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Interior design, le pareti diventano trasparenti e «flessibili»

di Giovanna Mancini

4' di lettura

La vita di tutti noi è sempre più nomade, imprevedibile, soggetta a repentini e inaspettati mutamenti che ci portano a cambiare casa più spesso di una volta, o a viverla in modo differente a seconda dei periodi dell’esistenza e delle fasi della giornata. I contratti di lavoro sempre più di frequente hanno una durata limitata o prevedono fasi di “smartworking”: questo porta le persone a lavorare anche da casa, rendendo necessaria la trasformazione di alcuni ambienti domestici in piccoli uffici temporanei. Le famiglie si allargano o restringono con maggiore rapidità di un tempo e si diffonde l’esigenza di trovare spazi adattabili per ospitare più o meno persone a seconda dei periodi.

Flessibilità e dialogo

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«Oggi servono anche in casa, come avviene nei luoghi di lavoro, spazi il più possibile flessibili», conferma Michele Rossi, partner e cofondatore, con Filippo Pagliani, dello studio di architettura Park Associati. Che si tratti di una piccola mansarda in centro città o di una mega-villa al lago, un bravo architetto o designer, deve saper trovare la soluzione per dividere, aprire e chiudere, allargare o restringere gli spazi a seconda delle necessità. In modo non definitivo, ma attraverso elementi temporanei e mobili. Sempre meno mattoni , dunque, e sempre più pareti mobili o paraventi, elementi di arredo o persino piante: tutto entra in questo gioco mutevole di separazione e integrazione. Perché tutti, idealmente, «vogliamo più continuità tra gli spazi, ma poi ogni tanto abbiamo bisogno di ritrovare le divisioni tradizionali», nota Rossi.

Questo modo di interpretare gli spazi vale per tutta la casa: la cucina si apre verso la zona giorno, ma si può nascondere quando ci si siede a tavola o ci si accomoda sul divano per il caffè. Allo stesso modo il bagno si apre verso la camera da letto e si chiude all’uopo. Oppure si può dividere in due, con uno spazio più di servizio e un altro dedicato alla cura del corpo. E ancora: la camera da letto si fonde con la cabina armadio, ricavata con pareti mobili o utilizzando lo stesso armadio come “muro”.

Questa casa non ha più pareti

Soluzioni e strategie che funzionano tanto più negli spazi piccoli. Certo, è difficile ottenere gli effetti spettacolari raggiunti da Ludwig Mies van der Rohe nel Padiglione di Barcellona per l’Expo del 1929, «ma adesso anche negli appartamenti piccoli si possono fare ottimi lavori e creare belle sorprese», osserva Piero Lissoni. «Da quando faccio questo mestiere, il mio primo consiglio è sempre quello di eliminare gli spazi inutili – dice l’architetto –. Quando distribuisco una casa, riduco al massimo il numero dei corridoi, che forse avevano senso un tempo, quando le case erano vissute con altri ritmi e altre ritualità». Per Lissoni l’obiettivo è tenere le case il più possibile aperte. Via dunque le pareti, sostituite ad esempio da arredi a centro stanza o pareti temporanee, possibilmente trasparenti. «Una delle cose che ci ha insegnato l’architettura modernista è far dialogare i luoghi – aggiunge Lissoni – che siano le stanze di una casa oppure l’interno con l’esterno. Laddove si può, consiglio sempre di mettere in comunicazione gli spazi, buttare giù i muri e far entrare la luce, che è il vero lusso di oggi».

Aprite quella porta!

In quest’ottica, anche le porte assumono un significato diverso: oltre a chiudere e collegare stanze definite, oggi diventano dei separé tra spazi diversi all’interno di un unico ambiente ideale, grazie anche a soluzioni tecnologiche un tempo impensabili e spesso mutuate dai luoghi di lavoro. In vetro, scorrevoli, a soffietto, a scomparsa, a rotazione: oggi le proposte sul mercato sono innumerevoli e sofisticate, così come quelle di partizioni mobili. «Questi elementi ci consentono di lasciare aperti gli spazi quando voglio farli dialogare e chiuderli quando necessario», spiega Lissoni . Sono quasi più soluzioni di architettura che di arredamento e permettono di ottenere risultati molto belli anche in piccoli appartamenti.

Spazi virtuali e spazi reali

Per Roberto Palomba, il tema oggi è passare dal divisorio allo schermo. «Le librerie mi sembrano un elemento superato: le partizioni mobili oggi sono altre – dice l’architetto –. Preferisco usare le piante, che funzionano anche come filtri per la luce. Oppure le tende, ad esempio al posto delle ante di un armadio, per spezzare la rigidità dei muri». Anche l’uso dei paraventi è tornato di moda, ma con un valore diverso rispetto alla funzione di privacy che avevano nei contesti Liberty di inizio ’900. «Oggi diventano vere e proprie decorazioni, come quadri sospesi in mezzo alla stanza – spiega –. Elementi nomadi e leggeri per creare una seconda stanza quando serve o dividere in modo garbato zona pranzo e zona giorno».

Ma il “tocco personale” dell’architetto e del suo studio sono gli specchi: «Preferiamo creare ambienti virtuali che svuotare ambienti reali – sintetizza Palomba –. Creiamo sfondi per l’occhio, che si perde nel raddoppiamento dello spazio e non sente l’incombenza di un muro o di un ambiente».

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