Intelligenza artificiale nuova frontiera per le Pmi
Dall’organizzazione del lavoro al controllo della spesa energetica le opportunità sono molte Errico (Confindustria): i piccoli sono veloci ad agire
di Barbara Ganz
3' di lettura
L’intelligenza artificiale sta già entrando nelle aziende: la sfida è capire come inserirla e declinarla nelle diverse realtà, a cominciare dalle piccole e medie imprese.
Verona ha ospitato il primo di una serie di eventi organizzati dalla Piccola Industria di Confindustria con Anitec-Assinform che si snoderà lungo due anni, visto il numero di territori - già oltre 20 - che hanno manifestato interesse. Con un approccio innovativo: niente esperti o docenti di nuove tecnologie in cattedra, ma le testimonianze dirette di chi sta sperimentando l’applicazione della AI, e i suoi benefici, anche in contesti di piccole dimensioni.
Proprio a Verona era stato lanciato il Piano Industria 4.0 , come sottolinea il presidente degli industriali Raffaele Boscaini che ricorda la presenza del Digital Innovation HUB - chiamato Speedhub - «con un team di sei persone, di cui tre ingegneri dedicati all’implementazione delle nuove tecnologie nelle imprese».
«Le Pmi sono un terreno ideale - sottolinea Paolo Errico, vicepresidente nazionale della Piccola industria con delega all’innovazione e transizione digitale - perché hanno una velocità di azione maggiore. In un contesto come questo, e in un momento storico tanto complesso, vedere l’opportunità di chiedere all’intelligenza artificiale come fare a razionalizzare il lavoro o ridurre la spesa energetica è essenziale». E non serve nemmeno personale dedicato: «Non c’è bisogno di avere in azienda un tecnico specializzato o un data scientist: ci sono software che fanno tutto il lavoro, presentando dei report immediatamente utilizzabili. Basta fornire loro i dati da analizzare».
E i dati ci sono, e in gran quantità: lo stesso piano nazionale Industria 4.0 ha portato quasi in ogni realtà nuovi macchinari capaci di compiere analisi e immagazzinare informazioni: «In molti casi ci si è limitati a portare a casa il vantaggio fiscale: oggi magari si scopre di avere già in azienda un macchinario che può fare molto di più. Ci sono anche software capaci di fare dialogare fra loro sistemi diversi con metodi diversi, uniformando i risultati».
Ma c’è un altro motivo per il quale l’intelligenza artificiale trova un contesto ideale a NordEst, come ricorda il presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro: «In molte aziende, compresa la mia, si sta alzando il livello di automazione: c’è un tema a livello nazionale di produttività da elevare, ma anche, soprattutto in queste zone, c’è la grande difficoltà di inserire nuove risorse umane, un genere che appare sempre più scarso».
Le Pmi «sono e saranno i maggiori fruitori dal punto di vista economico - ribadisce Giovanni Baroni, presidente Piccola Industria Confindustria - perché attraverso questo strumento si può recuperare efficienza nei processi e svolgere attività e affrontare problemi che un tradizionale software non poteva risolvere perché troppo complessi. A noi imprenditori il compito di non stare fermi, ma interrogarci per capire come l’AI possa far crescere le nostre imprese, nelle quali resta un gap di digitalizzazione: solo il 5% in Italia sta pensando o facendo primi tentativi di utilizzo dell’intelligenza artificiale. Mi aspetto un aumento esponenziale, siamo solo all’inizio».
Intanto la stessa AI cresce: «Pensiamo ai chatbot, quei meccanismi odiosi che ti fanno scegliere al telefono il tasto 1, 2 o 3. Ora stanno evolvendo, imparano a usare un linguaggio naturale e sono sempre più usati anche in ambito sanitario: basta chiamare e, dopo la prima volta, riconosceranno la nostra voce e sapranno già i problemi di salute precedenti per cui siamo stati curati. Ogni volta imparano un po’ di più su di noi e danno risposte più precise. Sono metodi che si possono usare per parlare con qualunque cliente. Se inseriamo intelligenza nei dati possiamo aprire grandi opportunità».
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