente: «Il costo dei mangimi, per esempio, è diminuito del 6% - dice Guarneri - e quello dell’energia, anche se incide poco, è sceso del 21%. La voce dei costi gestionali, invece, è aumentata del 10%, ma non certo per colpa delle remunerazioni degli allevatori: a crescere sono stati soprattutto gli affitti dei terreni e gli interessi sul capitale».

Il risultato finale è che in un anno, cioè tra il primo semestre del 2022 e il primo semestre del 2023, il prezzo medio del latte in uscita dalla stalla è passato da 55,5 a 56,5 centesimi. In pratica, solo un centesimo di più. Un aumento dell’1,7%, mentre il prezzo di un litro di latte finito è cresciuto, soltanto ad agosto, tra il 10 e il 15%.

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