Intelligenza artificiale, la Germania investe dieci volte più dell’Italia
di Roberta Miraglia
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La Germania ha messo in campo 600 milioni di euro entro il 2020 di investimenti pubblici per l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi di produzione. L’Italia si sta affacciando solo adesso al tema e prevede di investire 70 milioni di euro nei prossimi due anni.
Sono i dati che emergono dallo studio “Ricerca, sviluppo e innovazione: Italia e Germania a confronto”, realizzato da AHK Italien (la Camera di Commercio Italo-Germanica) e da Deloitte e presentato ieri al XIII Forum Economico Italo-Tedesco svoltosi a Milano. Il sondaggio, condotto in collaborazione con Aldai-Federmanger, Assolombarda e l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, è stato condotto su un campione di circa 100 aziende tra Italia e Germania.
In questa fase di importanti e non del tutto prevedibili cambiamenti si è stimato che l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale (IA) potrebbe generare una crescita addizionale pari all’1,2% entro il 2030. Nel confronto tra Italia e Germania si notano differenze che risultano dalla diversità del tessuto produttivo. Quello italiano - dove le aziende con meno di 9 dipendenti sono l’82% mentre in Germania il 61% - è un sistema di microimprese meno propenso a fare rete con il mondo della ricerca. Infatti, le grandi aziende italiane che collaborano con le istituzioni di ricerca sono solo il 28% a fronte del 44% di quelle tedesche.
Altri indicatori chiariscono le differenze tra i due Paesi e la loro preparazione a introdurre l’IA nel ciclo produttivo. Per esempio il gap di competenze: in Germania gli adulti sopra i 15 anni con skill di Ict sono il 35%, in Italia il 26%; quattro facoltà tedesche di It figurano tra le prime 50 nel ranking mondiale mentre l’Italia non ne ha nemmeno una. Il tasso medio di prelievo fiscale e contributivo sulle startup è pari al 49% in Germania e al 53% nel nostro Paese. Gli investimenti di venture capital nella fase iniziale rappresentano il 2,4% del Pil a Berlino e lo 0,4% qui.
Dal sondaggio emerge che nel medio periodo l’IA verrà implementata in modo sistematico da quasi la metà delle imprese (il 41%), sia in Italia che in Germania. Nella medesima prospettiva temporale, una netta maggioranza delle aziende italiane (78%) e la totalità del campione tedesco riconoscono che le soluzioni di IA assumeranno un’importanza strategica per lo sviluppo aziendale.
Sul piano degli investimenti, il 28% delle imprese del campione non ha ancora adottato soluzioni di IA, il 30% è nella fase preliminare; il 37% ne ha già applicate alcune mentre il 5% appartiene ai centri di eccellenza.
Tra le aziende che investono, il 24% ha destinato nell’ultimo anno almeno 5 milioni di euro a tecnologie di IA sebbene il volume si sia attestato sotto i 100mila euro per quasi la metà del campione (47%). Inoltre, l’87% delle imprese prevede un aumento degli investimenti nei prossimi cinque anni, da impiegare principalmente per soluzioni di data analysis e automatizzazione dei processi, soprattutto nel manifatturiero e nel settore energetico.
Quando le aziende immaginano i campioni di intelligenza artificiale (intesa come un insieme di processi, dal machine learning alle funzioni di comprensione del linguaggio umano parlato, al riconoscimento delle immagini fino alla robotica) pensano a Cina e Stati Uniti. L’Europa, purtroppo, non riesce ancora a fare abbastanza sistema per competere. La collaborazione quindi deve aumentare. Lo sottolinea Gerhard Dambach, neo presidente di AHK Italien e amministratore delegato di Robert Bosch Spa. Dopo quanto è stato fatto per Industria 4.0, ora tra Italia e Germania la sfida principale è mettere insieme automazione e IA. «Cosa succederà al mondo del lavoro?. Si distruggono posti ma si creano nuove professionalità» dice Dambach. Chi ha investito per tempo nella “process automation” ha addirittura aumentato la forza lavoro perché ha guadagnato quote di mercato. Ogni automazione, continua il manager, deve essere ammortizzata in due-tre anni, quindi a medio-lungo termine si perderà lavoro. Ma senza investimenti succederà lo stesso. «Gli Stati Uniti oggi investono cinque volte più di vent’anni fa; la Germania 4,5 volte e l’Italia 3. Ci sono però aree in cui l’Italia guida il mercato mondiale e altre dove non vengono fatti investimenti».
Il vero ostacolo alla realizzazione della IA è la mancanza di competenze adeguate. «Già con Industria 4.0 avevamo un gap di professionalità - commenta Dambach - il processo di IA si innesterà su una situazione in cui mancano le basi, aggravandola. Si devono perciò fare ulteriori passi avanti. L’Italia per esempio investe oggi il 4% del Pil in formazione in senso ampio, i Paesi del Nord Europa il 7. Italia e Germania devono lavorare insieme per integrare le conoscenze nel ciclo produttivo e rafforzare l’asse».
In virtù di questo legame, ha aggiunto Jörg Buck, consigliere delegato di AHK Italien, «Italia e Germania devono essere promotori e traino di una strategia europea per la IA perché uniti, a livello europeo, possiamo competere con i colossi dell’economia globale».
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