Italia, niente Mondiali. In otto mesi dal trionfo di Wembley alla “Corea” di Palermo
Nazionale battuta dalla Macedonia (0-1) e di nuovo fuori dal Campionato Mondiale. Il futuro incerto del gruppo e del progetto del Ct Mancini
di Dario Ceccarelli
I punti chiave
4' di lettura
Un tuffo negli abissi. Dal trionfo di Wembley all'incubo che diventa realtà di una nuova eliminazione dai Mondiali che avrà sicuramente conseguenze imprevedibili sul futuro della nazionale. Non andremo in Qatar, come già non siamo andati in Russia. Sembra incredibile, quasi surreale. Difficile da commentare con le consuete categorie calcistiche. Ci vorrebbe anche uno psicologo per capire cosa sia successo a questi giocatori che non solo non riescono più a vincere, ma perfino a fare un gol.
In otto mesi l'Italia che ha conquistato Wembley con il suo gioco imprevedibile e spumeggiante si è sciolta miseramente davanti a un avversario - la Macedonia dl Nord - che è al numero 67 del ranking mondiale. Gli azzurri sono sesti ma chissà dove precipiteranno dopo la serata da sprofondo che si è consumata allo stadio di Palermo davanti a oltre trentamila tifosi più sbalorditi che arrabbiati per questo esito inimmaginabile.
Trajkovski nuovo Pak Doo-Ik
Dopo novanta minuti di inutile assedio, con diverse occasioni buttate via, gli azzurri al 92' si sono fatti sorprendere dall'unica vera azione pericolosa dei macedoni conclusa con un sinistro maligno di Trajkovski appena sfiorato dai guanti di Donnarumma. Una beffa atroce che rimanda ad altre caporetto storiche della nazionale, a partire da quella indimenticabile con la Corea del Nord ai mondiali di Inghilterra del 1966. In quel caso a mandarci a casa fu un certo Pak Doo-Ik , un oscuro dentista poi tornato a fare il suo mestiere. Almeno però quella volta ai Mondiale ci eravamo andati. Adesso niente, resteremo a guardarli in tv per la seconda volta consecutiva. Bocciati senza appello. Ancora col mal di denti.
I ritardi del calcio azzurro
L'ultimo Mondiale cui abbiamo partecipato con Prandelli in panchina è stato quello del 2014 in Brasile, subito eliminati dall'Uruguay. Ci era andata male anche in Sudafrica con Lippi quattro anni prima. Una striscia nera che sembrava definitivamente cancellata questa estate dopo il trionfo all'Europeo. Invece la maledizione si è ripetuta. Evidentemente ci eravamo illusi. Evidentemente il nostro calcio - come si vede anche nelle coppe europee- continua a pagare i suoi gravi ritardi rispetto a quello di altri paesi che hanno saputo rinnovarsi. Ora però con il crollo di questa nazionale - che comunque nelle ultime 41 partite ha perso solo due volte (l'altra con la Spagna nella Final Four della Nations League), si rischia che crolli anche tutto il progetto su cui Roberto Mancini ha costruito questo gruppo.
Tutti gli interrogativi sul futuro
Quando non ci siamo qualificati nel 2017, dopo quello zero a zero da incubo con la Svezia a San Siro, avevamo un gruppo ormai arrivato al capolinea. Riazzerare tutto era stato doveroso e obbligatorio. Ora la situazione è diversa. Ci sono molti giovani e meno giovani che ora rischiano un buco nero della carriera. E lo stesso Mancini? Cosa farà? Ha vinto un Europeo, ma non si è qualificato per il Mondiale. La delusione è enorme. Già si parla di vergogna, di schianto nazionale. Non è una novità: come siamo facili ad esaltarci, siamo altrettanto rapidi a flagellarci e ad abbandonare il carro del perdente. «Nel luglio scorso ho vissuto all'Europeo la gioia più bella. Ora è il momento più difficile della mia carriera» ha detto Mancini dopo l'eliminazione. «Il mio futuro? Non lo so, la mia delusione è troppo grande per parlarne adesso».
Dominio sterile
Un pesante fallimento, questo è chiaro. La cosa incredibile è che non si può neppure parlare di mancato impegno. L'Italia infatti ha dominato, almeno territorialmente, il match. Solo che lo ha fatto senza mai concretizzare. Senza convinzione. Senza cattiveria. Sbagliando diverse occasioni con Berardi (comunque il migliore assieme a Verrati) e altre (come quella al 90’ con Pellegrini) per mancanza di precisione e quel pizzico di cinismo che serve in questi casi. C’è stato sempre un difensore che ci ha messo il piede, un rimpallo che ci ha sfavorito. La sfortuna cinica e bara. Ma quando la jella è troppa, è troppa. E' incomprensibile che attaccanti come Immobile e Insigne, pur impegnandosi, siano così imprecisi a rete. L'altra elemento sbalorditiva è che ormai gli avversari ci battono giocando all'Italiana. Col vecchio catenaccio riadattato ai tempi. La Macedonia ci ha infatti concesso pochissimo spazio approfittando poi dell'unico momento di distrazione della nostra difesa.
Involuzione inspiegabile di alcuni azzurri
Anche quando nella ripresa, man mano che passavano i minuti, sono entrati i ricambi dalla panchina (Raspadori, Pellegrini, Tonali, Joao Pedro e Chiellini) è come se non fosse cambiato nulla. La zuppa era sempre quella. Una sbobba insipida difficile da digerire. Con quell'inutile pressione che non fa mai veramente male. Anche Raspadori, che di solito ha i piedi buoni, ha calciato alle stelle una conclusione che nel Sassuolo non avrebbe sbagliato. Come se una magia nera ci impedisse di andare a rete.
Immobile in campionato ha realizzato 21 gol. Possibile che deluda solo in Nazionale? E gli altri? Difficile anche fare le pagelle. Si salvano Bastoni, Verratti, lo stesso Berardi anche se ha sciaguratamente sbagliato una specie di rigore che il portiere avversario, maldestramente gli aveva messo sui piedi. Male Barella e Insigne, fumoso Immobile. Non parliamo di Jorginho, mai incisivo e in partita. E Gigio Donnarumma? Un tiro, un gol. Non è un bel bilancio. Diciamo che anche lui, ultimamente, è molto sfortunato. Lo manderemo a Lourdes, con quello che guadagna, se lo può permettere.
Ora che è finita l'avventura, con i tifosi macedoni rauchi dalla felicità per aver battuto l'Italia e potersi giocare lo spareggio col Portogallo (3-1 con la Turchia), tutto si perde in una notte che qualcuno racconterà come la seconda apocalisse del nostro calcio. Meglio evitare, soprattutto di questi tempi, immagini così devastanti che rimandano a ben altri contesti. Resta però la consapevolezza di un formidabile schianto sulle cui macerie bisognerà di nuovo ricostruire. Quel bellissimo gioco dell'Europeo è finito chissà dove, svaporato nelle magiche notti di un'estate che non c'è più. Ricominciare ora sarà durissima.
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