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Irpef, si può ridurre il secondo acconto di novembre o gennaio

Chi prevede un calo del reddito o ha cessato l’attività può applicare il previsionale anche se beneficia del rinvio al 2024

di Francesco Capri, Francesco Manfredi e Marcello Tarabusi

7' di lettura

Ho cessato l’attività di commerciante nel corso del 2023 ma non ho ancora percepito la pensione, che comincerò a ricevere solo dal prossimo anno. Posso evitare di versare l’acconto a novembre?

L’acconto per l’anno in corso va versato, se supera 257,52 euro (206 per chi applica gli Isa e per i forfetari), in due rate: la prima è pari al 40% per la generalità dei soggetti Irpef, e al 50% per gli autonomi soggetti a Isa e i forfetari, e va versata insieme al saldo dell’anno precedente (il decreto attuativo della delega fiscale in tema di Adempimenti, approvato in via preliminare dal governo lo scorso 23 ottobre consentirà la rateazione fino al 16 dicembre); la seconda rata è pari al 60% (50% per soggetti Isa e forfetari) e va versata entro il 30 novembre. Per i soggetti Irpef con partita Iva e fatturato inferiore a 170.000 euro la seconda rata 2023 è rinviata al 16 gennaio ed è pagabile in cinque rate . Per tali soggetti la scadenza «novembre» va intesa «16 gennaio 2024».
L’acconto è pari al 100% dell’imposta dovuta, ma esistono due metodologie di calcolo. Il metodo “storico” si basa sull’imposta dovuta per l’anno precedente: per l’Irpef, il rigo “Differenza” (quest’anno: RN34) del modello Redditi, ossia la differenza tra l’imposta lorda e le detrazioni, i crediti d’imposta e le ritenute subite. I versamenti da fare nell’anno saranno pari all’importo del rigo RN34, suddivisi in due rate eguali per i contribuenti soggetti agli Isa e per i forfetari, nella percentuale 40%-60% per tutti gli altri (se il dovuto è pari od inferiore a 52 euro, non c’è obbligo di versare acconti). Chi segue questa impostazione, a novembre verserà la seconda rata specificamente indicata in apposito rigo della dichiarazione (per quest’anno, è RN62, colonna 2).
Il metodo previsionale, invece, consente di versare acconti inferiori a quelli basati sullo “storico”, se si prevede che l’imposta dovuta sarà più bassa dell’anno precedente, tenuto conto di possibili variazioni per riduzione del reddito, o sostenimento di maggiori oneri o spese, ma anche delle variazioni di aliquota.
La scelta di ridurre l’acconto dovuto a novembre deve essere ponderata bene, perché la riduzione che viene stimata sarà poi essere confrontata, al momento di presentare la dichiarazione per il periodo di imposta per il quale sono stati versati gli acconti, con il valore che risulterà dal rigo “Differenza” per tale anno: se il versamento dell’acconto risulterà inferiore a tale valore, si applica una sanzione, comminata a seguito dei controlli automatizzati ex art. 36-bis DPR 600/1973, pari al 30% delle somme versate in meno (esempio; Differenza Redditi 2024 = 3.000; acconto versato nel 2023 = 2.000; versamento carente = 1.000; sanzione = 1.000 x 30% = 300 euro). Rimane impregiudicata, per il contribuente, la facoltà di versare entro 30 giorni dall’avviso, con riduzione della sanzione al 10%, e quella di avvalersi del ravvedimento operoso, con sanzioni ridotte in varia misura, a seconda del momento in cui si sana il versamento carente. Un esempio classico in cui si prevede la riduzione del reddito è quello del professionista o imprenditore che cessa l’attività nel corso del 2023; ma anche il socio in società di persone che nell’anno ha ceduto le proprie quote a soggetti estranei alla compagine sociale (mentre, secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, eventuali passaggi di quote tra soci attuali hanno effetto, ai fini dell’imputazione del reddito della società, solo dall’anno successivo).
Quanto ad oneri e spese, è di particolare impatto l’eventuale riscatto a fini previdenziali della laurea o degli anni di pratica professionale. Nel decidere se utilizzare il metodo previsionale non basta però considerare esclusivamente il minor reddito o i maggiori oneri o spese: potrebbero, infatti, venire meno altre detrazioni o deduzioni, spingendo l’Irpef verso l’alto. Potrebbero, ad esempio, venir meno le rate per ristrutturazione (godute in quote annuali negli anni precedenti); oppure l’Irpef del 2022 potrebbe aver scontato spese per interventi o cure particolarmente dispendiose che non si ripeteranno. In sintesi: non basta che il reddito sia calato per giustificare il versamento di un minor acconto a novembre, ma occorre confrontare le spese sostenute nel 2022 con quelle stimate per il 2023.

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Partita Iva sotto i 170mila euro: il secondo anticipo va al 2024

Sono un piccolo professionista che ha qualche difficoltà a versare integralmente l’acconto Irpef dovuto per novembre di quest’anno, a causa di una temporanea difficoltà ad incassare i crediti dai clienti. Già a giugno avevo avuto la necessità di rateizzare; posso farlo anche per il secondo acconto?

