Israele, cosa prevede la riforma giudiziaria che ha infiammato le proteste contro Netanyahu
Il premier del governo più a destra della storia sta spingendo per un testo accusato di svuotare i poteri della Corte suprema. Quali sono le proposte più controverse
I punti chiave
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Israele è travolto da un’ondata di proteste contro un testo accusato di minare l’impianto democratico del paese: la riforma giudiziaria di Benyamin Netanyahu, il primo ministro tornato al potere con uno dei governi più a destra della storia nazionale. Le voci critiche sono cresciute anche all’interno dello stesso governo in carica, fino a convincere il premier a sospendere - per ora - l’iter legislativo della riforma. Ma cosa prevede esattamente il testo? E perché ha scatenato tensioni così trasversali nella società israeliana?
Quali sono le proposte più contestate?
Le proposte più controverse della riforma sono soprattutto tre, accomunate dal rischio che ha infiammato le proteste di piazza: indebolire l’indipendenza della Corte suprema israeliana, sottoponendola al controllo del potere politico. La prima modifica consentirebbe alla Knesset, il parlamento israeliano, di ribaltare le decisioni della Corte con una maggioranza semplice di 61 voti sui 121 seggi: uno scenario abbastanza agevole per la stessa maggioranza di destra radicale di Netanyahu, forte di 64 seggi nella Camera israeliana. Una seconda proposta priverebbe la Corte del potere di controllare e rivedere la legalità della cosiddette leggi fondamentali, i provvedimenti che equivalgono alla costituzione del paese medio-orientale e ne rappresentano la “ossatura” legislativa fondamentale. Una terza modifica interverrebbe sulle modalità di selezione degli stessi giudici che siedono nel tribunale supremo israeliano. Le regole attuali prevedono che i magistrati vengano scelti da un panel indipendente, formato da figure politiche e giudici già al servizio nella Corte. La riforma attribuirebbe un potere maggiore al governo, incrinando il principio di parità che viene sancito oggi.
Quali sono i rischi e le conseguenze della riforma?
Il rischio, sottolineato dall’opposizione, è che la riforma finisca per indebolire o svuotare del tutto il ruolo della Corte suprema, sottoponendola al controllo del potere politico sia nel suo ruolo attivo (verificare la costituzionalità delle leggi) sia nella sua stessa composizione interna, consentendo al governo di decidere i magistrati adatti all’incarico. Il timore diffuso è di una china simile a quella di paesi europei come Ungheria e Polonia, a propria volta nel mirino delle istituzioni Ue per riforme che hanno violato il principio di separazioni dei poteri e sottoposto la magistratura al controllo del governo. Tra i risvolti sottesi ci potrebbero essere l’approvazione di leggi ad personam per scagionare Netanyahu nei processi che lo coinvolgono o favorire nuove strette contro la popolazione palestinese, ad esempio con gli insediamenti israeliani che già si stanno moltiplicando nei cosiddetti territori occupati. Viceversa, Netanyahu e alcune forze che gli sono vicine hanno sempre ribadito l’urgenza di ridimensionare i poteri «spropositati» della Corte, accusandola di perseguire il premier per ragioni politiche e tenere sotto scacco l’autorità del Parlamento. Fra gli interessi specifici ci sono quelli di comunità come gli ultra-ortodossi, intimoriti dalla possibilità che una Corte autonoma rimetta mano a privilegi come l’esenzione della leva obbligatoria.
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