GLI USA AL VOTO / LO SPECIALE DI IL

Istruzioni per battere il caos. Primo passo, andare a votare

Folle e imprevedibile, in grado di destabilizzare i critici sovvertendo le basi del governo e del sapere. Ma se questo è Donald Trump come il suo potere può essere messo in discussione? E come può farlo l'arte? Da sola ha scarsa capacità di produrre un cambiamento, associandosi invece ai movimenti di protesta, diventa invece il più efficace strumento per concentrare energia, simbolica e concreta

di Martha Rosler

Martha Rosler è nata nel 1943 a Brooklyn, dove vive tuttora. Il suo peculiare stile da attivista, applicato ai grandi temi sociali e politici del presente, l'ha resa uno dei grandi nomi dell'arte contemporanea

6' di lettura

(Chi tra Donald Trump e Joe Biden sarà il 46° presidente degli Stati Uniti? Il voto del 4 novembre coincide con un'emergenza globale inedita che marca i contorni di un Paese sempre più complesso e dalle contraddizioni a volte poco leggibili, in particolare per noi cittadini del Vecchio Continente. Così abbiamo chiesto ad alcuni osservatori “speciali” di restituirci la loro analisi di quello che sta accadendo per provare a comprendere ciò che è ma soprattutto ciò che sarà. Si tratta di scrittori come nel caso di Ben Lerner, di David James Poissant e di Joe R. Landslale. Di musicisti: Sufjan Stevens. Oppure di un'artista visiva qual è Martha Rosler. Alla loro voce abbiamo aggiunto i nostri approfondimenti a partire da quello sullo stato della sanità americana di Emanuele Bompan. Un viaggio che come tutti i viaggi è fatto di incontri e di scoperte che si aggiungono chilometro dopo chilometro. Ad ogni tappa un arricchimento).

Donald Trump è la prima figura politica moderna degli Stati Uniti basata sul caos: si comporta come un folle imprevedibile e destabilizza chi lo critica continuando a sovvertire e a distruggere le basi del governo e del sapere, perseguendo allo stesso tempo i consueti obiettivi repubblicani: redistribuire la ricchezza verso l'alto, smantellare i servizi pubblici e cancellare la tutela dell'ambiente. Trump associa il populismo economico a favore dei bianchi a un'incrollabile fedeltà verso i dittatori, che loda pubblicamente.

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Si circonda di cortigiani opportunisti, elogia i suprematisti bianchi, giustifica i predatori criminali e insulta grossolanamente le donne del Partito Democratico. Nega di conoscere i suoi uomini quando vengono arrestati, perseguita e insulta coloro che lo abbandonano. Solo lui può salvarci – pensa. Nel sistema bipartitico statunitense, con la sua presidenza forte, ogni amministrazione può avere un grande effetto sul clima che si respira, anche all'estero. Per decenni, il Partito Repubblicano, di centro-destra, si è opposto ai cambiamenti progressisti dal basso. George Bush ha favorito i fondamentalisti cristiani e i loro attacchi contro l'aborto e i diritti LGBTQ, proseguendo le “guerre culturali” avviate nell'era Reagan, quando l'arte e gli artisti, inclusi i musicisti pop, venivano screditati e vedevano ridursi finanziamenti e sussidi.

Saccheggi e depauperamento venivano coperti con scuse di stampo moralistico. I ricchi diventavano più ricchi e l'oppressione istituzionalizzata delle persone di colore continuava imperterrita. Al termine del mandato di Bush, il Paese era stremato da una guerra che si era rivelata un “pantano”. Obama, un outsider educato uscito dalla Ivy League, ha diffuso con efficacia e ragionevolezza speranza e cambiamento – le parole d'ordine della sua campagna elettorale.

Durante i suoi due mandati, nei quali ha affrontato gravi crisi con calma e competenza, ci sono stati progressi nella vita sociale e nelle arti grazie alla spinta internazionalista, inclusiva e riparatoria del suo elettorato. Naturalmente, secondo i suoi oppositori, la sua presidenza ha prodotto come contraccolpo l'intensificarsi dell'odio razziale e del fondamentalismo cristiano bianco. In ogni caso, la vittoria di Trump è stata un evento fortunoso – favorito da campagne di disinformazione sia all'estero sia negli Usa e da una peculiare ondata di disprezzo verso i suoi avversari. I suoi sostenitori più decisi sono stati i “super-ricchi”, che hanno sorvolato sulle sue palesi bugie e sulle sue violazioni continue.

La combinazione esplosiva tra insoddisfazione dei lavoratori licenziati – principalmente operai bianchi – e incitamento alla xenofobia nazionalista, al razzismo, alla misoginia, è stata una “droga potente” per il Partito Repubblicano, che si è trasformato in un “culto di Trump”. Alimentati dal suo grottesco pavoneggiamento sessuale, sono nati forti movimenti contro i predatori sessuali nell'industria dell'entertainment e a favore dell'inclusione sociale delle donne e delle persone di colore.

