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Isolamento e crisi economica, ondata mondiale di «suicidi da coronavirus»

Studio shock: negli Usa 75mila persone si toglieranno la vita per la crisi del Covid-19. Suicidi in aumento anche in Italia, più della metà sono imprenditori

di Enrico Marro

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3' di lettura

L’esercito di oltre 280mila vittime ufficiali del coronavirus è solo la punta dell’iceberg. Non solo perché ci sono anche quelle “ufficiose”, un secondo esercito dai contorni incerti ma comunque enorme, sconosciuto alle statistiche del virus perché nel caos dell’emergenza non ha ottenuto né tamponi né diagnosi. In queste settimane, nei prossimi mesi e probabilmente nei prossimi anni, purtroppo, ai primi due eserciti di vittime se ne aggiungerà un terzo: quello dei suicidi. Dovuti alla disperazione per quarantene e lockdown, ma anche ai contraccolpi dela peggior crisi economica degli ultimi settant’anni. Che in Paesi particolarmente fragili, come l’Italia, rischia di avere tempi lunghi e dolorosi.

Negli Usa si stimano 75mila suicidi
Negli Stati Uniti uno studio fresco di stampa, redatto dal Well Being Trust e dai ricercatori dell'American Academy of Family Physicians, stima per il prossimo decennio ben 75mila vittime legate alla crisi del coronavirus, classificate come “morti per disperazione”. Comprendono sia i suicidi che i decessi per abusi di sostanze stupefacenti. E' una cifra enorme, vicina alle 80mila vittime ufficiali statunitensi del Covid-19. Forse esagerata? «Ci auguriamo tra dieci anni di guardare indietro e dire che abbiamo sbagliato», sospira John Westfall, direttore del Robert Graham Center for Policy Studies in Family Medicine and Primary Care, uno degli autori del report. Certo, guardando i disoccupati statunitensi schizzare oltre quota 33 milioni, il triplo della Grande Depressione, qualche brivido inizia a correre anche sulla schiena degli ottimisti, in quest’America che segna allo stesso tempo il record di decessi mondiali per coronavirus e il formidabile rimbalzo dell’indice tecnologico Nasdaq a Wall Street.

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L’isolamento, killer silenzioso
Il problema vero, negli Stati Uniti, è l'isolamento. «E' un paradosso: il distanziamento sociale che ci protegge dal contagio del virus allo stesso tempo ci espone ai più grandi killer degli Stati Uniti, ovvero suicidi, overdose di stupefacenti e malattie legate all'alcolismo», spiega Jeffrey Reynolds, presidente dell’associazione no profit di servizi sociali the Family and Children’s Association. Le prime cifre del disagio sono impressionanti. Nel solo marzo le telefonate di americani disperati ai numeri di assistenza psicologica si sono impennate dell’891% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnala Substance Abuse and Mental Health Services Administration. E mentre il Governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, lancia l’allarme sul boom di alcol, droga e violenza domestica, la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health segnala un aumento significativo di manifestazioni di disagio psicologico in particolare in California, a Washington, a New York e nel Massachusetts.

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Ricchi e poveri
Una variabile fondamentale della disperazione è il livello di reddito, soprattutto in quei Paesi - come gli Stati Uniti - dove la forbice tra ricchezza e povertà continua ad allargarsi da decenni. Mentre a Wall Street il mondo della finanza brinda ai nuovi record dei suoi colossi tecnologici, a Main Street centinaia di milioni di americani perdono il loro posto di lavoro. Il risultato è quello mostrato da uno studio della Kaiser Family Foundation: nella fascia di reddito inferiore ai 40mila dollari, un cittadino su quattro segnala problemi psicologici legati alla pandemia, ma per chi guadagna oltre 90mila dollari la percentuale del disagio si dimezza al 14%.

Male anche l’Italia
E il nostro Paese? Unica grande nazione occidentale a non essersi ancora ripresa dalle crisi del 2008 e del 2012, l’Italia travolta dal coronavirus ha davanti a sé un periodo molto difficile. Uno studio della Link Campus University di Roma segnala tra il 2012 e il 2018 quasi mille suicidi legati a motivazioni economiche. Nei primi anni si trattava prevalentemente di imprenditori, poi soprattutto di disoccupati. Quest’anno l’Osservatorio suicidi per motivazioni economiche della Link Campus riporta 42 decessi, di cui 25 nelle settimane del lockdown forzato e 16 nel solo mese di aprile, ai quali si aggiungono 36 tentati suicidi, 21 dei quali nelle settimane di isolamento forzato. Più della metà delle vittime è costituita da imprenditori. «Questa impennata risulta ancora più preoccupante se confrontiamo il dato 2020 con quello rilevato appena un anno fa - sottolinea Nicola Ferrigno, direttore dell’Osservatorio - : nei mesi di marzo-aprile 2019 il numero delle vittime si assestava a 14, e il fenomeno dei suicidi registrava la prima battuta d'arresto dopo anni di costante crescita». Oggi gli imprenditori e i lavoratori sono di nuovo tornati all’anno zero.

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