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Infrastrutture tra costi-benefici e finanza sostenibile

Il Pnrr rappresenta una possibilità finanziaria per curare le ferite lasciate dalla pandemia, ma anche per assorbire il nuovo shock generato dal conflitto russo-ucraino, senza, però, dimenticare che il conto alla rovescia per la sua realizzazione è già iniziato e ci conduce velocemente verso il 2026.

di Marco Percoco

3' di lettura

Il Pnrr rappresenta una possibilità finanziaria per curare le ferite lasciate dalla pandemia, ma anche per assorbire il nuovo shock generato dal conflitto russo-ucraino, senza, però, dimenticare che il conto alla rovescia per la sua realizzazione è già iniziato e ci conduce velocemente verso il 2026. Dato questo vincolo temporale, bene ha fatto il ministro Fitto a segnalare come l’Italia sia stata capace di spendere solo la metà dei fondi europei disponibili per il periodo di programmazione 2014-2020. Va pure rimarcato come il rinnovato afflato nei confronti degli investimenti infrastrutturali sia certamente un aspetto da accogliere con favore, ma che deve fare i conti con due vincoli stringenti: i tempi di realizzazione e la necessità di coinvolgere capitali privati nel tentativo di colmare un gap infrastrutturale che negli ultimi anni è andato ampliandosi. Con riferimento all’ultimo punto, alcuni elementi meritano attenzione, discussione e, soprattutto, azione, non solo da parte del governo, ma anche da parte di una congerie di attori che riescono a definire l’attrattività del sistema infrastrutturale.

Dal punto di vista degli attori privati, gli investimenti infrastrutturali subiscono fortemente le condizioni del contesto istituzionale in cui sono calati poiché questi sono in grado di influenzarne redditività, rischio e, quindi, liquidità. In tale contesto, non v’è dubbio che la stabilità del quadro regolatorio rappresenta un fattore di grande importanza, soprattutto nel momento in cui l’Italia si avvia a ridefinire il sistema normativo delle concessioni portuali, a rivedere (apparentemente) quelle autostradali, a pianificare l’eventuale rete unica per la banda larga e (sperabilmente) a ridisegnare la geografia autorizzativa degli investimenti energetici. La congiuntura è critica ma anche favorevole, in astratto, perché la revisione della regolazione finanziaria e autorizzativa possa compenetrare necessari obiettivi legati ai benefici della concorrenza per il mercato con la necessità di sostenere l’attrattività dei settori infrastrutturali per gli investitori privati.

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Il convitato di pietra nei discorsi inerenti gli investimenti in infrastrutture è certamente il Codice dei contratti pubblici, divenuto ormai una sorta di capro espiatorio utile a giustificare ogni genere di inefficienza. Il Consiglio di Stato, su richiesta del precedente governo, ha redatto e rilasciato una revisione del Codice che, nelle intenzioni e al netto di migliorie necessarie proprio nell’ambito del partenariato pubblico-privato, dovrebbe rendere più fluidi i processi. Va, però, pure segnalato come l’evidenza empirica più recente mostri chiaramente che, nei Paesi più avanzati, la pratica, ovvero la gestione, dell’appalto sia molto più importante di eventuali aspetti normativi. Da qui per l’Italia discenderebbe una imprescindibile necessità di reingegnerizzazione dei processi e, soprattutto, di miglioramento della gestione strategica della spesa pubblica, a partire dalla iniziale valutazione, non solo finanziaria, ma anche dei costi e dei benefici dei diversi interventi.

Proprio l’analisi costi-benefici si avvia oggi a vivere un’esaltante seconda vita. La quantificazione monetaria degli effetti anche ambientali e sociali degli investimenti, che caratterizza questa metodologia, la rende un’interfaccia ideale per tutto il mondo nascente della finanza sostenibile. Investitori trainati dall’impatto generato potrebbero essere utilmente attratti da progetti con un profilo finanziario in linea con gli obiettivi di remunerazione del capitale investito e con una capacità di generare valore sociale.

In questo momento, le necessità infrastrutturali del sistema italiano devono essere soddisfatte integrando obiettivi e competenze. Dal lato pubblico, è importante maturare e diffondere una sensibilità finanziaria e manageriale tale da garantire la veloce implementazione delle misure previste dal Pnrr, come pure per creare spazi di collaborazione con soggetti privati. Dal lato privato, sarebbe opportuno diffondere la pratica dell’analisi costi-benefici nell’ambito di più generali strategie di investimento sostenibile, in modo da ridefinire de facto i contorni del partenariato pubblico-privato.

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