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Intesa Sanpaolo stanzia 1,5 miliardi per il sociale e mette a riserva gli extra profitti

Dopo UniCredit, l’istituto sceglie di accantonare a patrimonio circa 2,01 miliardi di euro, corrispondenti a 2,5 volte l’ammontare dell’imposta

di Luca Davi

2' di lettura

Dopo UniCredit, anche Intesa Sanpaolo non paga la tassa sugli extraprofitti. Il Cda della principale banca italiana ha optato per l’accantonamento a patrimonio di 2,5 volte rispetto a quanto dovuto per la tassa sugli extraprofitti: a riserva sono stati destinati circa 2,01 miliardi di euro, corrispondenti a 2,5 volte l’ammontare dell’imposta, che è pari a 828 milioni (di cui 797 relativi alla capogruppo e i restanti 30 relativi a Fideuram, Intesa Sanpaolo Private Banking e Isybank).

La doppia opzione

La decisione di Ca’ de Sass era in qualche modo attesa dagli operatori, ed è peraltro in linea con quanto da tempo filtra da molte banche attive sul mercato, come anticipato dal Sole 24Ore lo scorso 12 ottobre. Introdotta dal Governo nelle scorse settimane, la legge offre agli istituti una doppia opzione: o pagare un’imposta straordinaria pari al 40% sull’ammontare del margine degli interessi del 2023 che ecceda per almeno il 10% il margine d’interesse del 2021, con un tetto massimo dello 0,26% degli attivi ponderati per il rischio; oppure accantonare a riserva non distribuibile l’importo maggiorato, pari a 2,5 volte l’imposta, rafforzando così il patrimonio.

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La scelta delle big

Ovvio che di fronte a questo bivio, la scelta più ragionevole per le banche sia quella di accantonare quanto dovuto a capitale, anche per solo per tutelarsi dal rischio di possibili azioni di responsabilità da parte degli azionisti. Così ha fatto UniCredit martedì, annunciando un accantonamento pari a 1,1 miliardi («è la scelta più razionale», ha detto il ceo Andrea Orcel), così ha fatto mercoledì Intesa Sanpaolo. E altre banche seguiranno nei prossimi giorni, in coincidenza con l’approvazione delle trimestrali.

L’impegno per il sociale

Sempre mercoledì, insieme all’annuncio del mancato pagamento della tassa, il gruppo guidato da Carlo Messina ha però sottolineato anche la volontà di dedicare 1,5 miliardi a favore del sociale - di fatto il doppio di quanto dovuto per il balzello - per contrastare le disuguaglianze e favorire l’inclusione finanziaria, sociale, educativa e culturale. La quota è riferita nel complesso al quinquennio 2023-2027 ed è già inclusa pro-quota nelle prospettive di utile netto per il 2023-2025: di questa somma, circa un miliardo di euro è dedicato alle iniziative dedicate (tra cui erogazioni liberali, social loans, moratorie), mentre circa 500 milioni sono per i costi di struttura delle circa 1.000 persone dedicate al sociale.

Il ceo Carlo Messina, che a maggio aveva aperto all’ipotesi di una tassazione sugli extraprofitti condizionandola però alla lotta contro le disuguaglianze, in una nota ha ricordato come «nell’ultimo decennio abbiamo articolato in maniera sempre più ampia il nostro programma a favore dell’inclusione finanziaria, educativa e sociale; in particolare tra il 2018 e il 2022 il programma ha raggiunto una dimensione pari a 1 miliardo di euro».

Tornando a UniCredit, infine, da segnalare che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha migliorato il rating da “bbb” a “bbb+’”, un gradino sopra il rating sovrano dell’Italia. L’outlook rimane stabile.

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