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Intercos, due anni in Borsa: ora focus sulle acquisizioni e un flottante più forte

Il colosso della cosmetica cresce a velocità superiore al mercato. Il ceo Semerari: «Ingresso in nuovi settori o maggiore presenza internazionale»

di Matteo Meneghello

Intercos. Il gruppo opera nella cosmetica, realizzando prodotti di make up conto terzi.

4' di lettura

Con una crescita a velocità superiore rispetto a quella del mercato, il bicchiere di Intercos, a quasi due anni dal debutto in Borsa, è per metà pieno. Ma ora, dopo avere confermato anche nella prima parte dell’anno la capacità di sovraperformare il mercato, per la società di cosmesi è arrivato il momento di accelerare lungo il sentiero che, nel novembre di due anni fa, in piena fase di riflusso post Covid, l’ha condotta alla quotazione.

Tra le priorità ci sono il rafforzamento del flottante e un approccio più concreto all’M&A, con un occhio particolare al mercato statunitense. Il semestre, intanto, ha come detto fornito indicazioni confortanti sul fronte dei volumi, ma anche confermato il progressivo esaurirsi della spinta, sul piano delle vendite, fornita dal processo di destocking avviato nella stagione post Covid.

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La fotografia

Il nuovo scenario che si trova a fronteggiare la società vede un mercato cinese in lento ma progressivo recupero e un mix di vendita trainato in questo momento dal mass market e dall’hair&body, ambito di business che presenta marginalità più basse rispetto al segmento prestige e alle divisioni skincare e make-up. «La situazione si sta normalizzando - spiega l’amministratore delegato, Renato Semerari -, ma la diversificazione del nostro portafoglio ci aiuta, e il mass market resta comunque una delle componenti che ci ha permesso di crescere in questi anni».

Non si tratta, sottolinea l’ad, di un segnale di riposizionamento strutturale: «Il mercato è ciclico, ma in generale la premiumization è una tendenza ineluttabile nel medio termine. Nel breve, i brand di mass market, meno esposti al mercato cinese e al travel retail, hanno livelli di inventario più in linea con i loro standard e quindi hanno un trend di ordini più costante. Prevedo in Estremo Oriente un ritorno alla normalità già a partire dalla fine di quest’anno». Dopo un avvio d'anno con ricavi in crescita del 32,7% a fine giugno (a quota 488,4 miliioni) e un Ebitda di 64,8 milioni (in aumento di 100 bps), esaurita la spinta del destocking, per la seconda parte dell'anno il gruppo si aspetta comunque una fase di consolidamento e risultati in linea con il secondo semestre dell'anno scorso.

Il percorso

Si tratta, per Intercos, di una conferma del sentiero di crescita imboccato con la quotazione, avvenuta nel novembre di due anni fa, dopo un tentativo fallito a causa del Covid. «Il mercato, nei mesi successivi alla Ipo, non è stato molto favorevole - ripercorre con la memoria Semerari -. Non sono stati mesi facili, ma siamo riusciti a restare quasi sempre sopra il prezzo di collocamento. Abbiamo mantenuto l’impegno di una crescita a tassi più sostenuti rispetto al passato e del mercato di riferimento in generale. Per il resto, restiamo convinti che la quotazione sia stato un passaggio fondamentale per darci una struttura di azionariato di lungo termine, tale da consentirci di sostenere la crescita».

L’assetto azionario

Sul piano dell’assetto azionario e della prevista e progressiva uscita dal capitale di alcuni soci di minoranza, «sta accadendo quello che ci aspettavamo – prosegue Semerari - vale a dire ciò che spesso accade a società come la nostra che hanno come azionisti private equity prima della quotazione». Lo scorso marzo i fondi Catterton (Cp7), e The Innovation Trust, controllata da Ontario Teachers’ Pension Plan (Otpp), hanno ceduto a investitori istituzionali complessivamente 5,5 milioni di azioni ordinarie, pari a circa il 5,7% del capitale sociale: «questo – aggiunge l’ad - ci ha consentito di aumentare il flottante a beneficio della liquidità del titolo, fattore determinante per intercettare l’interesse dei fondi istituzionali internazionali».

I due private equity controllano ancora però, in aggregato, una quota del 23%: in prospettiva, secondo le valutazioni aziendali, il flottante potrà, nel prossimo futuro, salire ulteriormente, fino al 50% (dal 36,2% attuale), a ulteriore beneficio della liquidità e dell’appeal del titolo. Una mossa che, a cascata, potrebbe avere effetti positivi anche nel caso si dovesse porre la necessità di portare avanti operazioni di acquisizione di grossa dimensione, anche se il percorso di crescita non organica in realtà sta ancora muovendo i primi passi.

M&A e private equity

«L’M&A - spiega Semerari - resta un potenziale ancora largamente inespresso per Intercos. Dopo l’ingresso nel settore hair&body nel 2017 attraverso l’acquisizione di Cosmint, abbiamo compiuto diversi tentativi, ma a parte alcune operazioni limitate relative ai mercati dell’India, dove abbiamo rilevato un impianto di produzione, e della Corea, dove siamo saliti al 100% della jv Shinsegae Intercos Korea, non siamo riusciti ancora a centrare gli obiettivi di crescita che ci eravamo posti. Un grosso ostacolo alla nostra politica di M&A è stata in questi anni, la concorrenza del private equity. Intercos non è semplicemente alla ricerca di maggiori volumi: puntiamo a una strategia di crescita legata all’ingresso in nuovi settori merceologici, o che ci dia la possibilità di accrescere la presenza internazionale presidiando nuovi mercati». Uno degli obiettivi principali, da questo punto di vista, è per esempio legato al rafforzamento della capacità produttiva nella skincare sul mercato Usa, dove l’azienda controlla già due stabilimenti, ma entrambi indirizzati al 95% nel make-up. «Guardiamo a opportunità diverse – conclude Semerari -, ma siamo interessati solo se in grado di generare valore in linea con gli obiettivi del piano industriale»

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