Job hopping e mismatch: il dinamismo del mercato del lavoro porta nuovi rischi
Un nuovo fenomeno che si sta registrando nel mondo del lavoro, partito dagli Stati Uniti e approdato sul mercato italiano, è quello del job hopping, letteralmente “saltare da un lavoro a un altro”.
di Pietro Novelli*
3' di lettura
Un nuovo fenomeno che si sta registrando nel mondo del lavoro, partito dagli Stati Uniti e approdato sul mercato italiano, è quello del job hopping, letteralmente “saltare da un lavoro a un altro”. Questo pattern vede una maggiore diffusione tra i millennial, in particolare tra le figure professionali più ricercate nel mercato del lavoro, come quelle nell'ambito IT e digital. Il concetto del posto fisso affonda ormai le sue fondamenta sulle sabbie mobili: i lavoratori nati tra gli anni Ottanta e Novanta, che oggi impiegano le proprie competenze in settori caratterizzati da un'elevata richiesta di professionisti qualificati, hanno una forte propensione a passare da un lavoro a un altro ogni due anni. Le ragioni di questo cambio generazionale nel rapporto con il lavoro sono molteplici e hanno a che vedere con trasformazioni di tipo sociale e culturale, oltre che economico.
Il job hopping è in crescita in Italia: Anpal Servizi ha analizzato il numero di professionisti dimessisi due o più volte nell'arco di 24 mesi. Se il fenomeno riguardava circa 2 milioni e 350mila italiani nel biennio 2015-16, il dato è cresciuto di circa il 20%, con quasi 3 milioni di italiani che hanno rassegnato le proprie dimissioni più di una volta nello stesso lasso di tempo, nel biennio 2020-21.
I principali motivi per un cambio frequente del posto di lavoro toccano diversi aspetti dell'esperienza lavorativa. C'è la ricerca di nuovi stimoli progettuali e di sviluppo: un aspetto cruciale nelle professioni digitali e tecnologiche, dove i professionisti cercano aggiornamenti continui su quelli che sono framework tecnologici in costante evoluzione. Ma - e su questo punto si intercetta un movente comune al fenomeno delle Great Resignation, le dimissioni di massa che dal 2018 a oggi sono cresciute di circa il 65% e che a loro volta sono un indice di forte dinamismo del mercato del lavoro - un'altra ragione di primaria importanza è la ricerca di un miglior work-life balance: il lavoro si va ridefinendo come una parte importante, ma non totalizzante, della vita. Infine, non è da trascurare la volontà di migliorare il proprio pacchetto retributivo: un cambio di lavoro, infatti, comporta in media un aumento del 15-20% del proprio salario.
Ma se da una parte i lavoratori passano da un posto all'altro, dall'altra le aziende incontrano sempre maggiori difficoltà nel reperire candidati. Dai report annuali del Sistema Informativo Excelsior, elaborato da Unioncamere in collaborazione con Anpal, si evince una forte crescita del numero di posizioni che restano scoperte a lungo, per via di mancanza di lavoratori preparati o di candidature. Da una percentuale del 21% nel 2017, infatti, si è arrivati oggi al 45.6% delle posizioni non ricoperte con successo. Percorsi formativi scolastici e universitari inadeguati rispetto alle richieste del mercato del lavoro, insieme al cambio demografico - con i Baby Boomers in via di pensionamento e meno lavoratori delle nuove generazioni che fanno il loro ingresso nel mercato - rappresentano i motivi principali di questo crescente mismatch, che ha impatti diretti sulla produttività e competitività delle aziende italiane.
Professionisti e aziende, in conclusione, non riescono a incontrarsi con reciproca soddisfazione. Per risolvere questo problema, che rischia di compromettere entrambe le parti, bisogna pensare a livello macro. L'attuazione di politiche di attrazione di professionisti dall'estero - sul modello della Germania, che ha saputo vedere il valore dell'accoglienza di lavoratori stranieri come, per esempio, nel caso dei rifugiati siriani, ma che si impegna attivamente anche nell'attrarre talenti - potrebbe contribuire a colmare il gap di competenze. Allo stesso tempo, è necessario anche favorire il rientro dei talenti italiani usciti dal paese, facendo leva sui forti incentivi fiscali che, tra l'altro, sono già attivi da diversi anni. Infine, è ormai prioritario l'allineamento dei percorsi formativi - scolastici, universitari e professionalizzanti - rispetto alle nuove esigenze del mercato del lavoro, caratterizzate da un dinamismo senza precedenti.
*general manager Oliver James Italia
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