Asia e Oceania

Italia-Giappone: affinita' nel dialogo parlamentare su giustizia e sicurezza

dal nostro corrispondente Stefano Carrer

4' di lettura

E' un Giappone che si incammina su una strada gia' percorsa dall'Italia quello che appare alla delegazione di parlamentari italiani, guidata dall'on. Stefano Dambruoso, della Associazione parlamentare di amicizia Italia-Giappone. Negli incontri di questi giorni nel Sol Levante, Dambruoso e i colleghi parlamentari Pierpaolo Vargiu e Salvatore Matarrese si sono trovati sulla stessa lunghezza d'onda dei membri della maggioranza alla Dieta nipponica, che hanno appena approvato una controversa legge sui reati associativi e cospirativi - etichettata in nome del contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata - e che tra non molto - sempre su impulso del governo del premier Shinzo Abe - dovranno cominciare ad affrontare il tema della prima revisione della Costituzione del 1947 con il dichiarato obiettivo primario di istituzionalizzare il ruolo delle forze armate.

Una legislazione - quella approvata settimana scorsa - che ha suscitato l'allarme di non pochi esponenti dell'avvocatura e delle associazioni per i diritti civili. All'on. Junji Suzuki, presidente della Commissione Giustizia della Camera Bassa, la delegazione italiana ha in effetti confermato che anche l'Italia ha dato un giro di vite normativo anti-terrorismo, estendendo la punibilità del reato nella fase del tentativo: il pendolo legislativo tra garanzia dei diritti individuali ed esigenze della sicurezza si sta spostando in ambito internazionale verso il lato che da' piu' spazi di intervento ai poteri pubblici.

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Italia-Giappone: affinita' nel dialogo parlamentare

Tra diritti e sicurezza. “Abbiamo riscontrato una grande attenzione nei confronti delle iniziative parlamentari italiane in vari settori, dall'ambiente alla politica di ogni giorno, ossia ai rapporti tra maggioranza e opposizioni, ma soprattutto ai temi delle riforme costituzionali e della sicurezza - afferma Dambruoso -. Riflettendo sulla recente legge introdotta in Giappone per meglio contrastare il terrorismo anche internazionale, abbiamo convenuto che se si vuole più sicurezza evidentemente si deve profilare una qualche eventuale compressione di diritti fondamentali di cui siamo abituati a godere in assenza di pericoli e minacce, come sul versante della privacy e delle comunicazioni”.

“Abbiamo anche riflettuto - continua - su come sia importante per il Giappone dimostrare di essere sugli stessi standard internazionali degli altri principali Paesi e sottoscrivere finalmente la Convenzione di Palermo del 2000 che introduce sostanzialmente il reato di associazione delinquere di stampo mafioso, varando uno strumento ulteriore per contrastare il crimine organizzato, sia di natura criminale sia di natura terroristica. Aver percepito un avvicinamento da parte delle istituzioni giapponesi alla sottoscrizione e all'adozione definitiva della Convezione di Palermo e' stato un fatto che ho colto nella sua assoluta positività”.

Severità e prevenzione a tutto campo. La severita' e' necessaria, specialmente contro il terrorismo targato Isis - aggiunge Dambruoso - con norme che assicurino una risposta istituzionale rapida e ferma: ”Ma la severità non vasta: parallelamente, abbiano detto ai nostri colleghi della Commissione Giustizia, in Italia settimana prossima dovrebbe essere approvata una nuova legge, a mia prima firma, che riguarda il contrasto alla radicalizzazione: dopo aver gia' introdotto norme fortemente repressive per contrastare il terrorismo islamista, dobbiamo renderci conto che i soggetti che oggi stanno commettendo reati gravissimi in Europa sono cittadini europei che hanno canalizzato verso atti terroristici un disagio legato a una mancata integrazione, sia pure molte volte da parte loro in modo colpevole. Sviluppare il dialogo interculturale e interreligioso con progetti sollecitati dal governo e' tra gli obiettivi della legge: ci interessa pensare davvero alla generazione dei nostri figli. Da qui a 10 o 15 anni anche l'Italia avra' situazioni che Francia e Gran Bretagna stanno vivendo gia' da molto tempo, con presenze di seconde generazioni di comunità musulmana legittimamente presenti sul territorio, che vedrà sempre più i loro figli crescere nelle stesse scuole e contesti dei nostri figli. Aumentare il più possibile l'interculturalita e l'interreligiosita' che fino a oggi non e' stata necessari- dal-e scuole alle carceri al Web - e' l' obiettivo che ci stiamo proponendo, pensando a un Paese organizzato legislativamente in questo senso sul medio termine” e non con strumenti emergenziali legati a fatti nell'immediato”.

Le riforme costituzionali. Nell'ultima legislatura gli incontri tra le delegazioni parlamentari di amicizia si sono svolti quattro volte in Italia e due in Giappone. Nell'occasione in corso, oltre al riscontro dell'importanza di un equilibrato rapporto tra maggioranza e opposizione, riflessioni comuni sono state fatte sulla percepite preoccupazioni in merito alla prospettiva della prima riforma costituzionale in Giappone da quando la Carta fondamentale ultrapacifista entro' in vigore nel 1947. Attualmente, essa non contempla l'esistenza di forze militari, anche se il divieto e' stato largamente aggirato. “L'importanza di aderire con sempre maggiore consapevolezza alla difesa della pace in termini internazionali per un player come il Giappone, che non può ignorare di essere una delle grandi potenze mondiali che deve partecipare alla tutela del quadro internazionale della sicurezza. Credo che sia assolutamente comprensibile l'obiettivo di dover riconoscere l'istituzionalizzazione di strutture militari”, conclude Dambruoso.

Anche in questo caso, pero', sono in molti in Giappone a temere non tanto quella che sarebbe una mera formalizzazione dell'esistenza delle attuali e gia' efficienti Forze di Autodifesa, ma le sue possibili conseguenze politiche o altre revisioni che potrebbero portare il Paese a partecipare a vere e proprie guerre oppure finire per intaccare diritti fondamentali. Non tutti in Giappone, insomma, guardano con favore all'esempio di una Italia che, pur avendo anch'essa una clausola ultrapacifista nella sua Costituzione, e' stata trascinata più volte dai suoi alleati ( in particolare gli Usa) in conflitti militari. Oltretutto non sempre corrispondenti agli interessi nazionali.

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