Israele elimina colonnello dei pasdaran a Teheran
Ucciso il vice comandante di un’unità segreta ritenuta responsabile di attacchi terroristici. Mercoledì misterioso incidente in un centro di ricerca nucleare
di Carlo Andrea Finotto
I punti chiave
4' di lettura
Israele torna a colpire in Iran. E lo fa in modo clamoroso: uccidendo un alto ufficiale dei pasdaran in pieno centro a Teheran. A riportare i dettagli dell’azione è il quotidiano statunitense New York Times, dopo che Israele ha informato l’amministrazione Usa dell’operazione.
A pochi giorni di distanza, dall’Iran arriva anche un’altra notizia che si inserisce nel delicato equilibrio del Medio Oriente: un “misterioso” incidente in una unità di ricerca del centro di Parchin, vicino a Teheran, mercoledì pomeriggio ha causato un morto e un ferito.
Colpita l’unità segreta dei pasdaran
Secondo quanto riporta il New York Times, è stato Israele ha informare gli Usa dell’uccisione di un ufficiale dei Pasdaran iraniani avvenuta domenica scorsa a Teheran. In un briefing con gli Usa Israele ha confermato di aver colpito il colonnello Sayyad Khodai in un’auto nel centro della città e che questi era il vice comandante dell’Unità 840 dei Pasdaran. Khodai è stato ucciso con cinque colpi d’arma da fuoco mentre era seduto in auto davanti alla propria abitazione.
L’Unità 840 è una squadra segreta - è stato spiegato dal quotidiano Usa - ritenuta da Israele responsabile di attacchi terroristici contro obiettivi occidentali e israeliani all’estero. Secondo il New York Times, che cita fonti dell’intelligence, con l’operazione Israele ha voluto inviare un messaggio all’Iran di fermare le operazioni dell’Unità dei Pasdaran. Unità la cui esistenza non è mai stata ammessa da Teheran.
L’incidente al centro di ricerca
Mercoledì un incidente ha coinvolto il centro di ricerca situato vicino a Teheran, nel complesso militare di Parchin. Si tratta di uno dei siti coinvolti nel programma nucleare iraniano fortemente osteggiato da Israele, che teme sia propedeutico alla realizzazione di armi nucleari. L’incidente è stato denunciato dal ministero della Difesa iraniano, citato dall’agenzia Irna. Un ingegnere – Ehsun Ghad Beigi – è morto e un altro è rimasto ferito.
Questo episodio non ha nessun legame apparente né con l’operazione di domenica, né, tantomeno, con Israele. Tuttavia va detto che il centro di ricerca di Parchin è sospettato dall’Aiea (L’Agenzia internazionale per l’energia atomica) di essere utilizzato dall’Iran per la realizzazione di alcuni test finalizzati allo sviluppo di armi nucleari.
I negoziati sul nucleare
Questi due recenti episodi si inseriscono nel delicato processo negoziale che da mesi sta cercando di resuscitare l’accordo sul nucleare del 2015 poi affossato nel 2018 dalla decisione dell’ex presidente Usa Donald Trump di ritirare gli Stati Uniti. Proprio nelle scorse ore, dal World Economic Forum di Davos, il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian ha invitato il presidente americano Joe Biden a porre fine alle politiche di Trump nei confronti dell’Iran, sottolineando che la finestra diplomatica è aperta.
Tuttavia, l’inviato degli Stati Uniti per i colloqui con l’Iran e le altre potenze mondiali ha affermato che le prospettive di rilanciare l’accordo sono «nel migliore dei casi, deboli». Dare a Teheran un sollievo limitato dalle sanzioni potrebbe comunque salvare l’accordo e fornire la base per un’intesa più ampia, ha detto Robert Malley alla commissione per le relazioni estere del Senato Usa.
Nel luglio 2015 era stato siglato il Piano d’azione congiunto globale, meglio conosciuto come Jpcoa, Joint Comprehensive Plan of Action, sottoscritto dall’Iran con Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Cina più la Germania: il cosiddetto accordo 5+1 (con l’Unione Europea). L’obiettivo era consentire a Teheran di portare avanti un piano per l’energia nucleare ma con la garanzia che non sfociasse nella dotazione di armamenti nucleari. Dopo l’affossamento dell’intesa, però, il piano di sviluppo iraniano sull’energia atomica è ripreso con l’entrata in funzione di moderne centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, tra le proteste e le preoccupazioni di Israele e, anche, della comunità occidentale.
In più occasioni, nel recente passato, alcuni centri di ricerca iraniani sono stati oggetto di incidenti che ne hanno compromesso il lavoro e Israele aveva eliminato anche il responsabile del programma nucleare di Teheran.
Il tentativo di ripristinare l’accordo sembra ora in una fase di stallo: i negoziati si sono bloccati negli ultimi mesi e i diplomatici hanno avvertito che i progressi sono sempre più improbabili. Malley ha affermato che Washington e i suoi partner europei erano convinti di poter convincere l’Iran in cambio di alcune sanzioni, pur continuando a prendere di mira le “altre attività pericolose” di Teheran.
Brian Nelson, sottosegretario al Tesoro per il Terrorismo e l’Intelligence finanziaria, ha affermato che «gli Usa continueranno a imporre rigorosamente sanzioni contro il commercio illecito di petrolio iraniano», aggiungendo che «chiunque acquisti petrolio dall’Iran deve affrontare la prospettiva di sanzioni statunitensi».
Il fronte del petrolio
Il petrolio, nel frattempo, è risalito dopo che le scorte di greggio e benzina negli Stati Uniti si sono ulteriormente ridotte in vista della stagione estiva. I futures del West Texas Intermediate sono saliti a 111 dollari al barile, estendendo il loro guadagno quest’anno al 47%.
Un accordo nucleare potrebbe riportare sui mercati internazionali da 500mila a 1 milione di barili al giorno di greggio iraniano, abbastanza da influire sui prezzi. L’accordo del 2015 aveva limitato le attività nucleari di Teheran in cambio dell’allentamento delle sanzioni, comprese le esportazioni di petrolio.
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