Satelliti&finanza

Iridium inaugura l’era della Space Economy: mercato da 80 miliardi

dal nostro inviato Simone Filippetti

La missione Iridium 1. Foto tratta dal sito di Space X

4' di lettura

PARIGI. A fine ottobre, dalla base militare di Vanderberg, a nord di Los Angeles, in California, un missile targato SpaceX, la compagnia spaziale privata del tycoon Elon Musk, il papà della Tesla, lancerà nell'atmosfera 10 satelliti. Sono stati costruiti tra l'Aquila, Madrid e Charleroi dalla Thales Alenia Space e sono l'ultimo “lotto” di Iridium Next, una nuova generazione di comunicazioni satellitari a banda larga. A quel punto il mega programma della compagna americana Iridium sarà completato: 75 transponder nuovi di zecca orbiteranno, a bassa altitudine, a attorno alla Terra.

È la più grande costellazione di satelliti per le telecomunicazioni al mondo: coprono tutta la superficie terrestre a una distanza di 50km l'uno dall'altro (pochissimo, normalmente sono migliaia di chilometri); ciascuno è sempre affiancato da altri apparecchi (a nord, sud, est ed ovest): un assetto che permette di mappare ogni angolo del pianeta.

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Ci sono voluti 11 anni: Iridium, società quotata al Nasdaq che a inizi anni Duemila era destinata a morire e oggi capitalizza oltre 2 miliardi, ha sostituito la sua intera flotta di satelliti. Un piano complesso che nessuno fa nell'industria: meno costoso lanciarne di nuovi e lasciare alla deriva quelli obsoleti; infatti fanno tutti così col problema dei detriti spaziali e ormai l'atmosfera è una sorta di discarica. Iridium invece ha totalmente rimpiazzato la vecchia costellazione con una nuova. Nell'ultimo anno e mezzo, mese dopo mese, sono stati spediti in orbita satelliti che si sono posizionati accanto agli esistenti: i nuovi hanno preso il posto dei vecchi che sono stati letteralmente spenti (circa 50 sono precipitati, disintegrandosi nell'atmosfera).

Dimenticate la New Economy, la Sharing Economy o la Circular Economy. La nuova frontiera del “big business” è la Space Economy. Per decenni lo spazio è stata un'industria di nicchia, fatta da ingegneri e grossi contractor, che vivevano essenzialmente di ricerca e sussidi pubblici. Un mondo a sé stante con poca percezione e poco impatto sulla vita quotidiana; roba da scienziati e tecnici super specializzati chiusi in laboratori dove si lavora con camici, mascherine e cuffie per i capelli. Anche i tempi erano da ministero o università: i programmi spaziali si contavano su tempi di 15 anni e un'azienda come Thales Alenia Space in un anno costruiva 2 o al massimo 3 satelliti.

«Per il programma Iridium, abbiamo consegnato 5 satelliti al mese – nota Jean Logic Galle, il ceo di TAS – è stato uno sforzo tecnologico e produttivo enorme che ci ha proiettato in una nuova era». Il progresso è stato impressionate ed è stato spinto dal continuo bisogno di tracciamento dell'industria commerciale.

Oggi i satelliti sono ovunque e consentono mille lavori: dal navigatore di un auto, alle mappe di Google sul telefonino, o al pc al polso di un corriere che consegna un pacco di Amazon in un paesino sperduto della Calabria. La casalinga di Voghera non se ne accorge nemmeno, ma è dentro la Space Economy ogni giorno: un mercato che vale (sono stime) 80 miliardi di dollari. «Le tecnologie spaziali stanno entrando nella vita quotidiana delle persone, è un'evoluzione che si muove velocissima», spiega Luigi Pasquali, coordinatore di tutto le “Space Activities” di Leonardo e ceo di Telespazio, dalle sale del Westin Hotel di Parigi, che ospita la Satellite Business Week, la “Cernobbio” mondiale dell'industria dei satelliti.

La banda larga via satellite (che in Italia aveva uno sfortunato pioniere nella defunta NetSystem di Arturo Artom, forse troppo in anticipo su tempi) è la nuova autostrada digitale, in un mondo sempre più affamato di dati e informazioni. Le applicazioni commerciali si stanno moltiplicando: dai disastri naturali (come l'uragano Jebi in Giappone) alla sicurezza dei confini (i movimenti delle navi Ong che trasportano gli immigrati), all'agricoltura, fino ai trasporti marittimi, la geo-osservazione è un campo sterminato.

E in futuro, i satelliti faranno business intelligence per le aziende: per esempio, contare le auto in sosta nel parcheggio in un centro commerciale. La domanda di servizi è in continuo aumento e i clienti sono i più disparati: Iridium è arrivata a quota 1 milione nei mesi scorsi, grazie ai nuovi satelliti di TAS con dentro tecnologia anche Made in Italy.

Il completamento della costellazione, già operativa da tempo, ha fatto ingranare la quarta all'azienda Usa: nel 2017 su 448 milioni di dollari di fatturato, Iridium ha realizzato profitti per 234; una macchina da soldi, uno ogni due dollari incassati. Nell'ultimo trimestre, però, c'è stata una battuta d'arresto, con una perdita di 4 milioni dovuta ai costi di ammortamento dei nuovi satelliti spediti in orbita; il 2018 comunque dovrebbe chiudersi con un Mol di 300 milioni.

Un mercato che promette di essere un nuovo Eldorado (e non a caso un visionario col fiuto del business come Musk ci si è gettato a capofitto): il prossimo anno Telespazio, altra gamba spaziale di Leonardo e Thales assieme a TAS, lancerà un'altra costellazione di satelliti da geo-osservazione chiamata Space Flight.

L'ex banchiere Alessandro Profumo, oggi a capo di Leonardo, da tempo un occhio aperto sulla Space Economy: l'inaspettato blitz su Vitrociset, l’azienda romana di Edoarda Crociani che ha anche un gamba nello spazio (manutenzione e logistica), battendo al fotofinish la cugina-rivale Fincantieri va proprio in quella direzione. «È un'operazione coerente con i piani di Leonardo per l'industria aerospaziale – commenta Pasquali – e ci sono molte sinergie con Telespazio».

La space economy, tra fusioni & acquisizioni e crescente domanda di servizi, è in pieno boom, ma una buona fetta dei finanziamenti a monte dell’industria spaziale viene ancora dai Governi. I privati sono ancora delle mosche bianche perché finanziare programmi spaziali richiede capitali ingentissimi con rischi enormi: c'è qualche venture capitalist come Frederic Rombaut del fondo inglese Seraphim.

Il sostegno finanziario pubblico è indispensabile: proprio in questi mesi, a Bruxelles c'è in discussione il prossimo piano settennale per l'aerospazio. L'Ue ha due programmi satellitari in corso, Copernicus e Galileo, dove TAS e Telespazio sono tra i main contractor: il budget che i parlamentari dovranno votare è di 16 miliardi di euro. Una montagna di denaro per la Space Economy.

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