Italtel, niente licenziamenti: via ai contratti di solidarietà
Intesa fra azienda e sindacati per gestire 123 esuberi in maniera non traumatica. Per il 2023 obiettivo ricavi per 300 milioni di euro. Cresce il business non telco
di Andrea Biondi
3' di lettura
Niente licenziamenti in Italtel, ma ricorso agli ammortizzatori sociali e in particolare al Contratto di solidarietà, per la durata di 12 mesi a partire dal prossimo 1 giugno e fino al 31 maggio 2024, per un massimo di 162 lavoratori su circa 850 persone in Italia.
È il frutto dell’intesa raggiunta fra azienda e sindacati sulla procedura di ristrutturazione, partita il 28 febbraio e che prevedeva il licenziamento per 123 persone in Italia. A confermarlo al Sole 24 Ore è lo stesso amministratore delegato di Italtel, Benedetto Di Salvo: «Abbiamo avuto un confronto costruttivo con le parti sociali e siamo arrivati a un accordo che ci permette di evitare il ricorso a strumenti traumatici su una porzione ristretta della popolazione, su aree e competenze specifiche».
A essere coinvolte saranno le tre sedi di Milano, Roma, Palermo con una percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro per le persone coinvolte che varierà fra il 30% e l’85 per cento. «Abbiamo individuato uno strumento alternativo al licenziamento – puntualizza Di Salvo – che ci permette di attuare in modo socialmente responsabile il nostro piano di revisione dell’organico e aggiornamento delle competenze coerentemente con quanto previsto nel nostro piano industriale».
Saranno previste anche forme di incentivo all’uscita su base volontaria. Ma all’interno di Italtel si guarda a questo accordo come a un punto di stacco rispetto al passato, mirando ad affrontare il business con un cambio di passo su cui saranno chiamati a impattare collaborazioni con Its e Università per l’ingresso di giovani e piani di reskilling per il personale.
Tutto questo a chiusura di un anno – la nuova Italtel uscita dalla procedura concordataria è partita l’1 aprile 2022 – in cui l’azienda si è trovata a far fronte anche a nuovi e imprevisti ostacoli. Su tutti la crisi che ha interessato la controllante Psc (gruppo controllato all’80% dalla holding della famiglia Pesce, Psc Partecipazioni, e con il resto equamente diviso fra Fincantieri e Simest), dopo pochi mesi dall’ingresso nel capitale. Il passaggio – come detto ad aprile di un anno fa – dell’azienda sotto le insegne della cordata Psc-Clessidra-Tim (54% per Psc; 28% per il fondo Clessidra Capital Credit e 18% per il Gruppo Tim) ha sancito un nuovo corso per la storica società delle Tlc nata nel 1921 dalla Siemens per produrre telefoni e che ebbe il suo periodo di massimo splendore negli anni 80, sotto la guida di Marisa Bellisario, prima di approdare ad anni turbolenti che hanno lasciato in eredità una zavorra debitoria figlia della scalata a leva che ha visto Telecom cedere il controllo a una cordata che aveva in maggioranza il fondo Dubilier.
Ora l’andamento del 2022, nonostante «il difficile contesto delle telco in Italia ed in particolare Tim, che è il nostro principale committente oltre che azionista», è considerato, dice Di Salvo, «in linea con i nostri obiettivi di piano, con risultati proforma sui 12 mesi del 2022 che hanno portato a ricavi per 260 milioni rispetto ai 250 del 2021, e un Ebitda, al netto delle poste straordinarie, di 7 milioni rispetto a un Ebitda negativo dell’anno precedente».
In Italia, intanto, a fronte di una evoluzione del mercato telco molto complessa prosegue il percorso di diversificazione e crescita con una crescita annua del 20% del business non telco. «Abbiamo ottenuto grandi soddisfazioni nel mercato energy e utilities globale, con l’aggiudicazione di importanti contratti per primari clienti», chiosa l’ad Italtel.
L’obiettivo per il 2023 è di raggiungere i 300 milioni di ricavi ed Ebitda superiore ai 10 milioni. «I dati del primo trimestre 2023 sono confortanti e in linea con il budget, con ricavi per 55 milioni, in crescita rispetto al 2022 del 10% circa, e un backlog di quasi 150 milioni».
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