Iva, stop parziale all’aumento anche con l’esercizio provvisorio
Prima della legge di autorizzazione possibile un decreto per bloccare gli aumenti di aliquota con maggiori entrate da e-fattura e minori spese per Quota 100 e Reddito
di Davide Colombo e Marco Mobili
4' di lettura
Se la crisi politica non si risolvesse in tempi utili per il varo della legge di Bilancio 2020-2022, o se la manovra non venisse approvata da un Parlamento senza maggioranze anche solo momentanee, si aprirebbe la strada per l’esercizio provvisorio (Ep), previsto dall’articolo 81 comma 5 della Costituzione e regolato dalla nuova legge di Contabilità di finanza pubblica (la 196/2009, articolo 32). Una strada, vale dirlo subito, gestibile senza drammi particolari, già battuta in passato (i precedenti più recenti sono il 1986 e il 1988; ministri del Tesoro prima Giovanni Goria e poi Giuliano Amato) e che potrebbe addirittura essere percorsa senza far scattare le clausole Iva.
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La prima tappa è una legge che autorizzi il governo a esercitare provvisoriamente il bilancio per un periodo non superiore a quattro mesi. Se non bastassero con un’altra legge si può prorogare il termine: è avvenuto nel 1986, quando l’Ep previsto fino a fine gennaio venne prolungato di un altro mese, e nel 1988, quando un Ep di due mesi venne prorogato per un terzo, fino a fine marzo. Le spese autorizzate (impegni e pagamenti) sono quelle a legislazione vigente, per tanti dodicesimi quanti sono i mesi dell’Ep, ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria se si tratta di spesa obbligatoria non frazionabile in dodicesimi.
Facciamo tre esempi per capire: gli stipendi della Pa o altri tipi di spese correnti sono frazionabili mese per mese e verrebbero autorizzati fino a fine aprile, nel caso di una Ep di quattro mesi. Altre spese legate a diritti soggettivi come “Quota 100” o il Reddito di Cittadinanza, tanto per fare due esempi di attualità, sono invece obbligatorie, quindi andrebbero garantite comunque. Terzo esempio: una spesa in conto capitale che scatta durante l’Ep, supponiamo nel mese di gennaio. In questo caso la Ragioneria generale dello Stato dovrà valutare se affrontarla in tutto o in parte, avendo cura di non innescare eventuali contenziosi e spese per interessi a danno dell’Erario.
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Si diceva che la legge di autorizzazione della Ep fotografa la legislazione vigente: se prima si approvasse un decreto per sospendere le clausole Iva per i primi quattro mesi del 2020 con le dovute coperture, ecco che all’Ep si arriverebbe senza far salire automaticamente le aliquote al 13% e al 25 per cento. E le risorse, stando alle ultime indicazioni di Inps e Mef, sarebbero già disponibili per garantire i primi tre mesi del 2020. Secondo le proiezioni dell’Inps, in via prudenziale, i risparmi 2019 su “Quota 100” ammonterebbero già ora a oltre 1,2 miliardi di euro replicabili anche nel prossimo anno. Ai 2,4 miliardi andrebbero ad aggiungersi anche i risparmi del reddito di cittadinanza attualmente stimati in non meno di un miliardo. Ci sono poi le maggiori entrate tributarie che sembrano essere garantite per altri due miliardi dalla fatturazione elettronica: secondo l’andamento dei primi sei mesi dell’Iva nel 2019 ai due miliardi attesi l’e-fattura potrebbe assicurarne almeno altri due di extragettito. A conti fatti a fine anno ci sarebbero già a disposizione circa 5,5 miliardi, cui ne andrebbe aggiunto un altro magari sotto la voce spending review, per sterilizzare i primi tre mesi le clausole Iva spostando al 1° aprile 2020 l’eventuale aumento delle due aliquote. Tre mesi che consentirebbero di gestire la crisi e verificare con Bruxelles la conformità dei nuovi saldi tendenziali 2020-2022 con il Patto di stabilità e crescita.
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La legge per autorizzare l’Ep deve anche fissare il saldo netto da finanziare e il livello massimo di ricorso al mercato sulla base delle scadenze indicate da Tesoro (nei primi quattro mesi sono in scadenza titoli del debito per 112 miliardi di euro; fonte Bankitalia). Per tornare ai precedenti: nel 1986 si autorizzò il ricorso al mercato per 156 miliardi di vecchie lire e nel 1988 per 211,7 miliardi.
Se nei mesi dell’Ep un evento straordinario imponesse poi il ricorso a una spesa imprevista, il governo la dovrebbe affrontare con un decreto che ne disponga le relative coperture con tagli su altre unità elementari del Bilancio.
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Un esercizio provvisorio affrontato a dieci anni dal varo della nuova legge di Contabilità sarebbe gestibile senza emergenze proprio grazie alla maggiore flessibilità introdotta con la riforma. Tra settembre e ottobre la seconda parte della legge di Bilancio, quella tabellare con i tendenziali delle spese e delle entrate, sarà pronta anche in assenza della prima parte, quella che contiene la manovra vera e propria. E nei tendenziali, come detto, si può pure prevede un disinnesco dell’Iva per i primi mesi del 2020.
Certo dal punto di vista politico affidarsi a un esercizio provvisorio equivale a un fallimento. Ma la prospettiva non sarebbe vista così male dai mercati. L’anno si aprirebbe con un Bilancio in linea con gli stati di previsione presentati e approvati dalle Camere e non ci sarebbe nuovo disavanzo da finanziare, come se la politica economica avesse messo la marcia in folle in attesa di trovare una nuova strada da percorrere.
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