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Intelligenza artificiale, la moda sperimenta tra chance e dubbi

La Ai generativa nei prossimi 3-5 potrebbe accrescere i profitti del settore fino a 275 miliardi di dollari, ma sul piano creativo le aziende della moda sono ancora in fase di osservazione. E dopo l’approvazione dell’AI Act da parte del Parlamento Ue, rimangono alcuni nodi legali

di Marta Casadei

Creazioni su Instagram. Uno dei pezzi Nike x Jacquemus per un ipotetico sky club a Courchevel nelle immagini realizzate da Marco Simonetti e Ral7000Studio e pubblicate su IG

5' di lettura

Un’opportunità di sviluppo, ma ancora poco battuta. La moda sta prendendo le misure dell’intelligenza artificiale che viene per ora usata soprattutto nella gestione dei processi e non sul piano creativo. Ma che rappresenta una sfida ad alto potenziale: secondo un’analisi di McKinsey, nei prossimi 3-5 anni l’intelligenza artificiale generativa potrebbe accrescere gli utili operativi dell’industria della moda e del lusso di una cifra che va dai 150 miliardi di dollari, stando alle stime più caute, ai 275 miliardi di dollari secondo quelle più fiduciose. Le previsioni di Boston Consulting Group, invece, non sono prettamente numeriche, ma parlano di un impatto dirompente di questa tecnologia che riguarderà l’80% dei lavoratori con un potenziale elevato soprattutto per i brand “di massa” e un impatto forte per i marchi del lusso nel marketing, estendendo il trattamento personalizzato che oggi è dedicato ai vip client a una platea di 350 milioni di consumatori “aspirazionali”.

L’Ai come strumento

Andando oltre le stime, però, il mondo della moda e del lusso oggi non sembra ancora attivo nell’implementazione dell’intelligenza artificiale di tipo generativo. Piuttosto, si serve dell’Ai per rendere più efficiente la produzione o la distribuzione e tenta di utilizzarla per personalizzare il servizio. Ma non sempre con successo. «Noi utilizziamo l’intelligenza artificiale nei moduli di business intelligence per evidenziare problemi che possono venirsi a creare nella filiera produttiva – spiega Arcangelo D’Onofrio, founder e ceo di Temera, azienda che si occupa di soluzioni Iot per il mondo della moda e del lusso in particolare –. Si tratta di moduli predittivi che, basandosi su serie storiche di dati, forniscono informazioni che per l’azienda rappresentano un vantaggio produttivo. Su altri fronti – per esempio quelli della vendita personalizzata – non sembra che l’intelligenza artificiale riesca a sortire gli effetti desiderati: la componente umana, almeno fino a ora, rimane fondamentale. Però le potenzialità dell’Ai generativa, nella produzione ma anche nel retail, sono molto elevate: basta pensare all’Ai che genera musica e che potrebbe fornire a ogni consumatore una playlist ad hoc per fare shopping».

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Il ruolo dei creativi

La moda dunque non utilizza ancora in modo sistemico forme di intelligenza artificiale generativa sul fronte creativo, sebbene esistano già collezioni fashion “create” da algoritmi, come la linea 8 by Yoox, e qualche collaborazione spot più orientata al marketing che alla produzione vera e propria. Lo confermano anche i designer che, invece, hanno cominciato a sperimentare con questa tecnologia. «Ho iniziato a usare queste applicazioni della Ai alla creatività nella prima metà del 2022 – spiega Marco Simonetti, footwear designer che dopo aver lavorato con grandi brand oggi lavora come freelance con il collettivo Ral7000 Studio – e da allora la tecnologia ha fatto passi da gigante. I brand, invece, all’epoca non avevano ancora realmente preso in considerazione le potenzialità». Simonetti ha anche creato spontaneamente una collaborazione tra due brand, Jacquemus e Nike: «L’abbiamo lanciata su Instagram e solo dopo sia Nike sia Jacquemus, separatamente, mi hanno contattato per eventuali collaborazioni, ma sempre sul piano marketing. Il 50% dei brand che ci ha contattato per collaborare lo ha fatto per progetti di comunicazione, non per realizzare prodotti». A stupire Simonetti, sul piano del risultato creativo ottenuto impiegando un’intelligenza artificiale, è «la velocità di reazione della tecnologia. Credo che in fase creativa aiuti a spingersi oltre rispetto a dove si potrebbe arrivare con la propria immaginazione». Instagram è una delle piattaforme in cui si dà “voce” a questo tipo di sperimentazione. Il creativo neozelandese Field Skjellerup, che nella vita lavora per una società di sviluppo tech, ha fondato l’account Instagram @Ai.clothingdaily dove posta look di moda creati esclusivamente con l’intelligenza artificiale generativa – usa, tra le altre, la piattaforma Midjourney con cui fu creata l’immagine di Papa Francesco vestito con un piumino simil Moncler – e che ha collaborato con Tommy Hilfiger: «La reazione delle persone a questi contenuti è molto forte e quanto oltre si può andare dipende sostanzialmente da quanto si vuole spingere». Per creare un’immagine si può dare all’Ai un prompt (comando) fatto di immagini o testo e l’elaborazione «può variare dai 10 minuti alle 7 ore: l’Ai produce e poi è l’essere umano a selezionare cosa elaborare o gli ulteriori comandi da impartire», spiega Skjellerup.

