Inflazione, stima rivista al ribasso: a marzo -0,4% sul mese, +7,6% su anno
Il rallentamento dell'inflazione si deve, in primo luogo, alla decelerazione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati
I punti chiave
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L’Istat rivede leggermente al ribasso i dati sull’inflazione di marzo scorso. L'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento del 7,6% su base annua, da +9,1% nel mese precedente. Secondo la stima preliminare la diminuzione congiunturale era dello 0,3%, l’aumento tendenziale del 7,7 per cento.
Il rallentamento dell'inflazione si deve, in primo luogo, alla decelerazione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +40,8% a +18,9%) e all'accentuarsi della flessione di quelli degli energetici regolamentati (da -16,4% a -20,3%), i cui effetti sono stati solo in parte compensati dall'accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,7% a +9,1%), di quelli dei servizi relativi all'abitazione (da +3,3% a +3,5%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,1% a +6,3%) e dei tabacchi (da +1,8% a +2,5%).
Il ribasso delle bollette
A determinare il forte ribasso dell’inflazione di marzo è dunque la componente energetica, trascinata dal prezzo delle bollette sul mercato tutelato che sono in continua flessione con dinamiche a segno meno, seguito dal rallentamento dell’aumento dei prezzi sul libero mercato.
Il carrello della spesa
I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano una seppur lieve decelerazione in termini tendenziali (da +12,7% a +12,6%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto mostrano una più decisa frenata (da +9,0% a +7,6%). Emergono inoltre, rileva l’Istat, « nonostante il permanere delle tensioni al rialzo nel comparto dei Beni alimentari non lavorati e dei Servizi, segnali di esaurimento della fase di accelerazione che, nei mesi scorsi, aveva caratterizzato la dinamica dei prezzi di ampi settori del paniere. Dopo la progressione che ha caratterizzato il 2022, l'inflazione di fondo si stabilizza al +6,3%. Infine, i prezzi del “carrello della spesa” rallentano su base tendenziale, scendendo a +12,6%».
L’impatto sulle famiglie con minore capacità di spesa
Nel primo trimestre 2023 l'impatto dell'inflazione, misurata dall'IPCA, resta più forte sulle famiglie con minore capacità di spesa rispetto a quelle con livelli di spesa più elevati (+12,5% e +8,2% rispettivamente) ma il divario va riducendosi. Lo segnala l’Istat spiegando che per le famiglie meno abbienti l'inflazione passa da +18,4% del quarto trimestre 2022 a +12,5% del primo trimestre 2023, mentre per quelle del gruppo con maggiore capacità di spesa scende da +9,9% dell'ultimo trimestre dell'anno precedente a +8,2% del primo trimestre del 2023 . Pertanto, il differenziale inflazionistico tra la prima e la quinta classe, si riduce, fino a quasi dimezzarsi, portandosi a poco più di quattro punti percentuali.
A spiegare il dato anche l'evoluzione dei prezzi dell'Energia che, dopo i marcati rialzi registrati nel 2022, segnano un rallentamento nel primo trimestre del 2023 che riguarda sia la parte regolamentata sia la parte non regolamentata. Questa dinamica ha avuto un maggiore impatto sull'inflazione delle famiglie con più bassi livelli di spesa, che sono solite destinare all'acquisto di tali prodotti una quota maggiore del loro bilancio (16,2%), rispetto a quello delle famiglie della quinta classe (7,4%).
L’inflazione acquisita per il 2023 rivista al 5%
Nelle stime definitive di marzo sull’inflazione l’Istat lima al ribasso anche il dato sull’inflazione acquisita per il 2023, rivisto a +5,0% per l’indice generale e a +4,0% per la componente di fondo. Era rispettivamente 5,1% e 4,1% nelle stime preliminari. Nel mese di marzo, l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +6,3%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che si attesta a +6,4%. “Dopo la progressione che ha caratterizzato il 2022, l’inflazione di fondo si stabilizza al +6,3%”, commenta l’Istituto nazionale di statistica.
Il Codacons: la frenata è illusione ottica
Ma per le associazioni dei consumatori, il peso dell’inflazione sulle famiglie resta altissimo. «La frenata dell'inflazione registrata a marzo dall'Istat è purtroppo una illusione ottica dovuta al ribasso delle bollette di luce e gas, mentre i beni più acquistati dalle famiglie, dagli alimentari al carrello della spesa, continuano a crescere a ritmi vertiginosi» afferma il Codacons, commentando i dati diffusi oggi dall'Istat. «Il ribasso dell'inflazione è dovuto ancora una volta - spiega una nota - unicamente alla discesa delle tariffe di luce e gas sul mercato tutelato e su quello libero, ma per tutti gli altri prodotti siamo ancora in presenza di una emergenza prezzi, con il carrello della spesa che sale del 12,6% su anno – analizza il Codacons – l'inflazione al 7,6% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.223 euro annui per la famiglia “tipo” che sale a +2.879 euro per un nucleo con due figli». Fortissime poi le differenze territoriali sul fronte dei prezzi al dettaglio.
La classifica delle città: a marzo l’aumento più cospicuo è a Genova
Il Codacons, sulla base dei dati provinciali diffusi oggi dall'Istat, ha elaborato la classifica delle città dove l'inflazione cresce di più a marzo, e le relative ricadute di spesa sulle famiglie in base ai consumi medi dei cittadini residenti. Genova la città dove l'inflazione cresce di più a marzo, con un tasso del 9,8%, fanalino di coda Potenza, dove i prezzi aumentano solo del 4,8% su base annua. A Bolzano e Milano le ricadute più pesanti, con la famiglia “tipo” che a causa dell'inflazione spende oltre 2.200 euro in più su base annua.
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