Ipo e raccolta fondi più veloci: la Cina mette il turbo alle quotazioni
Le autorità di controllo fanno un passo indietro, contano le informazioni. Quattro anni di prove, adesso la riforma coinvolge tutte le Borse di Pechino
di Rita Fatiguso
3' di lettura
Il tanto atteso progetto di riforma delle Ipo in gestazione da quattro anni, basato sul sistema della registrazione tipica degli Stati Uniti, si è ormai concretizzato.
Ieri la China Securities Regulatory Commission (CSRC) ha pubblicato, in vista della raccolta di pareri, il progetto di regolamento che accelera il meccanismo delle quotazioni e la raccolta di fondi sul mercato.
La svolta avvantaggerà banche di investimento e fondi di private equity, ampliando il meccanismo adottato per la prima volta dal segmento Star di Shanghai che raggruppa le azioni tecnologiche, poi esteso al consiglio dell’indice ChiNext di Shenzhen sarà esteso ai consigli di tutte le piazze cinesi, Shanghai, Shenzhen e Pechino, l’ultima nata in ordine di tempo.
In base al testo diffuso non viene fissato alcun limite di negoziazione giornaliera per le azioni Ipo durante i primi cinque giorni di trattative. Le società quotate sono però ancora soggette al limite di negoziazione giornaliera del 10 per cento. «La riforma - ribadisce la CSRC - è progettata per dare il diritto di scelta al mercato e renderlo più trasparente e prevedibile». Attualmente, è la stessa autorità di regolamentazione a dare il via a trattative e a monitorare i valori delle quotazioni. D’ora in poi sarà più importante la modalità di circolazione delle informazioni sensibili mentre la CSRC farà solo un controllo formale per assicurarsi che le quotazioni siano in linea con la politica industriale nazionale.
Questo non vuol dire che le aziende potranno essere quotate a vita, i candidati devono sempre e comunque soddisfare determinate soglie e severi requisiti di divulgazione delle informazioni. La svolta, infatti, ha suscitato reazioni miste tra gli addetti ai lavori, c’è chi teme la pioggia di Ipo e il conseguente drenaggio di liquidità che ne conseguirebbe. Il che vale a dire maggiore instabilità finanziaria potenziale, proprio quella che Pechino vede come il fumo negli occhi.
Di pari passo procede anche il disegno di legge sulla stabilità finanziaria presentato dalla Banca centrale, una sorta di legge-quadro sulla quale il Parlamento cinese ha chiesto suggerimenti dal mercato entro il 28 gennaio.
Anche il XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese ha sottolineato che «è necessario rafforzare il sistema di garanzia della stabilità finanziaria e mantenere la linea di fondo della prevenzione rischi sistemici. Prevenire e disinnescare i rischi finanziari, in particolare prevenire i rischi finanziari sistemici, è un compito importante del lavoro finanziario».
L’emanazione della Legge di Stabilità Finanziaria, attualmente sconosciuta al sistema cinese, è stata inserita nei disegni di legge di prima revisione del Piano di lavoro legislativo del 2022 della Commissione permanente del Parlamento cinese. Un lavoro complesso, che prevede meccanismi di prevenzione a livello locale ma anche nella catena dei controlli e delle responsabilità in generale. Stigmatizzare i requisiti di accesso ai comportamenti vietati dei principali azionisti e dei controllori effettivi delle istituzioni finanziarie diventa impellente.
Un punto cruciale è quello di migliorare il monitoraggio dei rischi finanziari e il meccanismo di allerta. Per questa ragione la Banca centrale, insieme ai dipartimenti competenti del Consiglio di Stato, costruirà un database di infrastrutture finanziarie nazionali, condividendo e fornendo informazioni adeguate. Un ruolo importante viene affidato alle agenzie di gestione dei fondi di assicurazione dei depositi e dei fondi di sicurezza del settore che monitorano e segnalano i rischi finanziari, in conformità con la legge.
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