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Innovazione, Emilia-Romagna prima regione in Italia ma 21esima tra i Paesi avanzati

Nel Transatlantic Subnational Innovation Competitiveness Index 2.0, basato su 13 indicatori di capacità innovativa, globalizzazione e competenze le aree più virtuose sono Massachusetts, California o Baden-Württemberg

di Ilaria Vesentini

(Bloomberg)

3' di lettura

L’Emilia-Romagna è la prima regione italiana per competitività e innovazione, ma 21esima a livello globale, lontana dalle performance di regioni tecnologiche e manifatturiere come il Massachusetts, la California o il Baden-Württemberg, che occupano – in questo ordine – il podio del “Transatlantic Subnational Innovation Competitiveness Index 2.0”. La Lombardia è al 33° gradino, il Lazio al 42°, il Piemonte al 44°, il Friuli-Venezia Giulia al 47°, il Veneto al 55°, la Toscana al 59° posto. Tutte le altre 13 regioni analizzate sono nella metà bassa della graduatoria realizzata congiuntamente dalla no-profit americana Information Technology and Innovation Foundation (ITIF) con l’Istituto italiano per la Competitività (I-Com), German Economic Institute, Austrian Economic Center, Center for Social and Economic Research (Polonia), Stuns (Svezia) e Mathias Corvinus Collegium (Ungheria).
Mezzogiorno fanalino di coda

I 13 indicatori

Il report, giunto alla seconda edizione, è stato appena pubblicato e mette sotto la lente 13 indicatori di capacità innovativa, di globalizzazione e di competenze della forza lavoro di 121 regioni nei sette Paesi partner (Austria, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Svezia e Stati Uniti), riassunti nell'indice TASICI 2.0, e fotografano uno iato sempre più profondo tra il Nord e il Sud del Belpaese. Non meraviglia, infatti, che a guidare la classifica mondiale per competitività e innovazione siano gli Stati Uniti, la Germania o la Svezia, ma desta preoccupazione che le migliori regioni italiane superino le “top” in Ungheria o in Polonia, ma le peggiori regioni dello Stivale siano messe addirittura peggio delle aree magiare e polacche in coda alla classifica: nelle ultime posizioni ci sono il Molise (107° posto su 121), la Sardegna (al gradino 108), la Puglia in 116esima posizione, la Sicilia in 117esima e la Calabria al 120° posto. Peggio fa solo il Mississippi, che chiude il ranking 2023.

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Italia in coda per laureati e immigrati istruiti

I dati sulla capacità innovativa (intesa come banda larga, spesa in R&S, quota di ricercatori, start-up, brevetti, progetti di decarbonizzazione e venture capital) sono quelli che pesano di più (56%) nello score finale sintetico, seguiti dal livello di competenze dalla forza lavoro (quota laureati, livello di istruzione dell’immigrazione, occupati in attività professionali, tecniche e scientifiche e produttività dell’industria manifatturiera) e dai dati sulla globalizzazione, quindi l’apertura dei mercati (interscambio commerciale e investimenti diretti esteri). Tutte voci in cui la divaricazione tra Nord e Sud Italia si conferma con rare eccezioni. Se si tiene conto della percentuale della popolazione tra i 25 e 64 anni in possesso di un diploma di laurea, l’Italia occupa con Calabria, Sicilia, Puglia, Molise e Sardegna gli ultimi cinque posti del ranking. Il quadro è altrettanto sbilanciato sul fronte dell’immigrazione qualificata. In generale, Italia, Ungheria e Polonia presentano un rapporto tra immigrazione qualificata, istruzione e attrattività molto basso rispetto a realtà come Austria, Svezia e Stati Uniti, che invece vantano maggiori risorse umane con alto livello di istruzione, interne e straniere.

Lombardia prima per attrattività di capitali

Nella categoria della globalizzazione, l’Ungheria batte tutti gli altri Paesi, l’Italia con la Germania se la battono, ma con una forte variabilità regionale e in questo caso è la Lombardia a guidare le regioni della penisola per capacità di attrarre investimenti, seguita dal Lazio e dall’Emilia-Romagna. In tema di digitale e banda larga la leadership spetta al Trentino e all’Emilia-Romagna, dietro però ai soliti big europei. La via Emilia è prima anche per concentrazione di risorse umane qualificate impiegate nella ricerca, Molise e Calabria risalgono quando si misura la creazione di nuovi business, mentre Lombardia e Lazio scalano il ranking sul fronte decarbonizzazione.

Le raccomandazioni di policy

L’ultima parte dello studio “Transatlantic Subnational Innovation Competitiveness Index 2.0” è dedicato alle raccomandazioni ai policy makers. E qui i ricercatori di I-Com sottolineano ricette note per sbrogliare i nodi in cui si è ingarbugliato il tessuto economico italiano, a partire dal rafforzamento del capitale umano. Servono «politiche coerenti per indirizzare l’upskilling e il reskilling dell’attuale forza lavoro, nonché investire per aumentare il numero di laureati, troppo basso rispetto ai principali partner internazionali, soprattutto nelle discipline STEM», ma anche un accompagnamento delle competenze manageriali e imprenditoriali, esponendo le Pmi ai cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale attraverso programmi ed incentivi ad hoc. L’Italia ha poi bisogno di lauree più specializzate in tecnologie dell’informazione e della comunicazione e dovrebbe usare meglio in questa direzione i finanziamenti dell’Ue. Così come vanno introdotte misure per rafforzare la capitalizzazione delle PMI e per aiutarle nella transizione digitale e misure per far entrare immigrazione qualificata.

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