Iron Dames, un team tutto al femminile alla guida di una Ferrari da competizione
Gare storiche e una web serie dedicata. Manuela Gostner, una delle quattro componenti della squadra, racconta come il motorsport non sia solo una prerogativa maschile.
di Camilla Colombo
4' di lettura
Oggi, nel mondo, ci sono circa venticinque-trenta donne pilote professioniste. Se il numero appare ancora molto basso – e lo è – è incoraggiante notare che, rispetto a una decina di anni fa, la quantità di ragazze che si sono avvicinate al mondo del motorsport è cresciuta. L'epoca delle eccezioni, leggi alla voce Michelle Mouton, talento naturale del rally, classe 1951, forse, sta per avviarsi alla conclusione. A rendere il settore delle quattroruote un po' meno maschile, e maschilista, ci stanno pensando quattro donne che fanno parte di un team internazionale dall'identità, e dal nome, molto chiari: Iron Dames.
A dare vita al progetto Iron Dames sono stati la passione e l'impegno di Deborah Mayer, pilota della Ferrari Challenge, del programma Ferrari XX e delle Competizioni GT, che circa tre anni fa ha deciso di formare un equipaggio automobilistico tutto al femminile, con il contributo del Racing Team Iron Lynx. Manuela Gostner, insieme alla danese Michelle Gatting, alla svizzera Rahel Frey e alla project manager Mayer, sono le componenti della line-up che ha iniziato a partecipare alla European Le Mans Series e alla 24 Ore di Le Mans con una Ferrari 488 GTE. A fine febbraio 2021, al circuito del Mugello, hanno presentato la web serie omonima, per raccontare la loro Racing Beyond Limits: 6 episodi da 20 minuti ciascuno, che alternano momenti di gara, interviste ai box e attimi di vita quotidiana fuori dal paddock.
«Ho fatto la prima prova per il team nel 2018, al circuito Paul Richard a Le Castellet, nel sud della Francia», mi racconta su Skype Manuela Gostner, altoatesina di 36 anni con un passato da sportiva nella pallavolo. «Ho iniziato ad avvicinarmi al motorsport grazie a mio padre e a mio fratello che mi hanno fatto scoprire il mondo delle Ferrari Challenge, dove avevano un loro team, essendo grandi appassionati di motori. Mi è così piaciuta questa realtà, che ho deciso di partecipare in prima persona. Ed è proprio dopo una gara vinta nella Ferrari Challenge, che sono stata scelta per diventare una Iron Dames».
I passi necessari per entrare, da professionista, nel settore sono pochi, ma fondamentali. «Si inizia andando in pista tutto il giorno, noleggiando un'auto, comprando le ore per guidare, ottenendo la licenza di guida e avendo un buon coach. È inutile negarlo: è uno sport costoso. È un investimento da fare solo se credi davvero che questa attività, oltre a una passione nel tempo libero, possa diventare qualcosa di più», commenta Gostner. «Il coach è importante, soprattutto all'inizio, per insegnare le cose più semplici, da come indossare il casco alle tecniche di guida, al mettere in pratica rapidamente la teoria. Farsi esaminare con la telemetria, analizzando dati, grafici, punti di frenata, non è facile, perché non puoi nascondere nulla dei tuoi errori, ma è il modo migliore per imparare». Lo svantaggio di iniziare a correre da adulti, e non da ragazzini, è la consapevolezza del limite e della paura. C'è una maggiore componente di ragionamento e di riflessione da adulti, rispetto all'istinto e all'incoscienza che guidano da piccoli. «È la sfida fra testa e dna».
Un confronto simile si presenta anche fra uomini e donne, quando corrono in pista. «Spesso con i piloti dobbiamo dare prova della nostra capacità, dimostrare di avere talento e professionalità e di saper andare veloci, come loro», racconta Gostner. «La verità è che non c'è una differenza di performance fra uomini e donne, non c'è uno scarto di capacità nell'andare forti. È la mentalità che ci distingue, come nella vita. Abbiamo un dna diverso, gli uomini sono più impetuosi, hanno meno paura di sbagliare e rischiare. Noi donne ci mettiamo più testa, metodo, riflessione e prudenza. Lavoriamo per costruirci la fiducia».
La prima Ferrari Challenge a cui ha partecipato risale al giugno del 2014 sul circuito di Brno - «avevo una tensione estrema», ammette Gostner. Le gare che più l'hanno entusiasmata, invece, sono la 24 Ore di Le Mans e la prima sfida dell'European Race a Le Castellet. «Era la prima competizione da professionista, con tutti grandi, Alonso, Button», ricorda, emozionata, ancora oggi. «In pista vivo più momenti di paura che di assenza di paura, perché ci vuole coraggio ad andare a 300 km/h con altre 20-30 macchine e fare in curva i 250, magari di notte e con la pioggia. È oggettivamente pericoloso. Questo non toglie che correre a Imola, Silverstone o a Daytona sia un'esperienza impareggiabile. Non vedo l'ora di tornare in pista per la nuova stagione e mettermi alla prova nei diversi campionati». Ovvero Wec (World Endurance Championship), Euro Le Mans Serie, Michelin Le Mans Cup e Ferrari Challenge.
Il ruolo del team, l'importanza dell'affiatamento in squadra, come il giusto allenamento preparatorio, fatto di bicicletta, resistenza muscolare, esercizi di reazione visiva, sono tutti tasselli di un puzzle che compone la vittoria. «A differenza di quanto si crede, correre su un circuito è uno sport di squadra, dove si vince o si sbaglia insieme. La presenza delle donne sta crescendo anche nelle altre professioni che ruotano intorno alla guida, ingegneri, meccanici, giornaliste, ma sono ancora poche le ragazze rispetto agli uomini». Per questo, per ora, non c'è ancora un Lewis Hamilton di nome Judy o Ludovica.
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