Inps, così l'obbligo contributivo di artigiani e commercianti
La differenza deriva dal coinvolgimento individuale nella società. Base imponibile: sono da calcolare solo i redditi degli autonomi che lavorano
di Aldo Forte
I punti chiave
6' di lettura
Seguo dei clienti, artigiani e commercianti, che sono titolari di società ed anche soci presso altre società a responsabilità limitata. Negli ultimi anni sono sorti dei problemi in merito all’individuazione della base imponile su cui versare i contributi. Alcuni sostengono che devono essere versati su tutti i redditi dei soggetti interessati, altri invece dicono che si deve tener conto solo dei redditi delle società in cui si presta attività lavorativa. Gradirei avere una risposta in merito.
La questione, è stata definitivamente chiarita ed è stato stabilito che devono essere esclusi dalla base imponibile contributiva, i redditi di capitale attribuiti agli iscritti alle Gestioni speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, derivanti dalla partecipazione a società di capitali nella quale i lavoratori autonomi non svolgono attività lavorativa. È da ricordare che l’Inps (circolare 102/2003) aveva fatto presente che la base imponibile per i soci lavoratori di società a responsabilità limitata, iscritti in quanto tali alle Gestioni speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, è costituita dalla parte del reddito d’impresa dichiarato dalla Srl ai fini fiscali e attribuita al socio in ragione della quota di partecipazione agli utili, prescindendo dalla destinazione che l’assemblea ha riservato a questi utili e, quindi, ancorché non distribuiti ai soci. Inoltre, veniva evidenziato che, in presenza della predetta quota del reddito d’impresa della Srl, la stessa costituiva la base imponibile anche nei casi in cui il titolo all’iscrizione alle Gestioni derivasse dall’attività esercitata in qualità di imprenditore individuale o di socio di una società di persone, e ciò per effetto di quanto disposto dall’articolo 3-bis del Dl 384/1992.
Invece, con successiva circolare, 84 del 10 giugno 2021, l’Inps ha rivisto la base imponibile, tenendo conto anche degli interventi giurisprudenziali in materia; la giurisprudenza ha evidenziato come, tenuto conto della differenziazione tra redditi di impresa (di cui all’articolo 55 del Dpr 917 del 22 dicembre 1986, recante “Testo unico delle imposte sui redditi”) e redditi di capitale (di cui all’articolo 44 del Dpr 917/1986), le disposizioni di cui all’articolo 3-bis del decreto legge 384/1992 individuano la base imponibile dell’obbligazione contributiva per i soggetti iscritti alle Gestioni speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali nei redditi di impresa denunciati ai fini Irpef, a cui non è possibile ascrivere i redditi di capitale.
In maniera specifica, la Corte di Cassazione (sentenza 23790/2019) ha sottolineato che, dal quadro giuridico di riferimento, appare che per i soci di società commerciali la condizione essenziale perché sorga l’obbligo contributivo nella Gestione degli artigiani e dei commercianti è quella della «partecipazione personale al lavoro aziendale», mentre «la sola percezione di utili derivanti da una mera partecipazione (senza lavoro) in società di capitali non può far scattare il rapporto giuridico previdenziale, dato che il reddito di capitale non rientra tra quelli costituzionalmente protetti, per il quale la collettività deve farsi carico della libertà dai bisogni (tra i quali rientra il diritto alla pensione al termine dell’attività lavorativa)». Di conseguenza, gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, disciplinati dal Testo unico delle imposte sui redditi tra i redditi di capitale, non sono ascrivibili alle disposizioni di cui all’articolo 3-bis del decreto legge 384/1992. È da sottolineare che, in ogni caso, rimane invariato l’obbligo contributivo in caso di svolgimento dell’attività lavorativa all’interno di società di capitali, da parte dei soggetti che hanno quote di partecipazione nelle stesse società.
Srl artigiana con più soci: iscrizione facoltativa all’Inps
Ho iniziato, insieme con un mio amico, un’attività artigiana. Abbiamo optato per la costituzione di una Srl, dove entrambi siamo soci lavoratori. Mi è stato riferito, che nella Srl artigiana con pluralità di soci non vi è obbligo di iscrizione alla gestione degli artigiani, ma soltanto una facoltà; è vero o meno?