I nodi legali

Mentre il Parlamento Ue ha da poco votato a favore dell’Ai Act, il primo provvedimento che punta a regolamentare l’intelligenza artificiale in diversi ambiti, non mancano i nodi legali nell’utilizzo di questa tecnologia applicata alla moda. Che spaziano dagli obblighi di trasparenza per gli influencer virtuali al copyright sulle immagini che vengono usate come input per l’Ai :«Nell’Ai Act si sono privilegiati altri aspetti e per quanto riguarda la proprietà intellettuale si punta a usare norme che già ci dicono come declinare questo tema – sottolinea l’avvocato Elena Varese, partner Dla Piper – e sostengono che l’uso di questi sistemi di intelligenza artificiale generativa sia legittimo purché i dati usati per finalità di training non siano coperti da diritti IP alla cui riproduzione per tempi limitati i titolari abbiano preventivamente autorizzato». Secondo l’avvocato Varese, inoltre, i prodotti creati esclusivamente dall’Ai senza intervento umano «incontrano problemi ad essere coperti dal diritto d’autore: questo tipo di normativa, infatti, presuppone il carattere creativo che è il riflesso della personalità e discrezionalità umana». Sul piatto c’è anche il tema di quanto l’Ai sia in grado di elaborare in modo originale gli input: «Il prodotto è qualcosa di copiato e assemblato (una sorta di collage difficilmente distinguibile, ndr) o di completamente nuovo? È la domanda a cui si dovrà tentare di rispondere, soprattutto sul piano legale».

I casi di Gucci e Christie’s, Sease, Zalando

La storica casa d’aste Christie’s ha stretto una collaborazione con Gucci per creare una collezione di 21 Nft dal titolo “Future Frequencies: Explorations in Generative Art and Fashion”. Queste opere d’arte digitali – che sono all’asta a partire dallo scorso martedì, 18 luglio, e lo saranno fino al 25 luglio – sono state realizzate da diversi artisti digitali (tra cui Claire Silver, Botto o Emily Xie) alcuni dei quali hanno utilizzato intelligenza artificiale generativa. L’ispirazione per questa arte di nuova generazione è la collezione Bamboo 1947 di Gucci.

Invece il marchio di abbigliamento Sease, fondato da Giacomo e Franco Loro Piana, ha lanciato il nuovo sito realizzato con Diana E-commerce Corporation. L’annuncio del lancio è stato fatto attraverso un’interazione unica con ChatGPT, il modello linguistico avanzato di OpenAI. In questo modo Sease ha simulato una conversazione con l’obiettivo di comunicare il messaggio in modo efficace e creativo. La shopping experience online è pensata in continuità con quella fisica nel nuovo store milanese di via Manzoni 20.

Infine, la piattaforma tedesca multibrand Zalando sta sviluppando una versione beta (quindi ancora “sperimentale” e non definitiva) di assistente di vendita virtuale che impiega la tecnologia ChatGpt di OpenAI. L’obiettivo sarà quello di rendere sempre migliore l’esperienza di shopping online grazie a un vero e proprio assistente di vendita che possa non solo affiancare l’utente in caso di problemi nell’acquisto (per esempio: la scelta della taglia) ma anche indirizzarlo con consigli di stile su cosa indossare in una determinata occasione.

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