Intelligence al lavoro contro la minaccia jihadista, i rischi maggiori dai «lupi solitari»
Al netto del web, un altro elemento riguarda i luoghi fisici nei quali i processi di radicalizzazione si sviluppano di più, dalle moschee radicali alle carceri, nei grandi centri urbani o nei piccoli paesi di provincia
I punti chiave
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La guerra tra Israele e Hamas ha riattivato la scena jihadista, ma la maggior parte degli aspiranti combattenti provengono dalle bolle online, ovvero comunità di soggetti radicalizzati in contatto tra loro attraverso il web. E l’Italia, dove la seconda generazione di stranieri è aumentata, è ora demograficamente più simile agli altri Paesi europei. È l’analisi di Lorenzo Vidino, direttore del programma sull’estremismo alla George Washington University, secondo il quale, riguardo al jihadismo «esiste un fenomeno autoctono europeo».
Centinaia i jihadisti monitorati
Sarebbero centinaia i jihadisti monitorati. Secondo l’esperto, dopo aver subito una crisi per la sconfitta militare dell’Isis, il nuovo conflitto in Medioriente ha riacceso la miccia dei fanatici della guerra santa, «ma - spiega Vidino - seppure l’organizzazione jihadista sia in crisi, non è sparita e si avvale ormai di una propaganda decentrata e molto orizzontale. Non mi stupirei se chi ha compiuto l’attentato a Bruxelles non fosse mai entrato in contatto con organizzazioni jihadiste vere e proprie, perché più che cellule adesso prevalgono le bolle online, formate da veri e propri consumatori di propaganda». E l’Italia? «Rispetto ai numeri di altri Paesi come la Francia, dove si contano trentamila soggetti radicalizzati, nel nostro Paese pur non essendo stati forniti numeri ufficiali si ipotizza qualche centinaio di soggetti, alcuni forse sconosciuti all’intelligence, ma sulle cifre bisogna essere cauti».
Piantedosi: c’è il rischio di radicalizzazioni islamiste
«Uno dei principali fattori scatenanti dei flussi migratori è costituito dai conflitti armati. E in questo momento alle porte dell’Europa ce ne sono due, la guerra in Ucraina e il conflitto israelo-palestinese, entrambi incerti e suscettibili di provocare un impatto sulle dinamiche dei flussi. Senza dimenticare che il conflitto in Medio Oriente reca con sé anche il rischio di innescare radicalizzazioni islamiste come solo pochi giorni fa è avvenuto in Francia con l’assassinio di un insegnante da parte di un fanatico islamista e ieri sera a Bruxelles con l’uccisione di due cittadini svedesi» ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un’informativa alla Camera.
Livello di attenzione molto elevato
Al momento «non risultano evidenze concrete e immediate di rischio terroristico per quanto riguarda l’Italia, ma la situazione è tale da richiedere un elevatissimo livello di attenzione, in quanto la minaccia terroristica si presenta spesso in maniera impalpabile, fluida e non sempre definibile» ha aggiunto Piantedosi, spiegando che «una conferma del livello di attenzione è l’arresto, avvenuto oggi a Milano, ad opera della Polizia di Stato di due persone di origine egiziana (una delle quali di cittadinanza italiana), per reati di terrorismo».
Rischio terroristi infiltrati tra migranti
«L’azione del Governo, sin dal suo insediamento - ha spiegato il ministro - si è incentrata su ogni forma di contrasto all’immigrazione irregolare, anche in relazione ai possibili profili di rischio di infiltrazione terroristica nei flussi migratori irregolari», come quelli provenienti dalla Tunisia e dall’Algeria. Ha trascorsi italiani Abdesalem Lassoued, il 45enne tunisino che ieri sera ha ucciso due svedesi a Bruxelles a colpi di kalashnikov. L’uomo era infatti sbarcato a Lampedusa nel 2011 e si era fatto notare da Digos ed intelligence come radicalizzato.
I luoghi della radicalizzazione
Al netto del web, un altro elemento riguarda i luoghi fisici nei quali i processi di radicalizzazione si sviluppano di più, dalle moschee radicali alle carceri, nei grandi centri urbani o nei piccoli paesi di provincia, nei territori del Nord fino al Centro-Sud in città come Milano, Bologna, Torino o Napoli.
Nel 2022 sono stati rimpatriati 79 soggetti pericolosi
Secondo la relazione al Parlamento del 2022 stilata dall’intelligence italiana, persistono «fattori di rischio, esogeni ed endogeni, legati all’estremismo sunnita» e segnali dal fronte siro-iracheno hanno confermato, seppure in maniera residuale, l’attivismo online o direttamente sul campo, di alcuni foreign fighters rimasti su posizioni irriducibili». E anche sul fronte della propaganda, è proseguita nei confronti dell’Italia la diffusione di messaggi e video minatori. Il numero complessivo di foreign fighters connessi con il nostro Paese è di 146 persone, di cui 61 deceduti e 35 ’rentrees’ (rientrati - ndr) mentre nel 2022 sono stati rimpatriati 79 soggetti pericolosi, tra cui un marocchino espulso a cui è stata revocata la cittadinanza italiana.
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