Informazione, social network per 4,5 milioni di italiani
Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulle Agenzie di comunicazione in Italia.
di Andrea Biondi
2' di lettura
Per 4,5 milioni di italiani l’unica porta d’accesso all’informazione è rappresentata dai social network. Nessun tipo di mediazione: la rete è tutto e i social sono gli unici depositari dell’informazione, con tutto il corredo di esposizione a quelle fake news che finiscono per influenzare le visioni del mondo e condizionare le scelte.
È uno dei dati contenuti nell’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulle Agenzie di comunicazione in Italia. Un report le cui indicazioni vanno dritte su punti controversi ed equilibri messi ancora più in bilico dalla combinazione fra un web che ha aperto a un flusso di informazioni enorme con notizie alla portata di tutti ma in cui è difficile orientarsi, scegliere e, dall’altra parte, un’emergenza Covid che ha messo dinanzi ai rischi di una cattiva informazione che, quando non orchestrata da arte, si nutre dell’attivismo degli utenti e delle condivisioni di notizie, informazioni, immagini non verificate.
Il problema ormai è chiaro se è vero che l’86,8% degli italiani segnala che le notizie che viaggiano sul web dovrebbero essere sottoposte a regole e controlli più stringenti, a garanzia dell'utente e della qualità dell'informazione, chiamando in causa i gestori dei social network. Per il 56,2% occorrerebbe anche prevedere pene più severe per chi diffonde deliberatamente false notizie.
Con la pandemia sono arrivate «anche false informazioni sulla malattia e sui vaccini determinando comportamenti che hanno un impatto decisivo sull'andamento dei contagi. Quanto accaduto rivela che anche sul web sono necessari regole e professionisti per garantire buona comunicazione», spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. Che 4,5 milioni di italiani abbiano i social come unica fonte è comunque preoccupante sottolinea Attilio Lombardi, founder di Ital Communications, soprattutto nella misura in cui «il rischio è quello di rifugiarsi in una sorta di spazio chiuso in cui si apprendono notizie solo sulla base delle proprie tendenze e inclinazioni». È il fenomeno delle cosiddette “echo chambers”, cui sono esposti tutti, dalla generazione Z ai più anziani. Per difendersi l’unica arma sta in maggiori competenze e spirito critico.
Secondo l’Osservatorio il social più utilizzato per avere informazioni è Facebook: 14,5 milioni di italiani, pari al 30,1% dei 14-80enni con quote che raggiungono il 41,2% tra i laureati, il 39,5% dei 30-44enni, il 33% delle donne. C’è comunque anche un 12,6% che acquisisce informazioni su Youtube (18% tra i giovani) e un 3% su Twitter (5% tra i più giovani).
Se il momento è difficile per l’informazione, a farne le spese sono anche i più “esposti”, quei virologi ed epidemiologi ormai sulla bocca di tutti. Che se per oltre una metà di italiani (54,2%) è bene che vadano in Tv, hanno un restante 45,8% che la pensa in modo contrario, imputando loro confusione e disorientamento (34,4%).
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