Ipsos: per più di due italiani su dieci l’emergenza Covid minaccia la democrazia
Secondo il 62,3% del campione l’elemento che potrebbe maggiormente influire è la crisi economica e la perdita di posti di lavoro, con il rischio di una crescita della rabbia e dell’invidia sociale. Il 78,7% delle persone interpellate chiede di rafforzare i meccanismi di democrazia diretta
di Andrea Carli
5' di lettura
Un costante calo di fiducia verso le istituzioni democratiche. Una partecipazione diretta nel processo decisionale che piace sempre di più. E poi il tema di attualità, la pandemia Covid-19: per più di due italiani su dieci è una minaccia per la democrazia; quasi sei su dieci si dichiarano delusi da quella forma di governo. Il giudizio sul comportamento delle forze politiche in questa situazione di emergenza, con lo spettro di una seconda ondata di contagi che si fa sempre più reale, è decisamente negativo: più di due italiani su tre ritengono che gli attori politici non stiano mostrando senso di responsabilità e compattezza di fronte alle sfide di questi mesi.
È la fotografia scattata da un’indagine sui corpi intermedi curata da Ipsos per Fondazione Astrid e Fondazione per la sussidiarietà, e presentata oggi a Roma nella sede del Cnel. C’è tuttavia l’altra faccia della medaglia: il rapporto degli italiani con la politica è caratterizzato da un forte interesse. Due terzi indicano un interesse almeno discreto (voti da 6 in su), con punte più alte tra le persone più benestanti, chi si colloca politicamente a sinistra e i pensionati.
Corpi intermedi sempre più in prima linea
Le vicende legate all'emergenza sanitaria sembrano avere rafforzato il ruolo dei corpi Intermedi la cui attività si è intensificata in più direzioni: punto di riferimento, sostegno nelle difficoltà (incluse quelle create dalla burocrazia), rappresentanza di interessi, centro di informazioni accreditate e di orientamento. Per tutti questi motivi si ritiene che siano stati e siano attori fondamentali della tenuta sociale in questa fase difficile, all'insegna dei valori della coesione, della solidarietà, dell'aiuto reciproco, dell'autorevolezza e competenza. E non ci sono molti dubbi sul fatto che il loro peso e il loro ruolo siano destinati a crescere anche quando questa fase così difficile sarà passata.
Tre canali per il reperimento delle informazioni
La ricerca presentata oggi, 15 ottobre, prende in considerazione il materiale raccolto attraverso tra canali. Il primo: un'indagine qualitativa su un campione ristretto di volontari italiani. Sono stati realizzati due blog online (due piattaforme di discussione e confronto per via telematica), proposti temi e argomenti specifici da parte dei moderatori, con conseguente commento e interazione dei partecipanti. Hanno partecipato due gruppi di volontari, divisi per fascia di età (25-45enni il primo, 46-70enni il secondo), per un totale di 50 partecipanti. L'indagine si è svolta nel novembre del 2019. Secondo canale: una serie di interviste con “opinion leader”, figure apicali nel panorama dei corpi Intermedi (associazioni imprenditoriali, Cccia (Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) , sindacati, cooperative, fondazioni bancarie, associazioni). Sono state condotte dieci interviste tra l'aprile e il maggio di quest'anno.Infine, il terzo canale per il reperimento delle informazioni: un’indagine demoscopica sulla popolazione italiana, realizzata su un campione di circa 2.000 persone, rappresentative della popolazione italiana adulta residente in base a criteri di genere, età, area geografica di residenza, livello di istruzione e condizione occupazionale. Le interviste, sviluppate attraverso un questionario strutturato, sono state effettuate a maggio via telefonica.
Più della metà del campione si dice deluso dalla democrazia
Il 56,2% del campione, quindi oltre cinque persone interpellate su dieci,una maggioranza di cittadini si dice deluso dalla democrazia. Sono soprattutto la lentezza dei processi decisionali (26,8%) e il costo economico percepito per il mantenimento delle istituzioni rappresentative (20,6%) a suscitare malcontento, mentre dell’ordinamento democratico viene apprezzata soprattutto la tutela delle libertà fondamentali (31,3%).
