Industria in crisi

Italcementi chiude la ex Cementir Taranto dopo 60 anni

Conferma al ministero Lavoro

di Domenico Palmiotti

(Imagoeconomica)

I punti chiave

  • L’ultimo anno
  • La loppa siderurgica
  • Nessuna alternativa

3' di lettura

Con la definitiva chiusura della ex Cementir, ora Cemitaly dopo il passaggio di alcuni anni fa dal gruppo Caltagirone ad Italcementi, tramonta un altro pezzo di storia industriale di Taranto. La Cementir è infatti arrivata negli anni ‘60 insieme all'ex Italsider. Con la Belleli (l'industria delle piattaforme petrolifere off shore dismessa negli anni 2000) e a tante altre realtà, anch'esse chiuse nel frattempo, ha costituito la struttura produttiva della città pugliese. Al ministero del Lavoro, Italcementi ha definitivamente confermato che lo stabilimento chiude. Conferma che segue l'avvio della procedura di licenziamento collettivo che il gruppo aveva aperto per le 51 unità di Taranto a luglio scorso. L'ex Cementir era già completamente ferma già da quasi tre anni. E il personale, inizialmente più di 100 unità, giá 5 anni fa era sceso a circa 70 per arrivare infine agli attuali 51.

L'ultimo anno di cigs straordinaria

Al ministero del Lavoro sindacati degli edili e azienda hanno concordato un anno di cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività che decorre dal 16 settembre. Sono già in cassa i dipendenti Cemitaly. I sindacati spiegano che la cigs per cessata attività serve ad attenuare gli effetti della chiusura. Previsto, inoltre, un esodo incentivato per chi nel frattempo volesse risolvere definitivamente il rapporto di lavoro e la possibilità che, a fronte di posizioni di lavoro aperte da Italcementi in altri stabilimenti in Italia, gli addetti di Taranto, se lo vorranno, potranno candidarsi. Una candidatura che possono manifestare anche nei 24 mesi successivi alla conclusione del nuovo anno di cassa integrazione.

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Il cemento prodotto con la loppa siderurgica

Cementir è arrivata con Partecipazioni Statali e la strategia dell'intervento pubblico. Per tanti anni, ha prodotto una specifica tipologia di cemento usando la loppa, materiale dell'industria siderurgica. L'ex Cementir è infatti vicinissima all'acciaieria. Poi un sequestro che ha riguardato, anni fa, proprio il parco loppa dell'ex Ilva, ha precluso questa possibilità. Prima dell'estate, Cemitaly ha dichiarato ai sindacati che i 51 dipendenti sono strutturalmente eccedenti in ragione della definitiva cessazione dell'attività. Cemitaly, arrivata nel 2018, ha evidenziato che già dal 2013 lo stabilimento di Taranto versava in una condizione di prolungato fermo produttivo. Spenti i tre forni per la produzione, il sito era diventato solo un centro di macinazione. Questo per tre ragioni: grave crisi di mercato e di prodotto, difficoltà di reperimento di loppa d'altoforno dal vicino stabilimento ArcelorMittal (ex Ilva) e impossibilità nel reperire altrimenti la materia prima a costi sostenibili. Già a ottobre 2018, Cemitaly aveva annunciato il licenziamento dei dipendenti, allora 67. Licenziamenti poi bloccati e convertiti con la cassa integrazione straordinaria.

L'azienda: nessuna alternativa allo stop

Nel periodo di cigs, prorogata inizialmente sino a dicembre 2020 e poi tramutata in cig Covid che termina il prossimo 15 settembre, Cemitaly ha valutato la possibilità di una ripresa, ma per l'azienda non sono state riscontrate le condizioni. Cemitaly ha sostenuto che non sono possibili soluzioni alternative ai licenziamenti e non risulta percorribile la possibilità di conversione del sito ad altre produzioni di cemento in ragione sia dell'articolazione più generale del gruppo, che della situazione in cui attualmente versa il mercato del cemento. Oltre a dismettere lo stabilimento, Cemitaly restituirà all'Autorità portuale anche la calata 4 ripristinata. Dopo essere stata nelle Partecipazioni Statali, l'ex Cementir era passata al gruppo Caltagirone che, anni fa, aveva anche annunciato un piano di rilancio con investimenti per il sito. Le vicende dell'Ilva, a partire dal sequestro dell'area a caldo del luglio 2012, unite all'involuzione del mercato, portarono però Caltagirone a fare un passo indietro e a fermare il piano annunciato.

Il sindacato: ricollocazione nelle bonifiche

«Ora Italcementi - dichiara Francesco Bardinella della Fillea Cgil - chiederà la sospensione dell'Autorizzazione integrata ambientale al ministero della Transizione ecologica. Per un obbligo di legge, dovrà fare gli interventi necessari per mettere in sicurezza il complesso industriale. Se ci fosse una nuova attività, è chiaro che questa dovrà anzitutto assorbire i disoccupati. L'età media degli addetti è intorno ai 50 anni. Non si può traguardare per loro la pensione nel breve termine. Se invece l'attività in quel sito non riprenderà più, avremo purtroppo una fabbrica deserta, abbandonata, e che andrà verso il degrado». La Filca Cisl, con Silvio Gullì, chiede che il personale ex Cementir sia riconvertito nelle bonifiche a partire da quelle dello stabilimento. «Considerata l’assenza di imprese specializzate in questo territorio nonostante il gran numero di bonifiche di cui Taranto ha bisogno, ritengo sia di fondamentale importanza fornire a Taranto un bacino di lavoratori formati e specializzati proprio nelle bonifiche» commenta Gullì.

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