Le élite culturali, i “razionalisti” economici e scientifici, i funzionari pubblici si sono opposti alle sue politiche e ai suoi proclami, con scarso successo – l'impeachment, ahimè, ha solo alimentato la sua rabbia e il suo comportamento da “villain” dei fumetti. I ragazzi, dopo le ennesime sparatorie nelle scuole, hanno manifestato contro le armi e hanno organizzato scioperi studenteschi per la difesa dell'ambiente. La mobilitazione per la giustizia economica, invece, è quasi inesistente perché i sindacati degli operai sono stati indeboliti, smantellati o distrutti (anche se meno nelle industrie che impiegano molte donne e immigrati).

La giustizia economica è stata al centro della campagna socialdemocratica e “populista di sinistra” del senatore Bernie Sanders, che ha portato molti – me inclusa – a credere che avesse una chance di battere Trump nel 2016 o nel 2020, proponendo soluzioni efficaci per gli operai lasciati soli. Quest'anno le proteste civili contro la criminalizzazione della gente di colore della classe operaia, che conduce regolarmente alla loro uccisione per mano della polizia, si sono estese in tutto il Paese in un crescendo di attenzione pubblica.

L'iconoclastia verso i simboli della supremazia bianca e della schiavitù ha portato all'abbattimento e alla distruzione di statue e bandiere. E noi che lavoriamo nella cultura? Sempre pronti alle “chiamate messianiche”, ci siamo uniti ad atleti e attivisti – persino a dispetto dell'attuale pandemia, gestita disastrosamente – in queste battaglie per la giustizia sociale. Da sempre mi interrogo sulle ragioni psicologiche dei tedeschi che negli Anni 30 appoggiarono la svolta malata del loro Stato verso il genocidio. Più recentemente mi sono stupita di come il popolo italiano si sia fatto sedurre così a lungo da un ciarlatano dello show-business. Ora, qui negli Usa, osservo una deriva da quella che almeno formalmente era una democrazia a un populismo autoritario di destra, innescata da un pagliaccio maligno, cleptocratico e narcisista. Trump fa presa sui ricchi, sugli evangelici, sui rancorosi cronici. Ma va detto che sono molti anni che il nostro sistema politico corre verso questo scenario catastrofico – e probabilmente anche il vostro.

Parlando dei miei lavori [le abbiamo chiesto perché abbia ripreso la serie Bringing the War Home e che cosa cambierebbe oggi nel suo video Semiotics of the Kitchen, ndr], nel 2004, per una collettiva organizzata durante la campagna presidenziale, ho provvisoriamente riaperto la mia serie di fotomontaggi contro la guerra del Vietnam House Beautiful: Bringing the War Home (1965-1972). L'ho fatto perché mi sono accorta che non era cambiato nulla, che eravamo un'altra volta impantanati – bloccati in una guerra lunga e costosa contro un Paese
che non ci aveva attaccato, al solo scopo di assicurarci il petrolio e un territorio strategico. Sapevo che stavolta i miei lavori avrebbero raggiunto un pubblico più vasto – attraverso mostre, articoli e cataloghi, su carta e online. Il mondo dell'arte – il mondo in generale – è cambiato, e oggi gli interventi “da attivista” sulle guerre in corso sono accettati.

Per quanto riguarda Semiotics of the Kitchen del 1975, non cambierei niente di quell'alfabeto dell'insoddisfazione. Dopotutto, che cosa è cambiato, nella sostanza, per le donne? L'opera ha d'altronde ispirato moltissimi video di altri artisti – soprattutto artiste – che esprimevano il loro punto di vista – critico – sul tema del ruolo della donna. Non mi è mai piaciuto dire a qualcuno che cosa fare, figuriamoci agli artisti. Il mio lavoro è evidenziare i problemi e sperare che altri possano individuare i modi per agire. Continuo a credere che gli artisti dovrebbero comportarsi da cittadini, partecipando alla vita pubblica. Sia l'impegno civile sia quello per il voto sono indispensabili, perché viviamo in una condizione d'emergenza, dato che Trump minaccia di non lasciare il suo incarico.

Le disuguaglianze, ormai strutturali, e il saccheggio dell'ambiente devono per forza essere combattuti con campagne per il cambiamento: l'attivismo richiede sintesi, enfasi e azioni simboliche. Questa è la pratica, il linguaggio del cambiamento, anche se strategie e tattiche sono in costante rinnovamento. Chi critica restando a bordocampo difficilmente si butta nella mischia.

L'arte, da sola, ha scarsa capacità di produrre un cambiamento nella “pubblica arena”. Associandosi ai movimenti di protesta, diventa invece il più efficace strumento per concentrare energia, simbolica e concreta. Dal mio punto di vista, gli artisti dovrebbero riconoscere il loro ruolo di fulcro di un possibile cambiamento, con i loro lavori e con i loro interventi, fornendo un contesto per la comprensione dell'uomo. Ma, grazie a Dio,
ora andremo ai seggi. E a occupare le strade.
(Testo raccolto da Stefano Castelli)

Martha Rosler può vantare una carriera ormai cinquantennale senza cali di tensione. I suoi lavori sono in collezione nei maggiori musei del mondo e istituzioni come il MoMa e il Pompidou le hanno dedicato mostre personali. Realizza video, fotografie, opere testuali, installazioni e performance. Il suo argomento è la sfera pubblica: politica interna e internazionale, mass media, guerre, condizione femminile. In questi ultimi anni ha realizzato tra l'altro lavori che criticano, con ironia e fermezza, la presidenza di Trump. In Italia lavora con la galleria Raffaella Cortese di Milano.

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