Il 78,7% del campione: più democrazia diretta
La delusione per gli assetti attuali del sistema democratico implica la ricerca di aggiustamenti, quando non di radicali alternative. Godono così di vasto consenso sia l'ipotesi di una redistribuzione dei poteri verso il basso (dallo Stato verso regioni e comuni) sia la suggestione della democrazia diretta. Se nel primo caso le opinioni sono associabili soprattutto agli orientamenti politici (collocazione a destra o nel centrodestra) e alla variabile territoriale (soprattutto per quanto riguarda i residenti nel Nord-Est) nel secondo è più una chiave di lettura legata alla marginalità economica e sociale a orientare le preferenze: disoccupati, operai, persone in difficoltà economica, lontane e disinteressate alla politica subiscono maggiormente il fascino della democrazia diretta. Il 78,7% del campione interpellato si dice favorevole al rafforzamento dei meccanismi di democrazia diretta in Italia, come referendum, leggi di iniziativa popolare, potere decisionale attribuito direttamente al popolo senza passare dai propri rappresentanti.
Lo spettro della crisi economica e la perdita del lavoro
C’è poi l'emergenza Coronavirus, che aggiunge un ulteriore elemento di sfida alla tenuta democratica del Paese. Per il 29,3% del campione la pandemia, con conseguente necessità di arginarla attraverso misure restrittive, è una minaccia per la democrazia in Italia. Circa la metà delle persone interpellate per l’indagine è dell’idea che potrebbero esserci dei rischi ma che alla fine non ci saranno gravi conseguenze. Secondo il 62,3% l’elemento che più minaccia in questo momento la democrazia in Italia è la crisi economica e la perdita di posti di lavoro, che potrebbero alimentare la rabbia e l’invidia sociale. Molto distanziati, a pari merito con una quota del 21,3% del campione interpellato dall’indagine, due elementi ulteriori: l’indebolimento della solidarietà europea e internazionale, con l’avanzata dei sovranisti, e le tensioni tra il governo centrale e quelli regionali.
La partecipazione degli italiani alla vita politica e sociale
L’Italia rimane un paese con tassi intermedi di partecipazione, interesse, conoscenza della cosa pubblica, che oggi viaggia anche sui social ma che non richiama l'interesse dei più giovani. Più di un terzo degli italiani si dichiara «socialmente attivo»: iscritto ad almeno un corpo intermedio tra associazioni, sindacati (le voci più frequenti), ordini professionali, movimenti, partiti o associazioni imprenditoriali. Tra le associazioni, prevalgono quelle attive in ambito sociale e culturale. I tassi di partecipazione sono sensibilmente più alti tra alcune categorie specifiche: più benestanti e istruiti, vicini alla religione o collocati politicamente a sinistra. La partecipazione è invece minore tra le casalinghe, gli studenti, i disoccupati e coloro che si dichiarano non interessati alla politica. La vita associativa ha subito senza dubbio gli effetti del lockdown: 4 persone interpellate su 10, tra quelle socialmente attive, registrano un'interruzione totale delle attività del loro gruppo, mentre un altro 16% dichiara che le attività sono proseguite solamente in minima parte.
Il ruolo dei corpi intermedi
L’emergenza Covid - 19 chiama in causa direttamente i corpi intermedi. Il quadro della fiducia li vede in gran parte non riscuotere un credito in tal senso dalla maggioranza degli italiani. Fanno eccezione però tre categorie: associazioni di volontariato, associazioni a tutela dei consumatori e fondazioni culturali. Se queste ultime hanno però un'importanza limitata, non particolarmente accresciutasi negli ultimi anni e solo in parte destinata ad aumentare in futuro, le prime due sono considerate già oggi in un processo di acquisizione di sempre maggiore rilevanza, distinguendosi così nel panorama dei corpi Intermedi. Per quanto riguarda le associazioni imprenditoriali, la loro importanza è considerata in crescita negli ultimi anni e, soprattutto, lo sarà in futuro. Quanto invece ai sindacati, dall’indagine Ipsos emerge che i livelli di fiducia e di rilevanza percepita (presente e futura) sono modesti. Il quadro dei giudizi di merito non è molto migliore: i sindacati non sono attrattivi per i giovani perché non li tutelano abbastanza (ma anche perché si sta perdendo la cultura della solidarietà sul luogo del lavoro), si avanzano dubbi sull'onestà dei sindacalisti e addirittura ci si spinge ad affermare che il sindacato abbia perso la sua funzione storica.
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