Politica agricola comune

Intesa sulla Pac: 50 miliardi per l’Italia. Aiuti ambientali ridotti al 25%

L’accordo raggiunto tra Parlamento, Consiglio e Commissione dopo tre anni di negoziati. Perso il 15% dei fondi. Organizzazioni critiche sulla mancata semplificazione

di Alessio Romeo

(Image'in - stock.adobe.com)

3' di lettura

Sono serviti tre anni di negoziato (roba da far rimpiangere le vecchie maratone notturne sui prezzi), un paio di rinvii e la minaccia neanche tanto velata di ritirare la proposta, ma alla fina l’accordo sulla riforma della Politica agricola comune 2023-2027 è arrivato. È stato raggiunto oggi dal cosiddetto trilogo tra Parlamento, Consiglio e Commissione europea che ha sbloccato i principali nodi rimasti sul tavolo per la gestione dei circa 350 miliardi di finanziamenti europei al settore agricolo fino al 2027. Il 30% circa del budget totale dell’Unione contro il 40 della scorsa programmazione finanziaria 2013-2020.Il compromesso raggiunto prevede innanzitutto che un quarto (il 25% contro il 30 chiesto dall’Europarlamento e il 20 proposto dal Consiglio) degli aiuti diretti riconosciuti agli agricoltori sarà vincolato al rispetto di buone pratiche ambientali, nell’ambito di un menu fissato a livello Ue che i singoli Stati membri dovranno poi declinare nei piani strategici nazionali.

Nei primi due anni di applicazione del nuovo sistema – vale a dire nel 2023 e 2024 – la percentuale potrà scendere di cinque punti percentuali, ma sono stati fissati rigidi criteri per l’utilizzo a livello nazionale delle somme non richieste dagli agricoltori. Il 15% degli aiuti potrà essere destinato al sostegno di singole produzioni con pagamenti “accoppiati”, legati cioè ai prezzi. Gli Stati membri, inoltre, dovranno varare un pagamento redistributivo a favore delle aziende di minore dimensione, per un ammontare pari almeno al 10% della dotazione complessiva per gli aiuti diretti. L’obiettivo di redistribuzione potrà essere conseguito, in alternativa, facendo ricorso al plafonamento e alla degressività sui pagamenti di maggiore importo (da 85mila a 100mila euro).

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Non è passata la richiesta del Parlamento europeo che sollecitava un aiuto unico per tutte le imprese a livello nazionale entro il 2026. Le differenze tra gli importi attualmente erogati (la cosiddetta “convergenza interna”) saranno progressivamente ridotte in misura dell’85 per cento.

Altra importante novità riguarda l’inserimento di un “terzo pilastro” (accanto ad aiuti diretti e sviluppo rurale) dedicato alla condizionalità sociale della Pac con vincoli ai finanziamenti per le aziende che non rispettano le regole sul lavoro. La condizionalità sociale entrerà in vigore nel 2025, ma gli Stati membri hanno la facoltà di anticipare di due anni l’avvio. In sostanza, saranno multate le imprese che non rispettano i contratti e alcune normative europee sul lavoro.

Inoltre, ricorda l’europarlamentare Paolo De Castro, «sono stati raggiunti risultati inimmaginabili fino a qualche mese fa sul regolamento relativo alla Organizzazione comune dei mercati, con le misure sull’etichettatura del vino che rappresentano un importante traguardo per la trasparenza delle informazioni verso i consumatori fortemente voluto dal settore, così come l’estensione a tutti prodotti Dop e Igp della possibilità di effettuare programmazione della produzione per meglio rispondere alla sempre maggiore volatilità dei mercati».

Per l’Italia l’accordo vale circa 34 miliardi fino al 2027, che salgono a 50 considerando anche il cofinanziamento nazionale dei fondi per lo sviluppo rurale. Complessivamente il 15% in meno in termini reali rispetto alla passata programmazione secondo le stime di Confagricoltura, a fronte di un taglio medio Ue del 10 per cento. Ora la sfida sarà definire entro l’anno il Piano strategico nazionale, in accordo con le regioni, per l’attuazione della riforma.

L’accordo arriverà sul tavolo dei ministri Ue lunedì e dovrà essere poi approvato definitivamente dalla plenaria del Parlamento europeo. Per il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti «la riforma è stata migliorata ma non possiamo dirci soddisfatti dell’accordo raggiunto». In particolare, aggiunge, «dalla lettura dei testi ci sembra che non sia stato assolutamente centrato l’obiettivo della semplificazione amministrativa da tutti auspicato».

Gli ecoschemi, sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, «dovranno essere tradotti in misure semplici ed efficaci in termini di innovazione per consentire agli agricoltori di continuare nel percorso di sostenibilità già iniziato».

Per il presidente della Cia Dino Scanavino l’accordo va nella giusta direzione ma ora «non è più rinviabile la definizione del Piano strategico nazionale che permetta agli agricoltori italiani di essere all’altezza del cambiamento che gli si richiede».

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