Inflazione e banche centrali: ecco perché le Borse reggono meglio dei bond
Forti rialzi dei tassi d’interesse nell’asta dei BTp, mentre le Borse chiudono piatte: a sostenerle è proprio la bufera che sta colpendo i bond
di Morya Longo
I punti chiave
3' di lettura
Alla fine il continuo rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato italiani si è “cristallizzato”, mercoledì mattina, nei collocamenti di BTp. Il Tesoro ha infatti offerto in asta varie scadenze di Buoni poliennali, per un totale di 8 miliardi di euro, ma il mercato ha chiesto tassi d’interesse che non si vedevano da anni. L’inflazione è troppo alta, dal punto di vista degli investitori, per “accontentarsi” dei rendimenti di un mese fa. Così i BTp triennali sono stati collocati per 3,75 miliardi con un tasso d’interesse più che doppio rispetto alla precedente asta: da 0,57% a 1,32%. Livello che non si vedeva dalla fine del 2018.
Il Tesoro ha collocato anche BTp settennali per 1,5 miliardi, con un rendimento salito dall’1,47% al 2,04%. Massimo da maggio 2019. Poi ha emesso altri tre titoli di Stato, a 10, 20 e 30 anni, tutti con tassi d’interesse in forte aumento. La domanda degli investitori è stata buona, certo, ma il costo del nostro debito pubblico è tornato ad aumentare. In maniera consistente.
Inflazione e banche centrali
Il motivo non va cercato in Italia. Non c’è una questione di rischio Paese. La ragione è legata all’inflazione galoppante. Proprio mercoledì sono arrivate, dalla Spagna e dalla Gran Bretagna, le ennesime conferme: nello Stato iberico il costo della vita è arrivato al 9,8% a marzo (confermando il dato preliminare), mentre in Gran Bretagna è salito al 7% rispetto al 6,7% atteso dagli analisti. Martedì erano stati gli Stati Uniti a stupire tutti con un’inflazione balzata all’8,5%, massimo dal 1981. Questo aumento dell’inflazione non può che costringere i rendimenti dei titoli di Stato a salire altrettanto.
Anche perché tutte le banche centrali, chi più aggressivamente come la Federal Reserve e chi meno come la Bce, stanno restringendo velocemente i cordoni della politica monetaria. Solo nella giornata di mercoledì la Banca centrale della Nuova Zelanda ha alzato i tassi d’interesse di mezzo punto (contro attese di 0,25) dall’1% all’1,5% e la Banca centrale del Canada ha fatto lo stesso portandoli dallo 0,50% all’1%. Oggi è attesa la riunione della Bce: sebbene non siano nell’aria decisioni, sarà importante capire come la Banca centrale europea intenda muoversi in futuro. Ma la stretta più forte è prevista dalla Fed Usa.
Le Borse tengono più dei bond
Morale: tutto questo ha causato la più violenta svendita di obbligazioni e titoli di Stato da almeno il 1994, causando un forte calo dei prezzi e dunque un deciso rialzo dei rendimenti. Più protette dalla bufera, invece, le Borse. Lo confermano le chiusure di martedì: Milano +0,22%, Parigi +0,07%, Francoforte -0,34%, Madrid +0,46%, Londra +0,05%. Ma soprattutto lo dimostrano le performance dall’inizio della guerra, che sono ancora positive per le Borse statunitensi, Londra e Tokyo, e solo leggermente negative (considerando la portata degli eventi geopolitici, economici e umanitari) per le Borse europee. Nulla di paragonabile alla Caporetto avvenuta sui mercati obbligazionari.
Il motivo per cui le Borse stanno tenendo meglio dei bond è dato proprio dal problema dell’inflazione, che causa violente vendite su titoli di Stato bond costringendo gli investitori a spostare i capitali verso le Borse.
Incertezza su utili ed economia
Ma il futuro è incerto anche per i mercati azionari. Per un motivo molto semplice: questa situazione (guerra, rincari energetici, carenza di materie prime, lockdown a Shanghai, pandemia non ancora finita...) prima o poi avrà conseguenze anche sull’economia e dunque sui bilanci delle aziende. Proprio mercoledì è iniziata negli Stati Uniti la stagione delle trimestrali, con un dato non certo incoraggiante: il colosso bancario JP Morgan ha registrato un calo dei profitti del 42%. Man mano che le aziende pubblicheranno i dati del trimestre (toccato solo per un mese dalla guerra) si vedrà l’impatto effettivo. Ma già gli operatori stanno abbassando le previsioni: secondo le stime medie censite da Refinitiv, gli analisti prevedono un aumento degli utili a Wall Street nel primo trimestre del 6%, contro il +32,1% del quarto trimestre 2021. Per ora le Borse tengono, ma l’incertezza è elevata.
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