Investitori in fuga dalle azioni cinesi: ecco le due ragioni di deflussi record
Dal 7 agosto le vendite di azioni cinesi da parte degli investitori internazionali sono ammontate al record di 10,7 miliardi di dollari.
di Morya Longo
I punti chiave
3' di lettura
Proprio mentre il presidente cinese Xi Jinping, parlando al vertice di Johannesburg, sollecita «un rapido ampliamento» dei Brics ad altri Paesi del Sud del mondo, sono gli investitori dei Paesi Brics (acronimo che indica Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) a voltare le spalle alla Cina. È un’indagine di Bloombertg Intelligence a svelarlo: i fondi e gli investitori dei Paesi emergenti sono diventati ribassisti nei confronti del mercato azionario cinese, aumentando il loro “sottopeso” a circa 100 punti base nel secondo trimestre dell’anno. Erano invece sovrappesati a fine 2022.
Ma non sono solo gli investitori dei Paesi emergenti a scappare dal mercato borsistico cinese: i dati di Bloomberg dimostrano infatti che a livello globale dal 7 agosto gli investitori internazionali hanno venduto azioni di società cinesi per un totale equivalente a 10,7 miliardi di dollari. Si tratta del più lungo deflusso di capitali mai registrato in Cina dalla banca dati di Bloomberg, che ha iniziato le rilevazioni nel 2016. Insomma: mentre il presidente Xi Jinping cerca di creare un blocco antagonista al dollaro, è in corso una fuga di investitori dal mercato borsistico cinese.
Ovviamente geopolitica e Borsa sono due cose distinte. Ma il forte deflusso di capitali dal mercato azionario cinese può essere anche interpretato come un campanello d’allarme per il presidente Xi: se viene piano piano messa in dubbio la forza economica della Repubblica popolare e soprattutto la capacità delle Autorità di intervenire per tamponare la crisi immobiliare e congiunturale, allora anche la forza diplomatica e politica della Cina può venire scalfita proprio in un momento in cui Pechino sta muovendo le sue pedine nello scacchiere globale. La Borsa è sempre la prima a mostrare i fenomeni. L’economia è più lenta. La politica ancora di più. Ma allo stato attuale la Cina sembra dimostrare ai mercati internazionali una certa impotenza nel contenere una crisi che non si sa dove possa arrivare: questo, prima o poi, potrebbe indebolire il Paese.
2023: fuga da Pechino
Per ora è il mercato azionario a mostrare malessere. Dalla chiusura del 7 agosto, quando sono emersi i problemi di liquidità della più grande società immobiliare cinese, Country Garden, la Borsa di Hong Kong ha perso l’8,66% e quella di Shanghai il 5,83%. Nello stesso periodo l’indice dei listini globali (Msci World) ha perso solo il 3,15%, quello delle Borse europee (Eurostoxx) l’1,82% e quello di Wall Street il 2,9%. Numeri che mostrano chiaramente quanto il deflusso di 10,7 miliardi di dollari si sia fatto sentire negli indici. Ad essere scaricate maggiormente dagli investitori - secondo i dati di Bloomberg - sono state società come Kweichow Moutai (liquori), LONGi Green Energy Technology Co (energie rinnovabili) e China Merchants Bank Co (credito). A dimostrazione del fatto che le vendite non riguardano solo il settore immobiliare.
Le ragioni degli investitori
I motivi di questa fuga sono sostanzialmente due. Innanzitutto la crisi immobiliare sta facendo rallentare l’economia (ormai ben poche banche d’affari ritengono raggiungibile l’obiettivo di crescita al 5% posto dal Governo) e sta mettendo in crisi i soggetti (bancari e non bancari) che hanno finanziato la grande espansione immobiliare cinese. La crisi di liquidità di Zhongrong, trust che ha finanziato la traballante Country Garden, dimostra che i problemi si stanno allargando: a tremare è ora l’intero sistema bancario “ombra”. Cioè quell’insieme di società finanziarie, trust e quant’altro svolga attività bancaria senza essere una banca e senza essere sottoposto alle rigide regole bancarie.
Ma la ragione principale di questa fuga degli investitori internazionali è un’altra: la presunta (fino ad ora) incapacità del Governo e delle Autorità cinesi di affrontare la situazione con strumenti credibili e potenti. Tutti gli interventi effettuati fino ad ora, per rilanciare l’economia e anche per ripristinare la fiducia dei mercati, sono stati piccoli, limitati e soprattutto non organici. Tanti piccoli tasselli, che insieme - agli occhi degli investitori internazionali - non compongono alcun puzzle. Anche il taglio dei tassi effettuato qualche giorno fa dalla Banca centrale cinese ha deluso, perché è stato nettamente inferiore alle attese. Questo significa che anche la Banca centrale, per evitare un eccessivo indebolimento dello yuan e per non penalizzare troppo il settore bancario, ha le mani legate e non può intervenire con la forza necessaria. Questo preoccupa gli investitori globali. Che riducono l’esposizione sull’azionario cinese.
loading...