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Intesa Sanpaolo apripista su settimana corta e orario di 36 ore. I sindacati frenano

Nella trattativa sulla flessibilità Ca’ de Sass avanza la proposta, secondo il contratto dei bancari, ma solo per gli uffici. I sindacati chiedono ristori ed equità tra i lavoratori

di Cristina Casadei

Aggiornato l’11 ottobre alle 21:34

Passera, 'così sarà la banca del futuro'

4' di lettura

Intesa Sanpaolo studia con i sindacati la settimana di lavoro di 4 giorni e 36 ore. Non più i canonici 5 per 37,5 ore, ma uno in meno, strutturalmente e a parità di stipendio. La prima banca del paese, che ha oltre 74mila lavoratori in Italia e 96mila a livello globale, si prepara a fare da apripista sulla nuova articolazione oraria che è al centro di una più ampia trattativa con i sindacati sulla flessibilità. Nella discussione tra l’istituto guidato da Carlo Messina e Fabi, Fisac Cgil, First Cisl, Uilca e Unisin rientrano infatti diversi capitoli che vanno dall’orario di lavoro fino allo smart working. Al momento le sigle sindacali si sono però riservate un approfondimento e una verifica legale per il tempo necessario a individuare le soluzioni migliori per i lavoratori.

La proposta di Intesa

La proposta che Intesa Sanpaolo ha avanzato alle organizzazioni sindacali è di articolare l'orario in 4 giorni alla settimana per 9 ore al giorno. La scelta del giorno “libero”, allo stato attuale della trattativa, potrebbe essere volontaria e ci sarebbe la possibilità di variare le giornate lavorate nel corso della settimana, dal lunedì al venerdì, d’intesa con il proprio responsabile. L’autorizzazione potrà essere concessa solo compatibilmente con le esigenze tecniche, organizzative e produttive aziendali. Le richieste avanzate potranno ricevere risposta, sia positiva che negativa, anche entro la fine del terzo mese successivo alla domanda. Tutto questo, ca va sans dire, sarebbe a parità di stipendio, come del resto prevede lo stesso contratto collettivo nazionale dei bancari Abi.

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Il contratto dei bancari

Il negoziato di Ca’ de Sass, infatti, rimanda direttamente al contratto collettivo nazionale dei bancari Abi e all’articolo 104 che riguarda l’orario settimanale e la sua articolazione. Vi si legge che l’orario di lavoro dei bancari deve essere di 37,5 ore settimanali. Fatte salve alcune previsioni contenute nei 6 commi successivi. Il comma numero 4 spiega, infatti, che l’orario settimanale è fissato in 36 ore nei casi di articolazione su 4 giorni (quindi 4 giorni per 9 ore) o su 6 giorni (quindi 6 giorni per 6 ore). Ma anche nei casi di articolazione dal lunedì pomeriggio al sabato mattina. O comprendenti la domenica. O in turni. O di cui all’articolo 105 del contratto.

La trattativa

Dal punto di vista normativo, la trattativa del gruppo Intesa Sanpaolo si muove nei confini del contratto collettivo nazionale di lavoro Abi e, a ben vedere, la nuova articolazione potrebbe portare un vantaggio in termini di minori ore lavorate ai lavoratori interessati, che passerebbero da 37,5 a 36 ore alla settimana. Dal punto di vista organizzativo però l’impianto della proposta sulla flessibilità sembrerebbe portare molti cambiamenti e per i sindacati, però, non mancano gli incagli. La proposta, infatti, al momento non sarebbe per tutti, ma solo per chi lavora negli uffici. Questo alle 5 sigle del credito non piace perché è un elemento divisivo che crea ulteriori differenze tra i lavoratori della rete e quelli di governance. È qui che si è aperto lo spazio negoziale, ma la trattativa ha subito una battuta d’arresto per diverse ragioni che Fabi, Fisac, First, Uilca e Unisin hanno riassunto in una nota unitaria. All’azienda chiedono di garantire una concreta fruizione dello smart working per tutti i comparti della banca,di individuare strumenti tecnici che permettano una reale disconnessione al termine del proprio orario di lavoro, l’erogazione piena del buono pasto anche per tutte le giornate lavorate in smart working e il riconoscimento di indennizzi per le spese energetiche e di connessione, oltre a un contributo per l’allestimento della postazione di lavoro. «I tempi cambiano e bisogna essere pronti a realizzare nuovi modi di lavorare», interpreta il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. «Lo abbiamo fatto durante la pandemia alla grande - ricorda Gros-Pietro - voglio ringraziare i nostri collaboratori che sono stati fantastici nel continuare a offrire tutto il servizio ai clienti nonostante le condizioni difficili. Cambiano le condizioni e bisogna prendere in esame come eventualmente cambiare le modalità di lavoro ma sempre con il sindacato. È prematuro parlare di risultati invece è vero che sempre noi lavoriamo con il sindacato».

Il ruolo di apripista

La settimana di lavoro di 4 giorni nel nostro paese è entrata in molti dibattiti ma non è mai riuscita a fare irruzione in nessun tavolo negoziale. Se però a proporla e a fare da apripista è la prima banca del paese, allora le cose potrebbero evolversi diversamente. Ma facciamo un passo indietro per capire il contesto. Il think tank “4 day week global”, nato nel Regno Unito su iniziativa di Andrew Barnes e Charlotte Lockhart, sostenuto da manager e accademici di diversa estrazione, è riuscito ad attrarre più attenzione in paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, la Nuova Zelanda e, in Europa, la Spagna, più che l’Italia.

Non mancano, però, alcune storie di flessibilità che vanno in questa direzione, come per esempio quella di Thun, che abbiamo raccontato sulle pagine di questo giornale. Nell’agone politico, invece, il tema della settimana di 4 giorni è stato sostenuto soprattutto dal Movimento 5 Stelle, senza però avere grande seguito pratico, soprattutto perché nel nostro paese c’è un tema forte di innalzamento della produttività, più che di diminuzione dell’orario di lavoro. Come finirà la trattativa in corso in queste ore tra il gruppo e i sindacati lo vedremo, forse, nelle prossime ore. Sicuramente riavvia un dibattito e riporta al centro la necessità di coniugare produttività, orario ed equilibri vita lavoro.

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