Effettivamente, l’iscrizione dei soci di Srl artigiana alla gestione artigiana è una facoltà e non un obbligo. La legge 57/2001 prevede una domanda da presentare quale condizione per aver titolo alla qualifica artigiana; ciò configura come facoltativa l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane. Il riconoscimento della qualifica artigiana alle Srl con pluralità di soci è subordinato alla coesistenza delle seguenti condizioni: la società è costituita ed esercitata per gli scopi e nei limiti dimensionali previsti dalla legge 443/1985 per la generalità delle imprese artigiane; la maggioranza dei soci, ovvero uno in caso di due soci, svolge in forma prevalente lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo; la maggioranza dei soci lavoratori detiene la maggioranza del capitale sociale e negli organi deliberanti. Quindi, la norma dispone che le Srl, se in possesso dei prescritti requisiti, se presentano domanda per l’iscrizione, hanno diritto al riconoscimento della qualifica artigiana ed alla conseguente iscrizione nell’albo provinciale.
Rispetto limiti dimensionali per restare impresa artigiana
Ho un’impresa artigiana con dipendenti. Poiché devo fare un lavoro di una certa entità, ho bisogno di assumere del personale, se supero certi limiti perdo la natura artigiana?
Superando determinati limiti dimensionali, l’impresa perde la natura artigiana, e in particolare: se l’impresa non lavora in serie, un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 22 se le unità aggiuntive siano apprendisti; quando l’impresa lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 12 se le unità aggiuntive siano apprendisti; se l’impresa svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura: un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 40 se le unità aggiuntive siano apprendisti; per l’impresa di trasporto: un massimo di 8 dipendenti; per le imprese di costruzioni edili: un massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 14 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.
Socio amministratore iscritto anche alla Gestione separata
Sono socio di una srl commerciale, dove esercito in modo continuativo e prevalente l’attività dell’oggetto sociale. Sono anche amministratore, mi è stato detto che oltre alla gestione commercianti mi devo iscrivere alla Gestione separata. Come stanno le cose?
Se l’interessato, oltre ad essere socio è anche amministratore e percepisce un compenso, dovrà iscriversi anche alla Gestione separata. L’Inps sulla materia, sostiene la possibilità dell’esistenza delle due iscrizioni; ritiene che non è condivisibile la tesi dell’illegittimità, in base al comma 208 dell’articolo 1 della legge 662/1996, della contemporanea iscrizione ai commercianti ed alla gestione separata. Infatti, l’obbligo contributivo nei confronti della gestione separata, in qualità di collaboratore o di professionista, può coesistere con l’iscrizione ad altre gestioni, sia dipendenti che autonomi, dato che la legge non subordina l’iscrizione al requisito che l’attività di collaborazione sia prevalente rispetto ad altre. Invece, la prevalenza e l’abitualità viene imposta per le iscrizioni alle gestioni degli artigiani e commercianti, per cui - in caso di doppia attività - se il lavoro prevalente fosse quello di collaborazione, non potrebbe configurarsi l’obbligo di iscrizione in una delle gestioni degli autonomi. Applicando questi principi al caso del socio di srl che è anche amministratore, risulta che: lo stesso deve essere iscritto solo alla gestione separata, se l’attività commerciale non sia abituale e prevalente; deve essere iscritto contestualmente alla gestione dei commercianti ed alla gestione separata, se l’attività commerciale ha i caratteri dell’abitualità e prevalenza.
Sì all’indennizzo per chi chiude l’attività commerciale
Ho cessato l’attività commerciale, perché non riuscivo più a sostenere le spese. Ho 63 anni e per la pensione devo attendere; ho sentito dire che avrei diritto a un indennizzo, è vero e quali sono i requisiti?
È vero che esiste un indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale e spetta se in possesso di determinati requisiti. È stato previsto dal Dlgs 207/1996 e successive modificazioni e integrazioni, per la cessazione definitiva dell’attività commerciale ai soggetti che esercitano, in qualità di titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, o che esercitano attività commerciale su aree pubbliche. Spetta agli uomini che hanno almeno 62 anni di età ed alle donne con almeno 57 anni di età; è necessario che vi sia l’iscrizione, quando cessa l’attività, per almeno 5 anni in qualità di titolari o coadiutori, nella Gestione dei commercianti Inps.
L’erogazione dell’indennizzo è subordinata alla cessazione definitiva dell’attività commerciale; riconsegna dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività commerciale e dell’autorizzazione per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nel caso in cui quest’ultima sia esercitata congiuntamente all’attività di commercio al minuto; cancellazione del titolare dell’attività dal registro degli esercenti il commercio e dal registro delle imprese.
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