lo scenario

Italia «bonsai» nel mondo che sarà, al 21° posto nella graduatoria della ricchezza

di Luca Orlando

4' di lettura

Peggio di noi nessuno. Leggere il futuro del mondo nel 2050, attraverso l’analisi di PriceWaterhouseCoopers, non è per noi italiani un esercizio particolarmente gradevole. Se il baricentro dello sviluppo globale continua infatti a spostarsi inesorabilmente verso l’area degli “emergenti”, tra i paesi più sviluppati i tassi di crescita futuri saranno comunque sistematicamente superiori al nostro. Così, nella graduatoria della ricchezza a parità di potere d’acquisto (tenendo dunque conto del livello dei prezzi dei beni) il nostro paese precipita al 21esimo posto, cedendo in 34 anni ben nove posizioni.

Risultato di una crescita media annua (2106-2050) del pil pro-capite pari all’1,2%, la più bassa ( a pari merito con il Canada) tra i 32 paesi oggetto di analisi.

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Il calo demografico previsto (-0,2% all’anno) ridurrà ulteriormente la crescita del Pil nazionale, limitata all’1% annuo: solo il Giappone (0,9%) riuscirà a fare peggio di noi, partendo però da un valore assoluto più che doppio rispetto al nostro. Altrove i tassi di sviluppo ovunque saranno superiori, esplosivi (+3,5%) nelle aree emergenti ma comunque più elevati rispetto a noi (+1,6% nella media annua) anche per il paesi del G7.

Il mondo che sarà
La sintesi dei cambiamenti in atto, che stanno rivoluzionando le traiettorie di sviluppo globale, è nello scatto previsto per l’India, che nel 2050 non solo supererà la ricchezza prodotta dagli Usa issandosi al secondo posto mondiale alle spalle della Cina, ma da sola varrà quanta l’intera Unione europea.

In un’economia mondiale che già nel 2042 sarà raddoppiata rispetto ai livelli attuali, tra le prime sette posizioni in termini di ricchezza vi saranno ben sei economie emergenti, in grado di scalzare progressivamente dai vertici Giappone e Germania, che pure nella graduatoria scivolano senza crollare. L’area del G7, che oggi vale la stessa ricchezza prodotta dai 7 emergenti analizzati da Pwc (Cina, India, Indonesia, Brasile, Russia, Messico e Turchia), già nel 2040 rappresenterà la metà di questo valore, con l’Europa a spiegare appena il 9% della ricchezza globale, sei punti in meno rispetto ad oggi, gli Stati Uniti a cedere la seconda piazza all’India, rappresentando solo il 12% del totale, quattro punti di riduzione rispetto al dato odierno.

A correre saranno dunque gli altri, grazie ad un combinato disposto di crescita demografica, aumento della platrea di lavoratori e sviluppo del pil pro-capite. Le crescite maggiori, tra il 4 e il 5% nella media annua, saranno per Vietnam, India, Bangladesh, Pakistan e Filippine. Paesi che pur partendo da valori assoluti limitati, riusciranno nel tempo a scalare la classifica, così come farà l’Indonesia, in risalita dall’ottava alla quarta posizione globale grazie ad un progresso medio annuo del pil pari al 3,7%.

La Cina, saldamente al comando oggi come tra 34 anni, è vista in una posizione intermedia, con una crescita media del 3% che comunque porterà Pechino nel 2050 a valere ben un quinto della ricchezza mondiale. Per dare un’idea della potenza dei trend basta confrontare i valori assoluti rispetto all’Italia: oggi la Cina vale 10 volte la ricchezza prodotta dal nostro paese, in prospettiva quasi 20.

CHI SALE E CHI SCENDE

La graduatoria della ricchezza a parità di potere d'acquisto per Paese nel 2016 (stime Pwc da dati FMI),2030 e 2050 (proiezioni Pwc) (Fonte: Pwc Report “The World in 2050”)

CHI SALE E CHI SCENDE

L’Italia scivola indietro
Scorrendo i dati e i grafici, nessun paese nel complesso ha performance inferiori alle nostre. Dalla 12esima posizione odierna l’Italia scenderà al 15esimo posto nel 2030, superata da Turchia, Arabia Saudita, e Corea del Sud. Vent’anni più tardi il quadro sarà ancora peggiore, con il nostro paese sceso al 21esimo posto alle spalle di Filippine e Vietnam, insidiata ad una manciata di miliardi di dollari persino dal Bangladesh.

Anche senza tenere conto del livello dei prezzi, considerando dunque la ricchezza ai tassi di cambio attuali, il quadro per noi non migliora di molto. Ottavi nel 2016, scendiamo infatti al decimo posto nel 2030, superati da Brasile e Indonesia, con altri sorpassi negli anni successivi (tra cui Turchia, Russia e Nigeria) che relegheranno l’Italia alla 16esima piazza mondiale.

Vero è che pur con crescite a scartamento ridotto, in termine di valori pro-capite resteremo anche in futuro tra i “ricchi” del pianeta. Ma anche guardando a questa variabile il quadro è in peggioramento, con alcuni sorpassi simbolici in arrivo. Ultimi, oggi come nel 2050, tra i paesi del G7, in prospettiva nella ricchezza individuale verremo infatti superati dalla Russia e avvicinati dalla Turchia, con Cina e Messico a distanza limitata.

Le sfide
Nelle stime di PwC il potenziale di crescita globale del pianeta resta comunque elevato, con la possibilità di arrivare a raddoppiare in 25 anni la ricchezza attuale. Un percorso possibile però solo al verificarsi di alcune condizioni, in primis legate alla capacità delle politiche di svilupparsi su basi sostenibili.

Politiche ambientali, investimenti in istruzione, tecnologie e infrastrutture, saranno determinanti per affrontare le sfide future legate agli effetti del cambiamento climatico e del depauperamento delle risorse, alla crescita delle disuguaglianze, all’invecchiamento della popolazione.

Sforzi da moltiplicare, perché come spiegano i ricercatori, i trend attuali non sono del tutto soddisfacenti. Per raggiungere gli obiettivi posti dall’accordo di Parigi sul clima, ad esempio, gli analisti stimano che sia necessario un tasso di “decarbonizzazione” annuo pari al 6,5% fino al 2100. Nel 2015, miglior dato della storia, la riduzione si è invece fermata a meno della metà del target.

Per l’Italia il messaggio è chiaro: se l’obiettivo è quello di restare nell’elite mondiale, il passo di marcia va modificato. L’1% di crescita a cui ormai ci stiamo abituando, e che consideriamo anzi un piccolo successo, nel lungo termine non basta più.

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