In base a quanto disposto dal decreto collegato alla manovra 2024 (Dl 145/2023), per la prima volta si supera la precedente impostazione, che non permetteva di dilazionare l’acconto di novembre.
Per il solo acconto 2023 vengono offerte due alternative: versare quanto dovuto senza interessi entro il 16 gennaio 2024, oppure in cinque rate uguali a cadenza mensile con interessi del 4% su base annua, la prima entro il 16 gennaio 2024.
Ma non vale per tutti; occorre rispettare due requisiti: essere titolari di partita Iva, e non aver conseguito ricavi o compensi superiori a 170.000 euro nel 2022. Il beneficio – salvo modifiche al testo in conversione - non si applica ai soci di società, anche se quest’ultima rientra nei limiti dimensionali. Poiché oggetto della dilazione sono le imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi, il rinvio non vale solo per l’Irpef, ma anche per cedolare secca, Ivie, Ivafe e imposta sostitutiva dovuta dai contribuenti forfettari. Sono invece esclusi i contributi previdenziali Inps ed i premi assicurativi Inail. Rimane impregiudicata la possibilità di applicare il metodo previsionale (si veda il quesito principale).

Cedolare secca, cifra riducibile ma occhio all’aliquota 2024

Ho un appartamento in una località turistica che affitto tramite portale online. Quest’anno la stagione estiva è stata nettamente peggiore dello scorso anno: posso evitare di versare il secondo acconto della cedolare secca?

In linea teorica è possibile, ma occorre verificare attentamente gli importi e le possibili evoluzioni. La disciplina generale prevede che il locatore di immobili ad uso abitativo, che non agisce nell’esercizio di attività di impresa, possa optare per il pagamento della cedolare secca, un’imposta del 21% sul canone lordo (senza alcun abbattimento forfettario né deduzione di costi). Questo regime dal 2017 è applicabile anche agli affitti brevi e turistici, anche se stipulati tramite agenzie immobiliari o portali online. Il Dl 50/2017 prevedeva inoltre che le piattaforme operassero direttamente una ritenuta del 21% in qualità di sostituti d’imposta, ma ciò non sempre si verifica (specie per i portali esteri). L’obbligo è contestato (pende ricorso al Consiglio diStato) e, nonostante la Corte di giustizia Ue (sentenza 22 dicembre 2022 n. C-83/21) abbia confermato la legittimità delle regole italiane, ancora oggi spesso le ritenute non sono applicate. Se manca la ritenuta, valgono le medesime regole dell’Irpef. Pertanto l’acconto del 2023 è pari al 100% dell’imposta 2022, e si versa in unica soluzione entro il 30 novembre, se inferiore a 257,52 euro; se superiore, in due rate, la seconda pari al 60% entro il 30 novembre (non rateizzabile).
Chi prevede per quest’anno un minor reddito soggetto a cedolare, può determinare gli acconti in base alla minore imposta prevista, ma se a consuntivo risulterà che l’acconto è inferiore alla cedolare realmente dovuta, si verrà sanzionati sul maggior importo.
Prudenza, quindi: il disegno di legge di Bilancio prevede un incremento dell’aliquota al 26% per chi affitta due o più immobili; se la nuova aliquota dovesse decorrere dal 2023, il calcolo previsionale ne dovrà tener conto.

Superbonus 2022, chi spalma in dieci anni può ridurre la rata

Nel 2022 ho eseguito lavori con superbonus 110%. Devo spalmare il credito in 10 anni anziché in 4, per incapienza sull’Irpef. Dato che mi pare che questa opzione comporti il “salto” di una annualità, posso ridurre la seconda rata di acconto Irpef in scadenza il 30 novembre?

Sì, con la dovuta accortezza è possibile procedere con la riduzione utilizzando il metodo previsionale. L’articolo 119, comma 8-quinquies del Dl 34/2020, come integrato dall’articolo 2, c. 3-sexies del Dl 11/2023, dispone che l’opzione, irrevocabile, per ripartire il superbonus in dieci annualità vada esercitata nella dichiarazione relativa al 2023 (quindi, nel modello Redditi o 730 del 2024), purché la prima rata di detrazione relativa al periodo d’imposta 2022 non venga indicata nella dichiarazione dei redditi da presentare nel corso del 2023. In tal modo il reddito 2022 non beneficia del bonus, che invece è applicabile dal 2023, generando una riduzione delle imposte dovute rispetto all’anno 2022. In assenza di altre variazioni che potrebbero aumentare il reddito o l’imposta, si può certamente calcolare il secondo acconto con il metodo previsionale.
Se il primo acconto versato copre l’intero dovuto in base a questo metodo, si potrà addirittura evitare il versamento in scadenza al 30 novembre. I conteggi vanno fatti con attenzione e prudenza, per evitare rischi di carente versamento (si veda il quesito principale).

Immobili e investimenti esteri: è ammissibile pagare meno

Avevo un solo immobile ed alcuni investimenti all’estero. Il 20 giugno ho venduto la casa e poi ho liquidato tutti gli investimenti. Sono tenuto a versare l’acconto Ivie e Ivafe a novembre?

L’Ivie e l’Ivafe hanno, come presupposto, il possesso di immobili e di attività finanziarie all’estere, e si versano secondo le scadenze Irpef, quindi con due acconti, calcolati sulle imposte liquidate per l’anno precedente, il secondo a novembre.
Per l’immobile venduto il 20 giugno, poiché il possesso per oltre 15 giorni viene conteggiato come mese intero, l’imposta sarà dovuta per l’intero semestre; in assenza di variazioni nell’imponibile, il primo acconto copre l’intera imposta dovuta, e quindi non è necessario versare l’acconto a novembre. Per le attività finanziarie detenute all’estero è più complesso stabilire se il primo acconto è sufficiente: per quelle non quotate è più agevole, dal momento che, nella maggior parte dei casi, il riferimento è il valore nominale, che non è soggetto a fluttuazioni significative (salvo oscillazione cambi per valute diverse dall’euro). Per le attività finanziarie quotate in mercati regolamentati, il valore da considerare è invece quello di mercato, che può modificarsi anche significativamente: è quindi sconsigliato non versare acconti a novembre.

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